Prove tecniche di ripartenza
Si pensava che il nuovo anno scolastico, dal 14 settembre, avrebbe portato ad una rinnovata normalità. Neanche un mese più tardi, a causa del progressivo acuirsi dell’emergenza epidemiologica, il DPCM del 13 ottobre ha sospeso “i viaggi d’istruzione” e “le uscite didattiche comunque denominate”. L’interruzione della didattica in presenza, nella scuola secondaria di secondo grado, è intervenuta con il DPCM del 3 novembre. Dal 14 settembre al 3 novembre sono trascorsi circa cinquanta giorni, durante i quali si rompe il delicato equilibrio faticosamente costruito durante un’estate trascorsa a prendere le misure alle aule, metro alla mano, per predisporre le condizioni per una riapertura in presenza e in sicurezza, applicando il criterio di un metro di distanza tra le rime buccali[1].
Ordinanze regionali e Decreto-Legge
Si è pensato di “riaprire le scuole” dal 9 dicembre, poi dal 7 gennaio, nella scuola secondaria di secondo grado con il ripristino di una percentuale di didattica in presenza, prima nella misura del 75%, poi al 50%.
Infine non poche Regioni, dal 4 gennaio, per ragioni di ordine sanitario, riprendendo lo “spirito” degli ultimi DPCM, hanno emesso ordinanze volte a confermare la didattica digitale integrata al 100%, in genere con deroga per inclusione e laboratori.
Il governo nazionale, a sua volta, ha promosso il 5 gennaio 2021 il Decreto-Legge numero 1 che ha previsto di posticipare all’11 gennaio la ripresa dell’attività didattica in presenza al 50%, assumendo il lavoro preparatorio predisposto dai “tavoli prefettizi” con specifici Piani operativi per il coordinamento scuola-trasporti di cui al DPCM del 3 dicembre, e acquisendo contestualmente gli indirizzi delle ordinanze regionali[2].
Ordine sparso?
In data 11 gennaio la situazione è apparsa diversificata. Buona parte delle Regioni ha preferito, per ragioni sanitarie, optare, nella scuola secondaria superiore, per la prosecuzione della didattica digitale integrata, pur con tempistiche differenziate; alcune Regioni hanno fatto propria l’indicazione di una didattica in presenza almeno del 50%[3].
Situazione in ordine sparso? Può essere. Ma se si legge attentamente il Decreto-Legge n. 1 del 5 gennaio, si osserva come ciò sia frutto anche di una oggettiva distribuzione dei compiti tra Governo e Regioni, pur in un contesto non privo – come il dibattito non ha mancato di mostrare – di punti di vista diversi[4].
Rovesciando lo schema delle interpretazioni maliziose, per quanto non sempre ingiustificate, sembra non tanto una composizione tra interessi divergenti, quanto, più semplicemente, il segno di una difficoltà oggettiva.
Reinventarsi di giorno in giorno
Si poteva far meglio? Si può sempre far meglio. Il lavoro prezioso svolto dai “tavoli prefettizi”, in ogni caso, rimane e tornerà utile non appena ci saranno le condizioni per un ampliamento della didattica in presenza.
Ma c’è una questione di fondo che merita una riflessione attenta. La scuola è sottoposta ad uno stress autentico, che non va trascurato. Deve reinventarsi di settimana in settimana, di giorno in giorno, talvolta di ora in ora, come amava ripetere Edmund Husserl: immer wieder, sempre di nuovo.
Servono: un accurato monitoraggio del quadro normativo (de iure condendo), una strutturale attitudine al cambiamento, non senza una certa prontezza di riflessi. Si è già detto: tra Sisifo e Penelope[5]. Una sfida di cui la scuola si fa carico con spirito di servizio cercando di conciliare in tutti i modi (anche sviluppando una collaborazione decisiva con il sistema sanitario attraverso i Referenti Covid) diritto alla salute e diritto all’apprendimento[6]. Bisogna tuttavia ammettere che il metodo dello stop and go acuisce una sensazione di incertezza e provvisorietà.
