Quale formazione in servizio

Accompagnamento e riflessività

Il tema della formazione in servizio dei docenti ritorna al centro del dibattito ogni qualvolta si pone la questione della “qualità” del sistema scolastico; non si può infatti pensare ad azioni e interventi di miglioramento del sistema se non si opera in termini di miglioramento della qualità professionale di tutti gli operatori, dirigenti, docenti e personale amministrativo. Le più recenti vicende della pandemia hanno inoltre fatto emergere la necessità di sviluppare o consolidare competenze nell’ambito della didattica digitale e, di rimando, di nuove e diverse competenze di progettazione, di gestione delle relazioni didattiche e della valutazione.

Riflessività per una “formazione ricorrente e pervasiva”

Senza entrare nel merito dell’annosa questione della obbligatorietà o meno della formazione in servizio, questione che bisognerebbe superare una volta per tutte, si può affermare che la maggior parte degli insegnanti ha messo in atto negli ultimi due anni scolastici, proprio alla luce della situazione di emergenza che si è verificata, un percorso di riflessione sul proprio modo di insegnare e sulla necessità di rivedere aspetti metodologici e didattici per rispondere ai nuovi bisogni emersi.

La formazione in servizio, come formazione ricorrente e pervasiva, dovrebbe ormai far parte di una pratica introiettata, di una vera e propria dimensione deontologica della professione. Insomma non si può pensare che la “cura della professione” possa essere considerata una pratica marginale nel percorso di lavoro di ciascun docente. Un documento di lavoro del Ministero metteva già da qualche anno in evidenza come sia necessario alimentare la propria competenza professionale attraverso la partecipazione ad esperienze di formazione, intese come attività formative corsuali o azioni di ricerca, formazione, documentazione, nella scuola e nel territorio, in presenza od on line, liberamente o in programmi istituzionali[1].

Lo sforzo progettuale, quindi, che si deve fare, a livello centrale e periferico, riguarda la costruzione di un sistema di qualità della formazione in servizio capace di rispondere a bisogni reali, di incidere sulle pratiche didattiche e di prefigurare anche la possibilità di uno sviluppo professionale, anche in termini di percorsi diversi nell’arco della vita lavorativa, per quei docenti che possono esserne motivati.

La formazione nella Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 maggio 2019

A sostenere la stretta relazione fra “qualità del servizio”, “qualità del docente” e formazione ricorrente , sono già i documenti europei di cui prendiamo qui ad esempio fra i più recenti, la Raccomandazione[2] relativa ai sistemi di educazione e cura della prima infanzia in cui si sottolinea che “la professionalizzazione del personale è fondamentale, in quanto livelli più elevati di preparazione presentano una correlazione positiva con una migliore qualità dei servizi, interazioni tra professionisti e minori di più alta qualità e quindi migliori risultati in termini di sviluppo per i bambini”. Pertanto si raccomanda agli stati membri di “migliorare l’istruzione iniziale e lo ‘sviluppo professionale continuo’ per tenere pienamente conto delle esigenze di benessere, apprendimento e sviluppo dei bambini, dei pertinenti sviluppi della società, della parità di genere e della piena comprensione dei diritti del bambino; (….) mirare a dotare il personale delle competenze necessarie per rispondere ai bisogni individuali dei bambini provenienti da contesti differenti e con bisogni educativi speciali, comprese le disabilità, preparando il personale a gestire gruppi diversificati”.

La qualità della professione nelle Linee pedagogiche del sistema integrato 0-6

In questa stessa direzione si muove anche il recentissimo documento per la realizzazione del segmento formativo dello 0-6[3] che proprio riprendendo il documento europeo citato, non solo definisce le dimensioni della professionalità degli educatori/insegnanti riconducendo le “posture” professionali a specifiche dimensioni (adulto accogliente; adulto incoraggiante; adulto “regista”; adulto responsabile; adulto partecipe) ma riconosce che tale professionalità si costruisce attraverso momenti di formazione comune continua e ricorrente tra operatori dei due segmenti (nido e infanzia), per condividere linguaggi, riflessioni sui processi e sui contesti, documentazione e autovalutazione.

Portfolio europeo per la formazione iniziale degli insegnanti di lingue: PEFIL

Altro documento europeo in cui la “qualità” della professione docente è messa in relazione con la formazione è il PEFIL (Portfolio Europeo per la formazione iniziale degli insegnanti di lingue)[4]; anche se esso riguarda la formazione dell’insegnante di lingue, tuttavia offre un interessante punto di vista per un ragionamento metodologico sulla riflessività, sul riconoscimento delle competenze professionali nei vari ambiti (progettazione degli interventi didattici, gestione dei contenuti della disciplina, realizzazione degli interventi didattici con attenzione allo specifico contesto in cui si interviene, interazione con gli apprendenti, reperimento e utilizzazione delle risorse, valutazione dell’apprendimento) da cui far scaturire la progettazione di attività formative tenendo conto dei bisogni rilevati in relazione a criticità emergenti e allo specifico di ciascuna disciplina.

