Giunto al termine del quarantaseiesimo e ultimo canto dell’Orlando Furioso, Ludovico Ariosto, con lo stesso sguardo disincantato con cui ne aveva accompagnato le romanzesche peripezie e le sorprendenti avventure, volle congedarsi dai suoi umanissimi personaggi con un lapidario motto finale: “pro bono malum”.
Pro bono malum?
La sentenza, di assai probabile derivazione biblica, è stata oggetto di varie e divergenti analisi. Una leggenda vuole anche che il poeta ferrarese l’aggiungesse prostrato sulla propria copia personale, dopo che il Cardinale Ippolito d’Este, suo protettore, ascoltata la lettura del poema, al posto delle attese lodi, gli aveva rivolto la beffarda domanda: “Messer Lodovico, dove mai avete trovato tante corbellerie?”
Quale che ne sia l’esatta interpretazione, la frase sembra tuttavia invitare con amarezza i lettori a considerare quanto spesso le azioni umane possano dar luogo ad esiti completamente diversi da quelli sperati.
Garanzie per l’inclusione scolastica
Dopo una lungo iter lo scorso 29 dicembre il Ministro dell’Istruzione, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha varato il decreto n. 182 (in seguito Decreto), con il fine di mettere a punto nuovi e più precisi strumenti di garanzia dell’inclusione scolastica.
All’indomani della sua pubblicazione, numerose organizzazioni di tutela dei disabili e molte associazioni di docenti di sostegno hanno però espresso le proprie perplessità, segnalando una serie di punti critici, che metterebbero a repentaglio i progressi compiuti negli ultimi decenni lungo la strada dell’inclusione scolastica e della tutela del diritto allo studio degli alunni con disabilità. Al punto da promuovere in questi giorni una petizione (primo firmatario il Coordinamento Nazionale delle Associazioni delle persone con sindrome di Down) in cui si chiede “con la massima urgenza la convocazione di un tavolo di confronto con le Istituzioni competenti per poter rappresentare le criticità evidenziate e le necessarie proposte di modifica” del Decreto.
Prima di passare ad esaminare da vicino le criticità, ripercorriamo velocemente il percorso di gestazione del decreto.
La delega: nuove misure di sostegno e nuovo PEI
L’art. 7, comma 2-ter del D.lgs. 13 aprile 2017, n. 66 (Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità), così come modificato dal D.lgs. 7 agosto 2019, n. 96, affidava ad un decreto del Ministro dell’istruzione (da emanare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione rivista) il compito di definire le modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno all’alunno con disabilità e di predisporre un modello di Piano educativo individualizzato (PEI) da proporre alle istituzioni scolastiche.
Benché ci siano voluti ben più dei due mesi previsti, in ossequio alla delega, il Decreto ha provveduto ad adottare uno schema di PEI (proposto in quattro versioni, rispettivamente per la scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado) e le correlate Linee guida concernenti le modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, cui risultano allegate una scheda per l’individuazione delle principali dimensioni interessate dal bisogno di supporto per l’alunno e delle condizioni di contesto facilitanti, con la segnalazione delle entità delle difficoltà riscontrate (All. “C” – Debito di funzionamento) e una tabella per l’individuazione dei fabbisogni di risorse professionali per il sostegno e l’assistenza (All. “C 1” – Tabella fabbisogno risorse professionali per il sostegno didattico e l’assistenza).
Un percorso lungo e laborioso
Durante la lunga gestazione del Decreto non sono mancati i contatti con i rappresentanti delle associazioni delle persone con disabilità. In un comunicato diramato in occasione dell’invio alle scuole della nota 13 gennaio 2021, n. 40, con cui si inoltravano a Dirigenti scolastici e a Direttori Generali degli USR il Decreto e le Linee guida, l’allora Ministra Azzolina sottolineava con orgoglio come nel lungo e laborioso percorso che aveva portato alla nascita del documento si fosse lavorato anche “a stretto contatto con le Associazioni che rappresentano alunne e alunni con disabilità”.
Certamente, il 31 agosto 2020, prima di licenziare in via definitiva la bozza dello schema di decreto da inviare al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), per il parere obbligatorio, e successivamente al MEF, per la disamina di competenza e l’apposizione della firma del Ministro dell’Economia e delle Finanze, la Ministra aveva cura di sottoporre il documento all’esame del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica (di seguito Osservatorio).
