Un documento di base che sorregge il sistema
Mentre nei mesi scorsi il sistema 0-6 era impegnato a salvaguardare il suo patrimonio di scuola, i servizi, le professionalità e soprattutto i suoi intenti (garanzie per i bambini), la Commissione infanzia, costituita ai sensi del D.lgs 65/2017, ha iniziato a elaborare le Linee guida pedagogiche per dare forma al nuovo sistema educativo.
Poiché in questi mesi linee guida e protocolli sono stati parecchi, occorre innanzitutto chiarire che quando ci si riferisce alle Linee pedagogiche il richiamo è al documento base che sorregge l’intero sistema 0-6, le sue coordinate valoriali, i concetti pedagogici di fondo, le principali scelte di carattere istituzionale. Va inoltre precisato che le Linee guida non prendono il posto delle Indicazioni nazionali per il curricolo, non costituiscono, cioè, un documento immediatamente spendibile sul piano della didattica, né tanto meno il nuovo curricolo 0-6.
I documenti di riferimento
Ricordiamo brevemente l’intelaiatura dei documenti di riferimento che sono alla base del D.lgs. 65/2017:
a. le Linee pedagogiche 0-6 (la comunità culturale);
b. le Indicazioni nazionali per il curricolo 3-14 (già esistenti dal 2012);
c. gli orientamenti educativi 0-3.
Sono ora disponibili le Linee pedagogiche 0-6 che danno forma all’intero sistema 0-6, assai complesso perché è articolato in Stato, Regioni, Comuni, strutture private con vari livelli di integrazione.
Un sistema molto articolato
Una linea cardine è data dalla linea dei tre anni. Ciò che viene organizzato al di sotto dei tre anni prenderà il nome di “Servizi educativi per l’infanzia” (in particolare asili nido, sezioni primavera), mentre per le strutture organizzate per i bambini al di sopra dei tre anni parliamo di vere e proprie Scuole dell’infanzia.
Sotto i tre anni lo Stato non è presente, mentre al di sopra dei tre anni si assiste ad un parallelismo gestionale integrato fra scuole dello Stato, dei Comuni e dei privati, con lo Stato che è l’interprete di maggioranza (61% dell’utenza).
Questa estrema varietà di situazioni (basta aggiungere la scuola a gestione provinciale di Trento e di Bolzano) ha reso più complessa l’elaborazione di un documento di carattere comune con cui i vari soggetti potessero in qualche modo riconoscersi.
Una storia che viene da lontano
L’impianto del testo cerca di seguire il tracciato di questa argomentazione a partire dalla ricostruzione storica di tutto il settore.
Leggiamo che è una storia che nasce nell’800 con una matrice pienamente assistenziale (l’asilo) e che solo con gradualità e fatica si è riuscito a far transitare il settore nel campo prioritariamente educativo (con la legge 444 del 18 marzo 1969 per la scuola dell’infanzia e con la legge 1044 del 6 dicembre 1971 con l’istituzione degli asili nido pubblici). Questo doppio itinerario giuridico di cinquant’anni ha comunque offerto una ratio al sistema con una precisa identità dei due segmenti che restano comunque separati.
Solo negli ultimi anni attraverso esperienze di molti Enti Locali e di alcuni importanti documenti europei (ECEC) la spinta verso l’integrazione dei due sistemi (Raccomandazioni del 22 maggio 2019) è diventata più forte e ha trovato una prima collocazione nel corpus del D.lgs. 65/2017 istitutivo del sistema.
Sapersi riconoscere in una stessa storia è già un passo avanti per costruire una comune identità di un servizio educativo.
Una storia che legge il presente
Un’altra spinta è stata determinante per la costruzione del sistema: l’analisi dei cambiamenti della scuola italiana, delle caratteristiche del mondo del lavoro, l’emancipazione della figura della donna. L’affermazione di nuovi diritti delle donne va in parallelo con il riconoscimento pieno dei diritti dell’infanzia (al gioco, all’apprendimento…), così come si trovano nel D.lgs. 65/2017.
I nidi e le scuole non sono una risposta funzionale o generica ai bisogni (servizi di welfare) ma un intervento per attività per favorire la migliore crescita dei bambini nelle loro famiglie e nei loro ambienti di vita.
L’idea di bambino nel documento
È evidente che al centro del progetto 0-6 deve stare un’idea di bambino con la descrizione delle sue caratteristiche (noi preferiamo usare il termine “potenzialità”). Da zero a sei anni avvengono importanti cambiamenti, basti pensare alla progressiva autonomia materiale, alle prime forme di linguaggio, alla prima frequenza, alla relazione sociale e al gioco. Su queste basi si sono manifestati equivoci confondendo gioco, approccio ludiforme, attività strutturate.
Il documento della Commissione si manifesta in termini chiari esprimendosi a favore del così detto gioco libero, aperto, non strutturato, non perché debba essere lasciato alla libertà e spontanea manifestazione dei bambini, ma perché è l’adulto, con la sua attenta osservazione, a dover cogliere gli aspetti apprenditivi del gioco, le dinamiche sociali, quelle prettamente motorie e fisiche in modo da farle crescere ed evolvere senza condizionarle dall’esterno. Una corretta funzione di regia dell’ambiente di gioco, l’allestimento di spazi, la successione di tempi equilibrati rappresentano un ambiente di apprendimento ideale per la crescita armonica dei bambini.
