Negli ultimi dieci anni abbiamo avuto un notevole cambio generazionale tra i dirigenti scolastici grazie alle varie procedure di selezione. La riflessione che oggi è necessario approfondire è il rapporto tra le competenze del dirigente e la complessità delle scuole autonome, resa ancora più problematica a seguito degli eventi pandemici.
Le competenze del dirigente scolastico
Potremmo riferirci ad una sicura conoscenza giuridica ed una costante attenzione normativa ma ci sono aspetti fondamentali, peraltro poco garantiti dal modello di selezione e dalla scomparsa di una formazione post-concorso. Tra questi sicuramente:
- i saperi collegati alla ricerca psicopedagogica;
- lLe conoscenze tecniche e procedurali di tutte le fasi collegate al RAV, quindi progettazione, valutazione, rendicontazione, percorsi di miglioramento;
- la conoscenza degli elementi di base di statistica per una buona lettura dei dati generali (INVALSI) e del territorio, ivi compresa la propria scuola;
- la capacità di gestione delle persone e dei gruppi;
- la comunicazione istituzionale;
- la capacità di gestione dei conflitti e delle crisi comunicative e relazionali interne all’Istituto che si dirige;
- la gestione organizzativa, finanziaria ed economica.
La difficile strada della formazione
Negli ultimi anni gli Uffici scolastici regionali hanno – in modo diverso – organizzato la formazione del contingente dei dirigenti scolastici come integrazione della fase concorsuale, come percorso di crescita nel primo anno e come formazione legata alle innovazioni.
Spesso la partecipazione è stata lasciata alla sensibilità dei singoli dirigenti che hanno esercitato il principio della delega ai docenti, quasi come integrazione formativa che non poteva che essere destinata alla migliore qualificazione dell’importantissima azione del dirigente scolastico.
È indubbio che il peso rilevante delle incombenze, anche quotidiane, rischia di far scegliere come priorità dei dirigenti il lavoro sulle procedure e le scadenze formali (adempimenti amministrativi) a danno della gestione e dell’azione di coordinatore dei percorsi di formazione, innovazione e didattica. Il dirigente, però, non è un soggetto che deve essere solo informato su come applicare i cambiamenti in atto. Il dirigente scolastico è l’animatore di ogni processo. Si avvale di risorse umane che deve riuscire a selezionare, motivare, incentivare, seguire e formare direttamente ed indirettamente favorendo aggregazioni e lavori in forma cooperativa. La formazione dirigenziale deve tener conto della complessità e della delicatezza dei suoi compiti e delle sue funzioni.
Professionisti di qualità
In un interessante intervento la relatrice[1] mette in evidenza i profili di professionalità che sostengono le scuole autonome e supportano il dirigente scolastico. L’analisi parte dal presupposto che tutti i profili professionali possano fruire di un livello di alta formazione iniziale e in servizio. Non si tratta di una opzione volontaria quanto piuttosto di un impegno istituzionale supportato da un quadro giuridico e contrattuale. In ogni singola istituzione scolastica oggi è possibile individuare collaboratori qualificati nel rispetto della legge 107/2015 (10%). In un futuro – che ci si augura vicinissimo – occorrerà creare dei percorsi di formazione di alta specializzazione per nuove figure (supporto all’autonomia e alla didattica) a partire dal curricolo e dalle esperienze significative senza escludere altre modalità (bilancio di competenze, dossier e o portfolio, patti professionali, crediti, ecc.). Si tratterà di ipotizzare forme di riconoscimento di competenze di varia natura: disciplinare, metodologico-didattica, organizzativa che, con la necessaria gradualità, creino le condizioni per la costruzione di un sistema di regìa dell’istituto (middle leadership) che insieme al dirigente si occupino di migliorare la qualità della scuola e degli esiti formativi degli studenti (superamento del concetto di uomo solo al comando).
Docenti e dirigenti per migliorare la scuola
Questa modalità che, inevitabilmente, dovrebbe ritoccare il principio della funzione unica del docente (cfr CCNL vigente) è quella che potrebbe ricadere positivamente sulle nostre tante fragilità. Sono le scuole e i territori ad alto rischio di dispersione scolastica che hanno maggiormente bisogno di dirigenti e docenti altamente professionalizzati. Occorrono insegnanti esperti (master teacher) da mettere a disposizione della comunità scolastica specialmente per le aree più deboli.