L’Osservatorio Nazionale
Si tratta di un organismo istituto dall’art. 15 del D.lgs. 66/2017 presso l’allora MIUR, con funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico nell’elaborazione delle politiche scolastiche in materia di disabilità, in raccordo con l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, insediato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per effetto della Legge 3 marzo 2009, n. 18.
Con la creazione dell’Osservatorio l’allora Ministra Fedeli aveva realizzato un importante spazio di confronto su temi centrali per la scuola e per il Paese, rinnovando e dando nuovo vigore al vecchio Osservatorio permanente per l’integrazione scolastica delle persone in situazione di handicap. Tale Osservatorio permanente era stato istituito nel 1988 sulla scia della sentenza della Corte Costituzionale del 3 giugno 1987, n. 215, sull’iscrizione e frequenza nella scuola secondaria di II grado degli alunni in situazione di handicap, e ricostituito successivamente dal Ministro Moratti con D.M. 26 aprile 2002.
L’Osservatorio è stato poidisciplinato nella composizione e nel funzionamento dai DM 31 agosto 2017, n. 645, e 21 settembre 2017, n. 686. È presieduto dal Ministro dell’Istruzione e si articola nella Consulta delle Associazioni e nel Comitato tecnico scientifico.
Nella prima siedono i rappresentanti delle Associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari più rappresentative nel campo dell’inclusione scolastica.
Della seconda fanno parte i rappresentanti del Ministero dell’Istruzione, del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, del Ministero della Salute, del Dipartimento per le Pari Opportunità, della Conferenza Stato-Regioni, dell’Anci, dell’INPS, i presidenti delle principali società scientifiche e professionali che si occupano di disabilità e di inclusione scolastica, il rappresentante del Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola e del Forum delle associazioni studentesche e, per il necessario raccordo operativo con la Consulta delle Associazioni, i presidenti della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH)e della Federazione tra le Associazioni Italiane dei Disabili (FAND).
Il rapporto con le Associazioni dei disabili e delle loro famiglie
L’Osservatorio, tramite il Comitato Tecnico Scientifico, esprime, dunque, pareri, facoltativi e non vincolanti, su tutti gli atti di normazione secondaria concernenti l’inclusione scolastica. In occasione della stessa seduta del Comitato Tecnico Scientifico del 31 agosto, nei saluti di apertura, la precedente Ministra ringraziava, in generale, tutti i presenti per il grande lavoro di condivisione dei modelli di PEI svolto nei mesi precedenti e, in particolare, leassociazioni rappresentanti delle persone con disabilitàche anche “negli ultimissimi giorni” non avevano “fatto mancare il loro supporto”, fornendo “preziosi suggerimenti … accolti in larghissima misura”.
L’interlocuzione con le Associazioni di tutela delle persone con disabilità non sembra quindi essere mai venuta meno. Anche se non sono mancate le lamentele da parte di chi si sentiva poco rappresentato da chi sedeva nel Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio (ma questa è vicenda che attiene ai problematici legami che intercorrono tra rappresentanza e mandato).
Novità e punti di forza del Decreto
Il Decreto introduce sicuramente delle importanti novità nel processo di promozione dell’inclusione scolastica, salutate per lo più con favore anche dalle Associazioni delle persone con disabilità (Nazaro Pagano, presidente di FAND, nella riunione del 31 agosto 2020 espresse la propria piena soddisfazione, parlando di “documenti e strumenti che possono portare ad una scuola pienamente inclusiva”). Le ripercorriamo sinteticamente di seguito.
- Su tutto il territorio nazionale viene adottato un solo modello di PEI, impostato e redatto secondo i criteri del modello bio-psico-sociale posto alla base della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (portando così a compimento il lungo cammino avviato dall’intesa sancita nella Conferenza Unificata del 20 marzo 2008 sui criteri per l’accoglienza scolastica e la presa in carico dell’alunno con disabilità).
- Sono fornite indicazioni precise sugli adempimenti cui è chiamato il GLO (gruppi di lavoro operativi istituiti in ogni scuola).