Tra didattica in presenza e didattica on line
Su questo punto proviamo a ripercorrere il filo del racconto degli ultimi DPCM.
– Quello del 18 ottobre ha raccomandato per le scuole secondarie di secondo grado “il ricorso alla didattica digitale integrata” (DDI), “complementare alla didattica in presenza” (DIP).
– Quello del 24 ottobre ha indicato la DDI al 75%.
– I DPCM del 3 novembre e del 3 dicembre hanno portato la DDI al 100% (come già si è sottolineato, con eccezione per inclusione e laboratori).
– Il DPCM del 3 dicembre prevede un 75% di didattica in presenza dal 7 gennaio.
– Quindi, in data 22 dicembre 2020, è uscita la nota n. 28290 con oggetto la modifica del DPCM del 3 dicembre 2020, con la quale è stata annunciata l’Ordinanza del Ministero della Salute del 24 dicembre 2020 che – a seguito dell’accordo intervenuto nella Conferenza unificata Stato-Regioni ed Enti Locali – ha definito la didattica in presenza, nella scuola secondaria di secondo grado nella misura del 50% dal 7 al 15 gennaio.
Ricapitolando: si è passati da una didattica digitale integrata complementare alla didattica in presenza, alla didattica digitale integrata prima al 75%, poi al 100%, sino alla previsione di una didattica in presenza al 75% e poi al 50%. Tutto questo nell’arco di alcuni mesi.
Lo scenario europeo
Per comprendere meglio la delicatezza della situazione può essere opportuno dare un’occhiata a quel che sta accadendo in alcuni Paesi europei, quelli con i quali tendiamo a confrontarci: Gran Bretagna, Francia, Germania. Rapidamente, un’istantanea, con qualche titolo dai quotidiani del 6 gennaio.
– “Indipendent”: “Inizia in Inghilterra il terzo Lockdown nazionale”[7].
– “Le Figaro”: “Vaccinazione contro il Covid-19, l’esecutivo impegnato in una nuova corsa contro il tempo”[8]. “Le Monde”: “Il governo ha cercato di nascondere il fallimento logistico con una comunicazione maldestra”[9]. “Frankfurter Allgemeine Zeitung”: “Di chi è la colpa della mancanza del vaccino?”[10].
– “Süddeutsche Zeitung”: “Le regole del Lockdown rimangono in vigore sino al 31 gennaio. Le scuole restano chiuse”[11].
Alcune osservazioni
In tutti e tre i Paesi considerati – Gran Bretagna, Francia, Germania – si evidenziano problemi, o ritardi, nell’impostare la campagna per la vaccinazione. L’Italia, in un primo momento, sembrava fanalino di coda, poi si è scoperto che è tra i primi Paesi, se non il primo, dal punto di vista della somministrazione del vaccino in rapporto alla popolazione. Tutti e tre i Paesi sono attualmente in Lockdown. Le scuole sono chiuse.
Scuole chiuse?
La situazione in Italia è diversa. La scuola non è precisamente chiusa. È aperta la scuola dell’infanzia. È aperta la scuola primaria. È aperta la scuola secondaria di primo grado (eccezion fatta per le classi seconda e terza nelle “regioni rosse”). È aperta la scuola secondaria con didattica digitale integrata al 100% – i docenti a scuola, gli studenti a casa – ma in presenza per docenti e studenti nel caso di inclusione (disabilità, DSA, BES, figli di personale sanitario in prima linea contro il Covid-19, casi di digital divide) e laboratori.
Negli Istituti tecnici o professionali, nei quali buona parte delle classi, se non tutte, utilizzano i laboratori, la didattica in presenza assume un certo significato, per quanto da mitigare con turnazioni, nel massimo rispetto di tutte le precauzioni, a partire dal distanziamento fisico.
I numeri
Ricordiamo en passant che gli studenti nella scuola pubblica sono circa 7 milioni e settecento mila (900.000 nella scuola dell’infanzia; 2.500.000 nella scuola primaria; 1.600.000 nella secondaria di primo grado; 2.600.000 nella secondaria di secondo grado). Quelli che frequentano le scuole secondarie di secondo grado sono 2.600.000. Quindi solo un terzo degli studenti italiani, quelli in età compresa tra i 14 e i 19 anni, è orientato verso la didattica digitale integrata, ma, come si è detto, in presenza per inclusione e laboratori.