Occorrono altresì docenti capaci di fare gruppo e in grado di costruire un sistema fitto di relazioni; dirigenti con capacità di fare sintesi nei processi organizzativi, relazionali e decisionali.
Le scuole, per poter fare esercizio di una sana ed efficiente autonomia scolastica, hanno bisogno di un team solido capace di valutare ed autovalutarsi, di progettare e curvare la progettazione verso il miglioramento, di saper leggere i risultati, comprendere il valore aggiunto della propria azione, di rendicontare al territorio ed alla stessa amministrazione nella maniera più efficace.
Dirigenza scolastica e il nuovo PTOF
È in capo alla Dirigenza scolastica (in diritto e in fatto) la responsabilità di progettazione, coordinamento e rendicontazione. Da qui scaturisce l’importante contributo della dott.ssa Maria Teresa Stancarone[2].
Il PTOF è oramai diventato uno strumento di progettazione delle istituzioni scolastiche e si affaccia, dopo la prima fase, il triennio 2022-2025 che probabilmente metterà a sistema tutte le esperienze svolte in termini di programmazione e progettazione. Quest’ultima dovrebbe essere maggiormente curvata sul territorio, sulle richieste delle famiglie e certamente orientata al concreto perseguimento e raggiungimento di obiettivi ben strutturati e verificabili. Lentamente anche la dimensione della rendicontazione sta entrando nella cultura delle scuole, pur nelle difficoltà degli ultimi due anni riferibili all’emergenza covid.
Con la dinamica RAV – PTOF – PDM – RS la scuola ha tante possibilità di riflettere su sé stessa. Al di là delle scadenze: costruire ed avere una migliore visione strategica. Ciò aiuterebbe non poco la programmazione di obiettivi di medio-lungo periodo proprio per adeguare l’azione alle esigenze reali delle scuole. Sicuramente restano delle ombre: negli organici, nelle competenze medie dei docenti e anche nella volontà stessa di interpretare queste procedure come un importante strumento di innovazione.
La visione strategica del Dirigente scolastico
Nella gestione della dinamica RAV – PTOF – PDM – RS un fattore che potrebbe aiutare molto le scuole – oltre la formazione in servizio – è il poter contare su un sicuro supporto tecnico-consulenziale che potrebbe essere fornito dai dirigenti tecnici.
Il dirigente scolastico non può non avere una precisa visione strategica, costruita lentamente dalla conoscenza dei punti di forza e di debolezza della sua scuola e del territorio, dalla conoscenza delle risorse umane e professionali su cui può contare, dalla consapevolezza di quelle che vanno formate, motivate, supportate, organizzate e valorizzate. Il dirigente scolastico ricopre un prezioso ruolo propulsivo delle energie dell’istituto.
La sintesi di tale azione si esprime con l’atto di indirizzo che, lungi dall’essere una procedura formale, rappresenta la spinta “formalizzata” a prendere decisioni utili per la propria comunità. Il dirigente esprime ed orienta, con la sua azione, le migliori riflessioni, le scelte più adeguate, le azioni più innovative per il perseguimento / raggiungimento di obiettivi possibili.
È necessario curare, per questo, i rapporti con gli stakeholders, fare un’intelligente sintesi tra le istanze dei diversi attori della comunità scolastica e promuove alleanze funzionali per la realizzazione di un buon piano triennale dell’offerta formativa. Le competenze del DS (art. 25 D.lgs. n. 165/01) si esprimono, infatti, in quella importante corresponsabilità del successo formativo degli studenti della scuola che dirige.
L’Atto di indirizzo garantisce così la coerenza tra vision e mission della scuola ed aiuta a definire l’identità stessa dell’Istituto e le varie strategie operative.