- È ribadito il principio della corresponsabilità educativa: tutti gli insegnanti del team/consiglio di classe (a cui sarà rivolta una seppure breve formazione specifica) prendono in carico l’alunno con disabilità, e non il solo docente di sostegno che, a sua volta, è una risorsa a disposizione dell’intera classe.
- Vengono fissati i termini del 30 giugno per la redazione del PEI provvisorio (per gli alunni che durante l’anno in corso hanno ricevuto una certificazione della condizione di disabilità ai fini dell’inclusione scolastica) e del 31 ottobre (almeno di norma) per quella del PEI definitivo.
- Sono normate composizione e funzionamento del gruppo di lavoro operativo per l’inclusione (GLO): presieduto dal Dirigente scolastico e composto da tutti i docenti del team o del consiglio di classe (compreso l’insegnante di sostegno), vi partecipano a pieno titolo i genitori dell’alunno con disabilità e tutte le figure professionali specifiche che interagiscono con la classe e con l’alunno, sia interne alla scuola(docenti referenti per le attività di inclusione o docenti con incarico nel GLI; docenti che svolgono azioni di supporto alla classe nel quadro delle attività di completamento; personale ATA, ecc…) che esterne all’istituzionescolastica (assistenti specialistici per l’autonomia e la comunicazione, nominati dall’Ente locale; specialisti e terapisti dell’ASL; uno specialista o terapista privato segnalato dalla famiglia, con partecipazione però a solo titolo consultivo e non decisionale; operatori dell’Ente Locale, soprattutto se è attivo un Progetto Individuale; componenti del GIT, ecc…). L’individuazione formale dei componenti è fatta dal Dirigente scolastico, sulla base della documentazione presente agli atti, ad inizio anno scolastico con proprio decreto (il carattere di ufficialità del GLO è sottolineata anche dall’obbligo imposto dalla norma di puntuale rendicontazione del suo funzionamento).
- A partire dalla scuola secondaria di primo grado, al GLO partecipa attivamente, se vuole, lo studente con disabilità secondo il principio di autodeterminazione sancito dall’art. 3 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità
- È prevista una stesura del PEI che abbia particolare riguardo all’indicazione dei facilitatori e delle barriere (secondo la prospettiva bio-psico-sociale dell’ICF).
- La proposta del numero delle ore di sostegno e delle risorse, per effetto delle modifiche normative introdotte dal D.lgs. 96/2019, è sottratta al Gruppo per l’inclusione territoriale (GIT) ed è restituita alla scuola, in cui il GLO approva il PEI e lo affida al Dirigente scolastico per la richiesta complessiva delle misure da chiedere all’USR.
- Il nuovo PEI calcola anche il fabbisogno delle misure non didattiche di sostegno da avanzare agli Enti locali.
Al di fuori dei coni di luce, sono presenti però nel Decreto alcune zone d’ombra: dal concetto di esonero alla nuova composizione del GLO e al meccanismo di definizione delle ore di sostegno.
Una zona d’ombra: il concetto di esonero
L’art. 10, comma 2, lettera d) del Decreto, prevede che nella progettazione disciplinare di un alunno con disabilità si precisi se “è esonerato da alcune discipline di studio”. Ciò nonostante l’opinione contraria del CSPI nel parere n. 46, approvato nella seduta plenaria del 7 settembre 2020, suggerisse di omettere un simile passaggio e di limitarsi semplicemente al riferimento all’adozione di un percorso differenziato.
Nel preambolo lo stesso Decreto motiva il mancato accoglimento del rilievo del CSPI con un rinvio all’articolo 20, comma 5 del D.lgs. 62/2017, laddove impone che allo studente con disabilità che non sostenga una o più prove, venga rilasciato anziché il diploma un attestato di credito formativo (inferendo, in maniera un po’ forzata, l’esonero disciplinare dalla mancata effettuazione di una o più prova).
Conseguentemente, le Linee guida, nell’illustrare la sezione 8.3 (Progettazione disciplinare) del modello di PEI, contemplano la possibilità che non siano definiti obiettivi e criteri di valutazione per la disciplina nella quale sia stato deciso l’esonero totale dall’insegnamento (pag. 39 sg.). Tale previsione è limitata tuttavia alle sole scuole secondarie di secondo grado e non sembra riguardare le scuole degli altri ordini (l’accenno alla pag. 54 delle Linee guida a forme di esonero disciplinare nella scuola primaria e secondaria di primo grado sembrerebbe piuttosto l’effetto di un deprecabile refuso).