Contesto come universo olistico
Parlando di rinforzo all’ambiente organizzativo di una scuola e di un nido spesso si usa il termine “contesto” quasi per segnalare la coerenza interna, la coesione dei diversi elementi, l’insieme dell’ancoraggio di tutte le diverse situazioni che danno luogo ad un universo olistico, cioè dotato di un unico significato capace di dare senso unitario alle diverse parti dell’insieme. È la stessa Commissione Europea che parla di approccio olistico unitario con cui osservare un bambino, di una azione di insieme.
Un curricolo “cauto”
Ecco perché il termine “curricolo” va usato con molta cautela nel nido e nella scuola dell’infanzia. È pur vero che già nella scuola dell’infanzia sono presenti le Indicazioni nazionali per il curricolo, dove però il termine “obiettivi” viene sostituito da quello più aperto di “traguardi per lo sviluppo delle competenze” e dove il termine dirimente è proprio la parola “sviluppo”, “bildung”, cioè crescita in un ambiente ben curato e predisposto. È, in altre parole, la traduzione del termine vygotskijano di “area potenziale di sviluppo”.
Non mancano comunque esempi di curricolo che si riferiscono al nido. Un esempio è il curricolo verticale del comune di Milano. Si tratta di intendersi nell’uso del significato dei termini. Si ritiene, per esempio, più pertinente abbinare al temine curricolo quello di progettualità pedagogica per sottolineare la plasticità e l’esperienza.
Un sistema ad alta professionalità
Il sistema 0-6 intende presentarsi come un sistema ad alta professionalità dove le esigenze dei bambini vanno prese in cura da operatori particolarmente qualificati. Tutti devono essere in possesso di Laurea, va favorito l’incontro e l’integrazione tra gli operatori dei due settori specie attraverso l’esperienza del polo 0-6. Qualcuno ritiene che in questa scelta bisogna essere più coraggiosi.
Per favorire la qualificazione del personale vengono costituiti appositi coordinamenti pedagogici per svolgere funzioni di supervisione professionale, formazione e aggiornamento permanente.
Quando si pensa all’educazione dei bambini più piccoli non si deve avere in mente un impoverimento o semplificazioni delle mansioni, accompagnate magari con un po’ di tatto e buon senso, perché siamo in presenza di una professione a 360 gradi in cui vengono richiamate, anche nel documento ufficiale delle Indicazioni 2012, tutte le funzioni fondamentali: di cura, di accoglienza, di regia, di progettazione, di incoraggiamento.
Una governance articolata
Ma tra l’ideazione di una riforma e la sua graduale messa in opera occorrono tempi lunghi, risorse qualificate di personale, verifiche di quanto si sta facendo. Diciamo che è più semplice “disegnare” una riforma che portarla a termine.
Prendiamo lo 0-6. Intanto occorre un grado di governance che conferisca a ciascun soggetto i vari compiti: ad esempio allo Stato l’assegnazione di fondi di carattere generale (attraverso lo specifico piano di azione nazionale); alle Regioni la programmazione dei fondi e delle iniziative da riversare verso i Comuni tenendo anche conto dei diversi fabbisogni; ai comuni le forme di verifica e controllo che spettano per il segmento 0-3.
La vigilanza 3-6 spetta ancora allo Stato. E già questo sistema non è un ginepraio da poco, cui si aggiungono anche i soggetti privati con le loro diverse formule di rapporti con gli utenti (convenzioni, rette…).
Il sistema si sta ulteriormente articolando con la comparsa di nuovi servizi. Per esempio ci sono centri bambini e famiglie che si caratterizzano per l’assenza del servizio mensa e per un orario più ridotto.
Recentemente hanno preso piede le sezioni primavera riservate ai bambini dai 24 ai 36 mesi, con una formula originale sostituiva dell’anticipo e con specifici principi pedagogici. Il D.lgs. 65/2017, in effetti, abolisce gradualmente la forma degli anticipi alla scuola dell’infanzia, ancora fortemente presente in molte Regioni del nostro Paese.
I Poli per l’infanzia
Il panorama va completato con la comparsa del Polo per l’infanzia, strutture a nuovo indirizzo che accolgono in un unico complesso edilizio (o comunque affine) bambini in età di nidi e di scuole per l’infanzia attraverso formule organizzative differenti (piccoli gruppi, gruppi aperti, con più ampie possibilità offerte di gioco, di socialità, di apprendimento, anche tra bambini di età diverse).
Di fatto lo 0-6 si presenta, in particolare, come un cantiere appena aperto sia sotto il profilo architettonico, sia sotto quello pedagogico e si guarda ad esso come un disegno che si ispira ad una visione tipica dei Paesi del Nord Europa senza dimenticare le ottime tradizioni italiane (Agazzi, Montessori, Malaguzzi).
—
Documento ministeriale: Linee pedagogiche per il sistema integrato “zerosei”