La gestione delle emergenze
È vero che – non solo in periodo di emergenza covid – le giornate del dirigente scolastico molto spesso si trasformano in un continuo andare ad affrontare urgenze, emergenze e le questioni che riguardano le responsabilità civili e penali. Non è assolutamente facile, visto quanto emerso dalle riflessioni di Sergio Auriemma, gestire il piano degli adempimenti, tener conto delle responsabilità civili, penali, patrimoniali e disciplinari e continuare ad orientare ed innovare la scuola. La situazione lavorativa dei dirigenti scolastici in Italia è di gran lunga la più pesante rispetto a quella di tutti i colleghi del contesto europeo.
La riflessione sui temi generali della Sicurezza nelle Scuole, con riferimento alla gestione dell’emergenza sanitaria, viene puntualmente argomentata dal dirigente scolastico Domenico Ciccone[3].
Il Dirigente nell’emergenza sanitaria
Siamo praticamente a settembre 2021, l’emergenza di nuove varianti rafforza l’importanza delle misure di controllo sanitarie e socio-comportamentali (l’uso delle mascherine, il distanziamento fisico e l’igiene delle mani). L’Italia ha disposto specifiche azioni di sanità pubblica:
- rafforzare la sorveglianza di laboratorio nei confronti delle nuove varianti SARS-CoV-2;
- fornire indicazioni per implementare le attività di ricerca e gestione dei contatti dei casi COVID-19 sospetti/confermati per infezione da variante;
- limitare gli ingressi in Italia dei viaggiatori provenienti dai paesi più colpiti dalle varianti;
- realizzare indagini rapide di prevalenza per stimare correttamente la diffusione delle varianti nel nostro Paese;
- disporre misure di contenimento nelle aree più colpite del Paese (aree rosse) anche a livello comunale;
- introduzione del green pass.
Il Ministero dell’Istruzione ha inoltrato al CTS una serie di quesiti a cui è stata puntualmente data risposta. La nota Prot. 1107 del 22 luglio 2021 diffonde queste indicazioni. Sono nove i punti della nota che sintetizzano le decisioni del CTS e le contestualizzano.
- Anno scolastico2021/2022 – La priorità è la didattica in presenza
- L’obiettivo è estendere la copertura vaccinale nelle scuole
- Per la sicurezza: distanziamento (laddove possibile) e dispositivi di protezione personale
- Operatori con mascherine per la somministrazione dei pasti
- Organizzare ingressi e uscite da scuola e rispettare le regole
- A scuola non sono necessari tracciamento e screening
- Risorse destinate alle scuole per l’emergenza Covid
- Presidiare la situazione organizzando l’anno scolastico
- Il metodo: “cucire per ciascuna scuola un abito su misura”.
Priorità alla didattica
È rilevante il fatto che lo stesso CTS ritiene assolutamente necessario dare priorità alla didatticain presenza per l’anno scolastico 2021/2022, non solo come strumento essenziale per la formazione degli studenti, ma anche come momento imprescindibile e indispensabile nel loro percorso di sviluppo psicologico, di strutturazione della personalità e dell’abitudine alla socializzazione, la cui mancanza può negativamente tradursi in una situazione di deprivazione sociale e psico-affettiva delle future generazioni.
Questo vuol dire che il lavoro psicologico, oltre che organizzativo dei dirigenti scolastici sarà pesante anche nel tenere insieme la comunità degli operatori e la stessa comunità degli stakeholders a partire dai genitori dei bambini e dei ragazzi.
Si presenza anche un quadro di importanti opportunità nella Scuola che riparte:
- Alunni, studenti e personale che sanno gestire la prevenzione;
- Scuole che hanno sedimentato le pratiche didattico-metodologiche e organizzative per gestire i processi con flessibilità ed efficacia;
- Rinsaldamento del senso di comunità educante nelle scuole;
- Apertura al nuovo, visto con minore sospetto e riserve;
- Voglia di scuola.