Il timore espresso da alcuni è che il principio dell’esonero possa essere un cavallo di Troia, al cui interno si nascondano forme di esclusione e segregazione contrarie ai principi dell’inclusione e del diritto allo studio che il Decreto dichiara di perseguire. E qualcuno ha anche alluso al rischio di un ritorno alle classi differenziali ante Legge 30 marzo 1971, n. 118.
Parole da precisare: impedimenti oggettivi, incompatibilità, mere difficoltà
Le Linee guida, che – ricordiamo – costituiscono parte integrante del Decreto, chiariscono, tuttavia, che l’esonero dall’insegnamento di una disciplina rappresenta una fattispecie particolare dei “percorsi didattici differenziati”, un caso limite (previsto, come abbiamo visto, solo per le secondarie di secondo grado), riconducibile non a “mere difficoltà di apprendimento” bensì ad “impedimenti oggettivi o incompatibilità”, relegato nell’eccezionalità di situazioni in cui “non sussistono le condizioni neppure per una progettazione disciplinare ridotta e non è possibile, se non con forzature eccessive e inopportune, definire obiettivi didattici sui quali si possa poi esprimere una seria valutazione degli apprendimenti”. In simili circostante l’esonero è deciso non dal singolo docente titolare di disciplina, ma dall’intero Consiglio di Classe, che deve indicare anche quali attività alternative vengono svolte in quelle ore, la loro organizzazione e i criteri e i metodi della loro valutazione.
D’altra parte è pur vero che non viene specificato quante discipline possano essere oggetto di esonero, non è detto, però, come e dove si svolgano le attività alternative. Non risultano chiari i rapporti formali che intercorrono tra la decisione di esonero disciplinare presa dal Consiglio di Classe e quanto discusso e approvato dal GLO, che ha il compito di progettare il PEI dello studente.
Alla luce dell’art. 12, c. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (“l’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap”), andrebbe infine sicuramente meglio definito il significato delle locuzioni “impedimenti oggettivi o incompatibilità” e “mere difficoltà di apprendimento”.
La questione della composizione del GLO: membri di diritto e figure più lievi?
Il Decreto ha destato qualche apprensione anche nella formulazione della composizione del GLO: l’art. 3, comma 1, lo definisce composto dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe (di cui fa parte anche il docente di sostegno) e presieduto dal dirigente scolastico; il comma 3 dello stesso articolo affida poi al Dirigente scolastico il compito di configurarlo ad inizio di ogni anno, integrandolo con tutte le figure chiamate a partecipare ai suoi lavori.
Da qui la preoccupazione che all’interno del GLO venga tracciata una netta demarcazione: da un lato il Dirigente Scolastico e i docenti del Consiglio di Classe, membri di diritto e veri componenti dell’organismo; dall’altro i genitori, i rappresentanti del sistema sanitario che hanno in carico l’alunno e tutte le altre figure professionali interne ed esterne alla scuola, partecipanti a pieno titolo, ma comparse di fatto.
Non è stata ridotta la partecipazione delle famiglie
In realtà, il Decreto sembra volere andare in una direzione diametralmente opposta, mosso da un intento di maggiore trasparenza e di pieno coinvolgimento di tutti i soggetti “interessati” alla crescita dell’alunno disabile.
La distinzione tra composizione e partecipazione era già nel D.lgs. 66/2017, come novellato dal D.lgs. 96/2019, art. 9, comma 10: il decreto di delega disponeva infatti che il GLO fosse “composto dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe, con la partecipazione dei genitori”dello studente con disabilità, “delle figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione (…) nonché con il necessario supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare”.
Rispetto al passato, la partecipazione ai lavori del GLO delle famiglie e delle figure professionali interne ed esterne alla scuola non sembra tuttavia ridotta, ma anzi ampliata e “protetta”: i soggetti che il DPR 24 febbraio 1994, art. 5, comma 2, chiamava a redigere il PEI (operatori sanitari, docenti, genitori) sono ancora tutti presenti nel nuovo GLO, ma ad essi si affiancano nuove, molteplici e non stabili figure.