Profilo dei docenti inclusivi

Il legame fra competenze del profilo del docente e individuazione delle aree di formazione, viene ripreso anche nel “Profilo dei docenti inclusivi”[5] in cui vengono descritti “… i valori e le aree di competenza che i docenti di classe, e coloro che li preparano e li formano all’insegnamento, dovrebbero dimostrare di possedere durante l’esercizio della professione con gli studenti. Tale modello deve riflettersi nei periodi della formazione iniziale e nei percorsi di abilitazione all’insegnamento che, idealmente, fanno parte di un percorso in progressione che diventa opportunità di formazione continua e di aggiornamento professionale ovvero gli aspetti centrali della formazione permanente.” Anche questo documento rimandaalla postura riflessiva del docente sul proprio ruolo e sul proprio operato, alla responsabilità del proprio apprendimento lungo tutto l’arco della vita e alla qualità del percorso formativo iniziale come base per lo sviluppo professionale continuo.

Una formazione situata

Non è ipotizzabile pensare ad un modello unico di formazione, non tutte le realtà scolastiche sono uguali così come sono diverse le biografie professionali dei docenti, tuttavia è possibile adottare un punto vista comune come riferimento metodologico per la progettazione della formazione in servizio. Può risultare strategicamente vincente guardare alla formazione dei singoli come “formazione situata”, capace cioè di rispondere ai bisogni non solo del singolo ma del contesto organizzativo in cui si opera. Un percorso formativo va costruito in primo luogo a partire da una rilettura di quanto ciascuna scuola ha fatto, imparando a riconoscere il proprio specifico progettuale e a ricondurre ogni azione ad un quadro di riferimento, normativo e culturale, coerente e adeguato.

La postura riflessiva della formazione

La sfida per la scelta dei contenuti e per la gradualità con cui essi vanno sviluppati deve tener conto della storia della scuola, della sua collocazione nel territorio e della pluralità di professionalità presenti nel collegio. La formazione funziona se pone domande, se introduce dubbi rispetto a modalità di lavoro cristallizzate, se costringe a formulare ipotesi e cercare nuove soluzioni. In questa direzione l’assunzione della “postura riflessiva” permette sviluppare un percorso di acquisizione di una consapevolezza, capace di promuovere il cambiamento, e costringe il docente in formazione a continue crisi di identità con il conseguente indebolimento delle posizioni dogmatiche.

Contestualizzazione, apprendimento dell’organizzazione e riflessività devono essere i punti di riferimento fondamentali di ogni proposta formativa. Non va ovviamente trascurata la tenuta epistemologica dei contenuti proposti e, quindi, la cooperazione fra ricerca, anche in ambito specialistico e accademico, e sviluppi della didattica.

Le esperienze positive della formazione per i neo assunti

Poiché bisogna imparare, e ripartire, da quanto già sperimentato si possono qui ricordare due esempi di formazione in servizio che sono stati sperimentati e che hanno prodotto risultati rilevanti. Il primo esempio è quello della formazione dei neoassunti[6], da cui possono essere mutuati, come aspetti innovativi e positivi:

  • la personalizzazione dei percorsi a partire dal bilancio delle competenze e della costruzione del Portfolio professionale;
  • la realizzazione di incontri introduttivi con valenza orientante e di contestualizzazione del percorso formativo;
  • le attività di peer to peer con il docente tutor in cui l’osservazione e la riflessività costituiscono fondamentali strumenti di sviluppo professionale;
  • la formazione on line sulla piattaforma curata da INDIRE che consente sia di documentare le attività ma anche di fruire di materiali di studio e di risorse didattiche reperibili anche su siti web specifici; questa attività on line favorisce, inoltre, lo sviluppo o il consolidamento di competenze nell’ambito dell’e-learning e della didattica digitale;
  • incontri finali di restituzione delle esperienze e di riflessione che consentono di consolidare la consapevolezza di appartenere ad una “comunità professionale”.