Un quadro poco entusiasmante
Cosa troviamo e troveremo dopo 20 mesi di chiusura (in Campania quasi totale dai primi giorni del Marzo 2020):
- un tasso di istruzione terziaria di ben 9 punti più basso della media europea. Ogni cento laureati in Austria, ad esempio, se ne laureano novantuno in Italia;
- la quota di docenti ultracinquantenni più alta dell’OCSE (59%) per cui si dovrà rinnovare la metà del personale nel prossimo decennio e non c’è una chiara, seria e definita politica sulle assunzioni;
- la quota di 25-64enni con un titolo di studio terziario in Italia nel 2019 è pari al 19,6% (19,3% nell’anno precedente) contro una media europea del 33,2% (32,3% nel 2018);
- l’istruzione tecnica e professionale (TVET), che garantisce prospettive di impiego e livelli di reddito e di occupabilità paragonabili a quelli dei possessori di titoli terziari, rileva livelli di iscrizione ai minimi storici;
- l’Italia registra la terza quota più elevata di giovani che non lavora, non studia e non frequenta un corso di formazione (NEET) tra i Paesi dell’OCSE: il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni è NEET, rispetto alla media OCSE del 14%. Circa l’11% dei 15 – 19enni sono NEET, ma questa quota triplica per i 20-24enni, raggiungendo il 29% per le donne e il 28% per gli uomini nella classe d’età in cui inizia la transizione verso l’istruzione terziaria e il mercato del lavoro. Sebbene il livello d’istruzione sia più alto tra le donne, il tasso di giovani NEET aumenta fino al 37% per le donne di età compresa tra i 25 e i 29 anni e scende al 26% per gli uomini della stessa coorte;
- dispersione scolastica: fenomeno non del tutto risolto.
Il quadro ben descritto ed argomentato da Domenico Ciccone non è entusiasmante, tutt’altro e qui si lascia lo spazio per il rinnovo delle riflessioni più volte riportate anche con riferimento al ruolo ed all’impegno della politica, del sostegno finanziario e dell’aumento degli organici, a partire da quello del personale docente fino a quello dei dirigenti tecnici. Dobbiamo recuperare quanto perso nei territori più deboli e per le fasce sociali meno garantite.
Uno sguardo in Europa a proposito di competenze
Guardare all’Europa significa adottare un approccio intelligente e dinamico. Lo spiega subito nella sua variegata presentazione la dirigente scolastica Nilde Maloni[4]. Studiare i significati di diritto all’istruzione significa capire:
- se i sistemi educativi siano adeguatamente reattivi ai cambiamenti in atto;
- se siamo in grado di interpretarli;
- se siamo sufficientemente aperti al mondo esterno per essere poi protagonisti e non subalterni nel dialogo tra sistemi.
La domanda alla base delle riforme scolastiche dei Paesi UE diventa la seguente: “è possibile prevedere e assicurare un diritto individuale per tutti i cittadini all’acquisizione e all’aggiornamento delle proprie competenze?” In un quadro di estrema mobilità sociale e di continua evoluzione delle competenze richieste dai nuovi lavori della società della conoscenza è importante rilevare che:
- la tutela di questo diritto rafforza e contestualmente supera il collegamento ai doveri statuali di definizione dell’obbligo scolastico e della gratuità degli studi;
- non si può più definire una volta per tutte un corpo immodificabile di discipline nei curricoli e, dentro le discipline, di conoscenze che non siano destinate a processi di revisione.
L’importanza dei quadri di riferimento
In merito alle competenze, si chiarisce che qualsiasi sillabo disciplinare, skill centered o content centered o ability centered, ha bisogno di essere fortemente centrato sulla valorizzazione / validazione delle competenze attese al termine dei percorsi di istruzione. Ciò significa che la competenza va declinata in termini di risultati di apprendimento e che – di conseguenza – c’è l’esigenza di quadri di riferimento comuni nel territorio europeo in merito alla stessa diffusione e prassi del concetto di Autonomia delle Istituzioni Scolastiche.
Questo vuol dire che gli stessi dirigenti scolastici devono approcciarsi nello stesso modo. Ma in Europa è così? Certamente, se ci riferiamo all’ambito europeo, la situazione della Scuola del nostro Paese non risulta brillante nei risultati (ai quali si dà molta attenzione) né va meglio soprattutto riferendosi al modello organizzativo ed alle risorse finanziarie disponibili (di questo si parla meno).