Tenendo presenti le scelte organizzative della scuola, le peculiarità del territorio e gli specifici bisogni dell’allievo in crescita, il Dirigente scolastico è chiamato di anno in anno a definire la configurazione del gruppo, per arricchirlo, quanto più è possibile, di tutti gli apporti utili che l’intera comunità è in grado di offrire all’attuazione del PEI.
Né si decide a maggioranza…
In ogni caso, la presenza nel GLO dei genitori non solo rimane fondamentale (i genitori “partecipano” a pieno titolo e non si limitano a collaborare, come invece nel DPR 24 febbraio 1994), ma è affiancata, se è nelle condizioni di parteciparvi, anche dallo stesso alunno disabile, nonché, seppure a solo titolo consultivo, da un esperto da loro indicato.
Accogliendo i rilievi mossi dal CSPI, il Decreto ha espunto nella sua versione definitiva qualsiasi accenno alla natura di organo collegiale del GLO e, di conseguenza, a voti e votazioni al suo interno (solo nelle Linee guida, alla pag. 10, se ne trova una traccia, per effetto di un altro fastidioso refuso): le decisioni su materie così delicate, all’interno di un gruppo di lavoro a composizione variabile, non possono essere assunte a colpi di maggioranza, ma vanno maturate con calma e pieno coinvolgimento delle parti.
Per questo motivo, il Decreto, art. 3, comma 9, prevede che tutte le decisioni devono essere motivate, in particolare quando si discostano dalle proposte formulate dai soggetti partecipanti: “Il GLO elabora e approva il PEI tenendo in massima considerazione ogni apporto fornito da coloro che, in base al presente articolo, sono ammessi alla partecipazione ai suoi lavori, motivando le decisioni adottate in particolare quando esse si discostano dalle proposte formulate dai soggetti partecipanti”.
Il nuovo dispositivo di razionalizzazione delle ore
Il Decreto prevede un dispositivo di razionalizzazione della richiesta di ore di sostegno e, conseguentemente, di personale specializzato. Attualmente, invece, si tende per gli alunni con certificazione di disabilità grave al riconoscimento del massimo delle ore di sostegno settimanale, con un rapporto docente/alunno pari ad 1/1, e per gli alunni con disabilità lieve all’assegnazione di un numero intermedio di ore settimanali, con un rapporto docente/alunno pari ad 1/2.
Con il nuovo meccanismo il fabbisogno sarà calcolato partendo dal grado di difficoltà dell’alunno disabile nello svolgimento delle attività, comprese in ciascun dominio:
- apprendimento;
- autonomia;
- comunicazione;
e in ciascuna dimensione:
- della relazione, interrelazione e socializzazione;
- della comunicazione e del linguaggio;
- dell’autonomia e dell’orientamento;
- cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento.
Vanno tenuti in debito conto tutti i fattori ambientali implicati nel contesto di apprendimento. Ai due soli contesti di riferimento previsti dalla legge 104/1992 (alunno con disabilità lieve o alunno con disabilità grave), si sostituiscono 5 condizioni/livelli, ai quali corrispondono altrettanti “range” orari, che rappresentano la quantità discreta di risorse professionali necessarie per ripristinare condizioni di funzionamento accettabili ed esprimono quelli che, con espressione non molto felice, vengono definiti “debiti di funzionamento”.
Si diminuisce l’organico di sostegno?
Alla netta bipartizione, che discendeva direttamente dalla legge 104/1992, c’è però il rischio che si sostituisca un più articolato ma forse ancora più rigido sistema di calcolo: il nuovo PEI sembra infatti muovere dal presupposto che ci sia un parametro di normalità a cui gli alunni devono rispondere e sul quale commisurare meccanicamente l’entità del debito da colmare.
L’autonomia decisionale del GLO potrebbe risultarne fortemente limitata e con essa lo stesso principio di personalizzazione del PEI.