Ripartire da ciò che ha funzionato

L’altro esempio a cui si può fare riferimento è il Piano nazionale di educazione linguistica e letteraria in ottica plurilingue (POSEIDON)[7] sviluppatosi fra il 2009 e il 2011 e che ha previsto:

  • la collaborazione con le principali associazioni professionali dell’area linguistica e letteraria (GISCEL, LEND, ADI, AICC);
  • la produzione di contributi teorici originali e di materiale didattico strutturato che ha costituito il repertorio dei contenuti della formazione;
  • la formazione di tutor a livello nazionale che hanno poi svolto le attività formative a livello locale con il coordinamento degli Uffici scolastici regionali;
  • la didattica integrata, in presenza e in e-learning con l’uso di una piattaforma INDIRE dedicata non solo per consultare documenti ma per intervenire attraverso forum specifici su vari argomenti e per documentare esperienze didattiche svolte;
  • la sperimentazione nelle classi dei percorsi didattici proposti dagli esperti e “mediati” dai tutor e la relativa documentazione nell’ottica della riflessività e della ricerca;
  • la partecipazione a seminari regionali o nazionali che hanno funzionato come occasione di confronto e di raccordo fra i CTS, i tutor e i docenti dei vari territori nell’ottica di costruzione di una comunità di ricerca e di studio.

Secondo questo stesso modello sono stati sviluppati anche i percorsi formativi in ambito matematico e scientifico, dei progetti PQM e Mat@bel di cui si ha documentazione nel medesimo sito.

La lezione dell’esperienza

Va da sé che si tratta soltanto di alcuni esempi, altri se ne potrebbero ricordare, ma quello che pare rilevante è mettere in guardia dal pericolo che, oggi, in un momento di foga innovativa, fortemente orientata al digitale, possano essere ignorate esperienze che invece possono rappresentare un valido punto di partenza per una formazione di qualità.

In questa direzione, quindi, è utile pensare ad un modello formativo fondato su accompagnamento e riflessività con tempi lunghi e distesi, e pratiche laboratoriali, laddove sarà possibile in presenza, sotto la guida sapiente di formatori esperti.

Una formazione di prossimità

Si tratta si costruire un sistema di “formazione di prossimità” in cui a livello di singola istituzione scolastica, o di reti di scuole che gravitano nello stesso territorio, o che condividono problemi, esperienze e professionalità, si possa rielaborare, in un’ottica di ricerca, quanto a livello centrale viene individuato come prioritario rispetto alle esigenze del sistema. Sicuramente va definito un “quadro di riferimento” unitario che rappresenti la coerenza tra gli sviluppi normativi di ciascun segmento dell’istruzione e gli scenari sociali, culturali e politici del paese e che tenga conto anche degli sviluppi epistemologici dei saperi (saperi pedagogico/didattici, metodologici e disciplinari).

Una scuola di Alta formazione?

Potrebbe essere declinato in questa direzione, con riferimento alla formazione in servizio dei docenti, il ruolo e i compiti della Scuola di Alta Formazione indicata nelle linee programmatiche del Ministro e nel PNRR? Sarebbe interessante aprire un dibattito in questa direzione, perché tale istituzione non sia autoreferenziale ma sia piuttosto un luogo di elaborazione di idee e di sviluppo, ricerca e documentazione e anello di congiunzione fra i “saperi esperti” e gli sviluppi didattici che ad essi possono essere ricondotti. Questo consentirebbe una collaborazione organica collaborazione con le scuole nel territorio, che devono, a loro volta, sempre più orientarsi verso pratiche di ricerca e di documentazione formativa.

In questo scenario non va ovviamente sottovalutata la centralità della formazione ricorrente dei dirigenti scolastici, che devono presidiare a livello di scuola la progettazione e la realizzazione dei percorsi formativi in un’ottica di sviluppo e di piena attuazione dell’autonomia[8] per valoriozzare le dimensioni della ricerca e della sperimentazione didattica.


[1] MIUR- Direzione generale per il personale scolastico, Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio- Documenti di lavoro, 2018.

[2] Raccomandazionr del Consiglio dell’Unione europea del 22 maggio 2019 (relative ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia 2019/C 189/02).

[3] MIUR, Documento base LINEE PEDAGOGICHE PER IL SISTEMA INTEGRATO “ZEROSEI”, Marzo 2021.

[4] Consiglio d’Europa, European Portfolio for Student Teachers of Languages (EPOSTL). A reflection tool for language teacher education, ECML (European Centre for Modern Languages), Graz 2007 – Traduzione italiana a cura di Diadori, 2010.

[5] https://www.european-agency.org/sites/default/files/te4i-profile-of-inclusive-teachers_Profile-of-Inclusive-Teachers-IT.pdf

[6] Una descrizione articolata del modello corredata da strumenti di lavoro e schede operative si può trovare in Voci della scuola n. 9/2016, a cura di G. Cerini, M. Spinosi, Tecnodi, 2016.

[7] I progetti e i materiali sono reperibili in: http://www.scuolavalore.indire.it/

[8] art. 6 del DPR 275/99