Dirigenza scolastica in Europa
La riflessione sulla Dirigenza scolastica in Europa viene orientata dall’argomentata presentazione curata dalla dott.ssa Rosa Seccia[5]. Viene chiarito che l’OCSE, nei suoi approfondimenti sulla dirigenza scolastica nei paesi UE, ha evidenziato quanto la funzione del «capo di istituto» si sia radicalmente trasformata nel tempo, per l’esigenza dei sistemi educativi di essere al passo con le trasformazioni sociali in atto. I continui cambiamenti inducono i dirigenti scolastici ad espandere il proprio campo di azione oltre i limiti della propria istituzione.
Per molti paesi europei (non tutti) è indispensabile possedere un’esperienza di insegnamento; il profilo attuale dei dirigenti scolastici è generalmente identico come sfondo della professionalità richiesta (leader, manager, responsabile organizzativo ed amministrativo e del funzionamento, in rari casi anche presenza e lavoro come insegnante in classe).
Nei paesi del Nord Europa e in Grecia il reclutamento dei Dirigenti è legato ad un sistema aperto e più flessibile rispetto all’Italia dove la procedura è esclusivamente per concorso. Negli stessi paesi c’è maggiore ed effettiva autonomia di gestione ed indirizzo come di impiego di risorse finanziarie e gestione delle risorse umane.
Nei paesi scandinavi le scuole assumono i docenti che vengono assorbiti dopo tre anni (retribuiti) di prova e formazione. In gran parte dell’Europa l’organizzazione e la gestione è suddivisa tra il dirigente scolastico ed un’equipe formalmente riconosciuta anche sul piano economico e retributivo.
Le procedure valutative attivate nei paesi Ue nei confronti dei dirigenti scolastici differiscono da paese a paese, anche in base ai livelli di responsabilità connessi alla funzione, altrettanto differiscono le scale di valutazione, i parametri, le premialità ed i compensi per i risultati raggiunti.
Auto percezione della fatica del dirigente scolastico
Come viene vissuta la distanza dei dirigenti scolastici italiani con quelli del resto dell’Europa? Quanto pesa sui dirigenti l’entità delle responsabilità nei vari contesti regionali del nostro Paese? Quali gratificazioni vorrebbero i Dirigenti scolastici? Quali aspirazioni?
Con questo approccio la dott.ssa Paola Serafin6 presenta in modo interattivo la sua riflessione sulla “fatica dei dirigenti scolastici”. Da un’azione di brainstorming emerge dai presenti in sala una richiesta di maggiore tempo personale (di non lavoro) per rispondere alle esigenze familiari e private, ora schiacciate dall’incalzante ritmo di richieste dell’Amministrazione e delle situazioni in sede scolastica. Le richieste maggiormente legate alla funzione ed al rapporto di lavoro riguardano:
- l’insufficiente tutela legale;
- la continua disconnessione da un problema per affrontarne un altro;
- la perdita di autostima;
- la scarsa chiarezza sulla parte variabile della retribuzione;
- la scarsa chiarezza sulla mobilità specie interregionale.
Una seconda riflessione scaturisce da una domanda posta dalla stessa relatrice: conoscete bene il vostro statino paga? Sapete dirmi quanto guadagnate con certezza ogni mese ed ogni anno? Di fronte alle insufficienti risposte della platea emergono alcuni elementi di riflessione:
- non è normale che i dirigenti non conoscano, né siano certi della retribuzione spettante
- c’è disparità di compensi sul piano del confronto tra regioni;
- la curvatura sulla professione, così pesante da rilevare il bisogno di tempo per la propria famiglia potrebbe far pensare ad una autentica visione missionaria del proprio impegno professionale;
- ci sono dei diritti violati che non sempre appaiono chiaramente.
Probabilmente su queste tematiche occorreranno ulteriori occasioni di confronto anche per una migliore crescita di consapevolezza tra gli stessi dirigenti scolastici.
Una siffatta coscienza si costruirà in modo migliore se lo studio richiesto fin dalla fase concorsuale e quello di tutti i giorni sarà accompagnato da una maggiore capacità di gestione professionale ed extraprofessionale fin dai problemi sul come affrontare i conflitti e le situazioni che portano in giudizio l’istituzione ed in alcuni casi gli stessi dirigenti.