In molti hanno sospettato che il meccanismo di nuova introduzione comprima i diritti dei disabili, per promuovere in maniera indiretta un taglio dei posti di sostegno. Del resto ad alimentare il timore è stata la stessa relazione tecnica di accompagnamento a quello che sarebbe diventato il comma 960 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021): in essa si legge che il “dispositivo di razionalizzazione”approntato con il Decreto, nel consentire una più precisa definizione del monte ore di sostegno da assegnare all’alunno con disabilità,porterebbe nel tempo ad una progressiva riduzione del numero dei docenti di sostegno, che in via previsionale, e con riferimento alle sole risorse assegnate per disabilità gravi, può essere stimata in cinquemila docenti all’anno.
Un pericolo smentito dalle misure per l’inclusione
Il sospetto appare tuttavia infondato. Il Ministero dell’Istruzione ha perseguito negli ultimi mesi una politica tesa a promuovere l’inclusione scolastica, adottando oltre al Decreto una serie di altre misure: l’assunzione a partire dal prossimo anno e nel successivo triennio di 25 mila nuovi insegnanti di sostegno; lo stanziamento per ciascuno degli anni scolastici 2021/2022, 2022/ 2023 e 2023/2024 di 10 milioni di euro per l’acquisto e la manutenzione di attrezzature tecniche e di sussidi didattici per favorire l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità; lo stanziamento di 10 milioni di euro per l’anno 2021 destinati alla realizzazione di interventi di formazione obbligatoria del personale docente impegnato nelle classi con alunni con disabilità.
La preoccupazione delle famiglie
La formalizzazione di un percorso differenziato che consenta l’esonero totale dell’allievo con disabilità da una o più discipline, unitamente alla sempre possibile riduzione dell’orario didattico, da un lato, e l’eventuale diminuzione delle ore di sostegno, dall’altro, legittimano l’apprensione delle famiglie che nelle scuole possano tornare a verificarsi anacronistiche prassi di marginalizzazione ed esclusione.
Si tratta di una preoccupazione più che comprensibile, ma del tutto estranea alle intenzioni del Decreto, che non mira ad escludere gli alunni disabili, ma al contrario a favorirne e promuoverne l’inclusione, nel pieno rispetto della legge 104/1992 e del novellato D.lgs. 66/2017.
Il beneficio del dubbio
Il Decreto si preoccupa nello specifico, da un lato, di uniformare a livello nazionale le modalità di redazione dei PEI e, dall’altro, di chiarire i criteri di composizione e l’azione dei GLO, in un’ottica di maggiore trasparenza e coinvolgimento.
Una riduzione delle ore di sostegno da assegnare agli studenti anche in condizioni di disabilità grave sembra sicuramente possibile, e la cosa non predispone favorevolmente chi sa che nella prassi le ore di sostegno sono solitamente di gran lunga inferiori alle reali necessità dell’alunno.
Ma il PEI deve raccordarsi con il progetto individuale e con il profilo di funzionamento, alla cui stesura collaborano anche famiglia e scuola. E il GLO è affollato di componenti “interessati” allo sviluppo della persona con disabilità e professionalmente preparati, riuniti in un clima di operosa e positiva collaborazione.
I rischi della crescita e del cambiamento
I difetti notati e i pericoli intravisti sono probabilmente da leggersi come gli inevitabili rischi connessi alla crescita di una normativa complessa che, in Italia, è all’avanguardia.
Il Decreto ha però in sé gli strumenti per autocorreggersi: il precedente Capo del Dipartimento per l’Istruzione nella presentazione del documento del 26 gennaio scorso, lo ha definito un “lavoro di affinamento permanente”, una normativa aperta cioè non solo al confronto con le nuove esigenze imposte dal progredire della cultura dell’inclusione scolastica, ma anche alle risultanze della sperimentazione sul campo.
Il nuovo modello di PEI e i suoi allegati, dopo essere stati passati al vaglio della quotidiana pratica didattica e organizzativa, saranno oggetto di riflessioni e correttivi in appositi incontri già programmati.
L’art. 21, commi 2 e 3, del Decreto prevede infatti che i modelli di PEI siano sottoposti, già al temine dell’anno scolastico 2020/2021, a revisione e vengano integrati o modificati, sulla base delle osservazioni e delle indicazioni pervenute dalle istituzioni scolastiche, e che comunque, con cadenza almeno triennale, siano oggetto di verifica e aggiornamento.