Integrare presenza e distanza
Sarebbe una buona cosa evitare di stabilire una netta separazione tra didattica in presenza e didattica a distanza. Più appropriata l’integrazione, secondo quanto correttamente disposto dal Ministero dell’Istruzione con il DM 89 del 7 agosto 2020 e con le Linee guida per la didattica digitale integrata, insieme ad un’esortazione rivolta alle scuole a giovarsene con un Piano per la DDI da adottare come allegato al PTOF.
Questa novità è una conseguenza del Covid-19 e, al contempo, un acquisto a favore di una didattica innovativa, in quanto basata sulla competenza digitale, che rimarrà dopo e oltre il Covid-19.
Una cornice unitaria
Un cenno, infine, alla vexata quaestio del coordinamento, atteso, solo parzialmente conseguito. Lasciando da parte due estremità che spesso si corrispondono: il centralismo (che, come spiegano insigni giuristi, non di rado si rivela “a centro debole”) e un autonomismo che aspira all’autosufficienza, il contesto istituzionale italiano è pluralistico, anche dal punto di vista dell’impianto costituzionale. Ragionevolmente si dovrebbe condividere una cornice entro la quale porre, in relazione all’emergenza sanitaria, specificità territoriali tali da motivare provvedimenti ad hoc.
In fondo è quanto ha prospettato nella Sintesi degli scenari, a cura del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, suddivisa per colori – dal verde al giallo, dall’arancione al rosso, proposta nel volume Prevenzione e risposta a COVID-19[12].
Unità e articolazione delle soluzioni territoriali possono convivere, sapendo, tuttavia, che tanto più è forte la coesione, tanto più possono rivelarsi efficaci le politiche di contrasto alla pandemia. È questo l’obiettivo comune.
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[1] Cfr. Piano scuola 2020-2021, DM n. 39 del 26 giugno 2020, p. 5.
[2] Come ha spiegato la nota ministeriale n. 13 del 6 gennaio: “Resta inteso che sono da osservarsi le eventuali diverse determinazioni più restrittive deliberate dalle Regioni e dagli Enti locali nell’esercizio delle rispettive competenze”.
[3] Da quanto risulta, la ripresa dell’attività didattica in presenza, nelle scuole secondarie di secondo grado, è prevista in Abruzzo, Toscana e Valle d’Aosta dall’11 gennaio; nel Lazio, in Liguria, Molise, Piemonte e Puglia dal 18 gennaio; in Campania, Emilia-Romagna, Lombardia e Umbria dal 25 gennaio; in Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna, Sicilia, Veneto dal 1° febbraio.
[4] Spiega, infatti, il Decreto-Legge n. 1 del 5 gennaio 2021: “Nelle regioni in cui si applicano le misure di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2020, nonché su tutto il territorio nazionale nei giorni 7, 8, 9 gennaio 2021, l’attività didattica delle istituzioni scolastiche di cui al presente comma si svolge a distanza per il 100 per cento della popolazione studentesca delle istituzioni scolastiche di cui al presente comma”.
[5] Vedi Scuola7, n. 210 del 9 novembre 2020, , “La scuola del COVID, tra Sisifo e Penelope”
[6] Sul punto cfr. anche il Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di SARS-CoV-2: la situazione in Italia, versione del 30 dicembre 2020.
[7] “Third national Lockdown begins in England”.
[8] Vaccination contre le Covid-19: l’exécutif engagé dans une nouvelle course contre la montre”.
[9] Le gouvernement a essayé de cacher une faillite logistique par une communication maladroite”.
[10] “Wer ist schuld, daß Impfstoff fehlt?”
[11] “Die eigentlich bis zum 10. Januar geltenden Lockdown-Regeln sollen nun bis zum 31. Januar gelten. Schulen bleiben geschlossen”.
[12] Cfr. Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale, a cura del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, 2020, pp. 80, 81, 82.