Uno scenario difficile da gestire
Ritornando sulle perplessità espresse da Auriemma nella discussione sullo sfondo giuridico e le responsabilità del personale della scuola è scaturito un interessante dibattito in cui, tra l’altro sono personalmente intervenuti il Capo di Dipartimento Versari ed i dirigenti scolastici Ciccone e Serafin[6]. Nelle conclusioni su questo argomento il dirigente scolastico Guglielmo Rispoli[7] mette in evidenza che lo scenario giuridico ed amministrativo per chi lavora nella scuola italiana non è mai stato così complesso, pesante, per qualcuno addirittura opprimente. Le procedure sono complicate, le disposizioni ricorrenti e in troppi casi autocorrettive.
Si è sfiorato lo stravolgimento della figura del dirigente scolastico voluto dallo stesso sistema come leader educativo e organizzatore delle risorse umane pur finendo quasi per distrarlo dalla gestione pedagogica e didattica con un numero complesso di pratiche che il covid ha solo moltiplicato in un clima di imbarazzante ciclo di misurazioni, correzioni, rivisitazioni a volte anche poco comprensibili. Ugualmente ed in diversa misura avviene per il personale docente e ATA in particolare per le segreterie delle scuole. Il pericolo è che rischia di fallire anche la figura qualificata del dirigente tecnico come sapiente e colta cerniera del sistema MI-scuole. Ne consegue il rischio di perdere motivazione e professionalità.
La problematizzazione della vita professionale
Il nostro Paese non può permettersi questa involuzione del sistema in un momento in cui l’efficacia organizzativa, il recupero della funzione sociale della scuola e soprattutto il miglioramento gestionale, sociale (in termini di bilancio sociale) e di risultati didattici dovrebbero essere finalmente gli obiettivi del sistema nazionale di istruzione…
Come convivere tra lo scenario ben descritto da Auriemma e le situazioni di fatto? È proprio vero che partiamo perdenti? La problematizzazione della vita professionale – sintetizza Rispoli – è quasi inevitabile. Tanti sono i casi di conflitti che hanno avuto code legali fino in Tribunale Civile, come il rifiuto di genitori di utilizzare la mensa pubblica portando il pasto da casa o la negligenza provata e continuata di un dipendente con funzioni di DSGA e via dicendo.
Il dirigente scolastico è coinvolto da situazioni sociali, sanitarie e di lavoro che vivono anche di contraddizioni e contrasti e si possono creare difformità così come contenziosi. Nella realtà quotidiana e nella gestione di un istituto un dirigente scolastico, per forza di cose, si troverà ad affrontare situazioni più o meno imbarazzanti quanto non gravi.
È perciò importante che, come dirigente dello Stato, impari a leggere attentamente i documenti fino ad essere in grado di redigere controdeduzioni nel caso di ricorsi. Come avviene nella pratica di tante situazioni è bene che il dirigente sia capace di stare in giudizio in senso fisico, psicologico e soprattutto di supporto agli stessi Avvocati dello Stato.
Sarà allora necessario disporre di una buona rubricazione dei documenti utili anche per confutare chi accusa o denuncia, una buona lettura delle tesi di difesa, l’eventuale richiesta di assistenza oltre il primo grado, da parte dell’Avvocatura dello Stato. È comunque necessario riflettere bene sulla possibilità di difendersi da soli o valutare di organizzarsi con accordi di rete tra scuole che individuino un riferimento giuridico che aiuti i vari soggetti coinvolti.
[1] Cfr. Mariella Spinosi, Le alte professionalità della scuola: come riconoscerle, valorizzarle e svilupparle.
[2] Cfr. Maria Teresa Stancarone, Una direzione efficace ed unitaria: programmazione e documentazione per il prossimo triennio.
[3] Cfr. Domenico Ciccone, Prendersi cura della ripartenza: tra sicurezza ed innovazione.
[4] cfr. Leonilde Maloni, Il diritto all’istruzione: guardiamo all’Europa per affinare gli strumenti.
[5] Cfr. Rosa Seccia, Uno sguardo oltre: i dirigenti in Europa.
[6] Cfr. Paola Serafin, Diritti e garanzie per una categoria a cui si sta chiedendo molto.
[7] Cfr. Guglielmo Rispoli, Conclusioni dibattito su Scenari giuridici ed amministrativi: le questioni da presidiare.