Un anno fa una maestra, riciclando delle semplicissime vaschette dove si confezionano le carote, ha creato dei biotopi terrestri, con i quali i suoi piccolissimi alunni della scuola primaria hanno potuto osservare e studiare le lumache, in un processo lento che si rifà alla pedagogia della lumaca del compianto e mai dimenticato Gianfranco Zavalloni.
Una maestra silenziosa, difficile da scoprire, così innamorata della didattica laboratoriale che, per insegnare, indossa un grembiule, come i suoi piccoli alunni che adora.
Da “Ozobot” alle unità di apprendimento
Succede che la stessa maestra per caso, viene a contatto con “Ozobot” un piccolo robottino, nulla di speciale, così piccolo da sembrare un temperamatite trasparente. Incomincia da qui ad avviare un processo di sviluppo di robotica educativa e a costruire unità di apprendimento che cambiano integralmente quasi tutte le attività didattiche prima programmate.
Lo fa con semplicità, senza aver frequentato una formazione specifica, ma attraverso la voglia di sperimentare una didattica laboratoriale e i numerosi tutorial e materiali disponibili online.
Dalle piccole scoperte alle grandi cose
È un incontro casuale, quindi, quello con il piccolissimo robot, così piccolo da entrare nel palmo di una mano. In un tempo come il nostro dove la didattica digitale integrata, lentamente, si sostituisce alle alule tradizionali e alla mera trasmissione del sapere, è uno dei tanti “miracoli pedagogici”, ma che nella nostra scuola accadono molto più spesso di quanto si possa immaginare.
Come sempre succede, dalle piccole scoperte nascono grandi cose. Con impegno, e nel silenzio della sua aula, lei ed i suoi alunni sono riusciti ad apprendere i segreti di base della robotica che, si sa, una volta appresi aprono scenari di apprendimento quasi infiniti.
Dopotutto lei è una maestra con un animo generoso che, aiutando sempre senza riserve e senza mai chiedere nulla, è diventata un punto di riferimento fondamentale per tante colleghe.
L’importanza della lentezza
I rapporti umani nascono, ma non si sviluppano per caso, molto spesso seguono un disegno che a volte non riusciamo a capire, e solo dopo che lo abbiamo vissuto ci rendiamo conto della sua grandezza.
Eppure questo è il bello del mondo della scuola. Talvolta, anche se apparentemente freddo e distaccato, nasconde al suo interno straordinarie relazioni.
Da quel piccolo kit, con quel robot che stava nel palmo di una mano, la maestra Marina è riuscita, a sviluppare tantissime idee che ha tradotto in unità di apprendimento per la gioia dei suoi bimbi, gli stessi che erano partiti dallo studio dei biotopi terrestri e di un animaletto simpatico ed affascinante come la lumaca, con le sue corna e con la casa che si porta dietro.
In fondo la lumaca è un animaletto che tanto ha affascinato piccoli e grandi al punto da ispirare capolavori, come il bellissimo libro di Luis Sepúlveda “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”. Attraverso una lumaca, l’autore mostra che se si vuole si può cambiare ed uscire fuori dall’ordinario. È quello che lentamente sta succedendo alla scuola italiana.
Dalla “lumaca” al pensiero computazionale
Dallo studio del mondo e della vita delle lumache, quindi, i suoi bambini, in una scuola dove i sorrisi hanno lasciato il posto alle mascherine e dove piccoli occhi ti guardano disorientati e in cerca di amore, la maestra è riuscita ad entusiasmare e ad entusiasmarsi, è stata capace di far acquisire ai suoi alunni le prime competenze di base della robotica e della programmazione, con il conseguente sviluppo del pensiero computazionale.
Un processo che, a pensarci bene data la tenera età, ha dello straordinario. Certo i robot affascinano grandi e bambini soprattutto se sono collegati a quel mondo ludico che è il mondo dell’infanzia.
Il bello di essere i primi
Se poi pensiamo alla sua difficoltà nel documentare quanto realizzato con foto e video, comprendiamo quanto sia immensa la grandezza delle anime umili.
“Il bello di essere primi”, è una frase detta e ridetta tantissime volte e mai capita, forse, fino in fondo. Dovrebbe avere un solo significato: il gusto di riappropriarci di quello spirito di esplorazione che ha contraddistinto e caratterizzato da sempre chi ha cambiato il mondo, con l’entusiasmo della scoperta.
Un grazie di cuore alla maestra Marina e a tutte le sue colleghe silenziose, umili e laboriose, perché ci fa ancora sognare e credere nel valore dell’insegnamento, nonostante molte scuole siano state, per tanto tempo chiuse a causa di una pandemia che non risparmia neanche i bambini.
Un grazie per questo suo modo accogliente, inclusivo, ma altamente efficace, di far crescere i nostri studenti in una scuola sempre più “Avanguardia Educativa”, perché luogo di scoperta e innovazione, di curiosità e di passione, soprattutto, perché luogo di incontro tra persone in ascolto reciproco.