L’educazione civica come terreno di sperimentazione

Perché partire dalla Carta Costituzionale

L’incipit delle Linee Guida (DM 35/2020) per l’insegnamento dell’educazione civica sostiene: “La Legge (legge n.92/2019), ponendo a fondamento dell’educazione civica la conoscenza della Costituzione Italiana, la riconosce non solo come norma cardine del nostro ordinamento, ma anche come criterio per identificare diritti, doveri, compiti, comportamenti personali e istituzionali, finalizzati a promuovere il pieno sviluppo della persona e la partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. La Carta e? in sostanza un codice chiaro e organico di valenza culturale e pedagogica, capace di accogliere, dare senso e orientamento alle persone e alle discipline…”

Ora, è bene che anche il punto di partenza della sperimentazione triennale delle istituzioni scolastiche vada ad indagare:

– come e perché la Costituzione possa costituire il principio unificante di tutti i contenuti di insegnamento (nuclei tematici essenziali), quelli citati nell’art.3 della Legge e quelli delle discipline curricolari; che tutti concorrano ai traguardi di competenze/ competenze dei Profili disegnati negli allegati B e C delle stesse Linee Guida;

– se l’operazione di orientamento sia facilitata dalla trasversalità dell’insegnamento di EC piuttosto che utilizzarla come disciplina a sé stante;

– se è vero che i nuclei tematici di EC siano già ricompresi nell’episteme delle discipline curricolari.

Principi e criteri per l’insegnamento dell’Educazione civica

Proviamo prima ad analizzare i significati assegnati alle parole principio e criterio, per poi trarne le conseguenze per la nostra ricerca.

1. Per principio[1] si intende sia un concetto, un’affermazione, un enunciato che sta a fondamento di una teoria, di un ragionamento o un sistema di ragionamenti sia una norma morale, un valore etico su cui si basano atti e orientamenti della vita pratica, una vera e propria guida consapevole (o meno) ai comportamenti.

2. Per principio[2] si intende il punto di partenza, il fondamento, la causa, l’elemento costitutivo di un processo/ragionamento, ma anche l’elemento che può determinare un cambiamento nel processo stesso sia sul piano conoscitivo sia su quello pratico, e, in questo caso, il principio funge contestualmente come criterio per stabilire la verità di un ragionamento e la sua corrispondenza ai fatti.

3. Per criterio (il nome ha la stessa radice etimologica di crisi, critica…) si intende il fondamento o la norma adottata per distinguere, discernere, giudicare. Anche in questo caso lo strumento logico conoscitivo diventa o può diventare regola morale, guida sul piano etico per distinguere il bene dal male. Il criterio è una regola da seguire per decidere ciò che è vero o falso, ma anche ciò che si deve fare o non si deve fare.

Il richiamo alla Carta costituzionale come principio unificante e orientante il processo di insegnamento/apprendimento e come criterio per definire se un sapere si è trasformato in comportamento coerente è un richiamo a dare centralità al valore pratico delle conoscenze come guida indispensabile e dirimente nelle scelte dei comportamenti quotidiani.

I saperi sono a fondamento dei comportamenti, ne sono la condizione necessaria ma non sempre sufficiente.

Se la sostenibilità (o lo sviluppo sostenibile) diventa un principio costituzionalmente protetto.

Come è possibile tenere insieme l’universalità dei saperi (e dei diritti) e la ineludibile storicità dei comportamenti? Il richiamo alla Carta costituzionale può dare risposta alle emergenze educative della società globalizzata? Come si affrontano le nuove e inedite conflittualità tra gli stessi principi costituzionalmente protetti poste dalla globalizzazione?

I movimenti ambientalisti sostengono da tempo che occorre dare sostanza, obiettivi, a parole come sostenibilità che rischiano di essere abusate prima ancora di trovare posto in azioni concrete e in tutele istituzionali e legislative. La Corte Costituzionale (sentenze 407/2002 e 536/2002) ha già dichiarato l’ambiente valore trasversale costituzionalmente protetto integrando di fatto quanto stabilito dall’articolo 9. Protezione dell’ambiente e della biodiversità, sviluppo sostenibile entrano dunque a pieno titolo accanto alla tutela del paesaggio e dei beni culturali già prevista nella nostra Carta.

È interessante notare come l’aggettivo trasversale sia stato usato anche qui (lo ritroveremo per l’insegnamento trasversale di EC), per significare che non si tratta di aggiungere un nuovo valore, quanto piuttosto di cogliere nell’ambiente una cultura, una chiave di lettura che consente di integrare concetti fondamentali quali appunto la qualità ambientale, l’equità sociale e la prosperità economica. La cultura dello sviluppo sostenibile viene proposta come quadro concettuale e valoriale di tipo interdisciplinare, in grado di poter assicurare l’individuazione di un equilibrio dinamico che coniuga risposte etiche, sociali, economiche e scientifiche alle crisi sempre più globali.

Diritto all’ambiente come diritto al futuro

Il diritto all’ambiente è in realtà il diritto al futuro di cui parlava nel 1987 il rapporto Brundtland quando definì per la prima volta lo sviluppo sostenibile uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere le possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

Il diritto all’ambiente e allo sviluppo sostenibile è un modo unificante di leggere i primi 12 articoli della Costituzione. Un aiuto indubbio per dipanare l’antico e difficile dilemma della definizione delle priorità tra valori costituzionalmente protetti, per non parlare dei nuovi conflitti tra diritti umani e diritti di cittadinanza.

È il difficile dilemma del bilanciamento tra i diritti che sarà sempre più spesso oggetto di disputa, anche perché al bilanciamento dei diritti occorre far corrispondere il bilanciamento degli interessi e il concetto di bene comune.

Si tratta di disegnare un nuovo profilo del cittadino come persona prima e come persona solidale poi all’interno delle comunità nazionali, sovranazionali e globali, a cui la scuola tutta non può sottrarsi prima ancora di vedere integrata la Carta costituzionale. Si tratta, ancora, di far conoscere ai nostri giovani indicatori come l’Human Development Index[3] e l’Happy Planet Index, come indicatori del benessere individuale e della qualità della vita.

Il ministro Costa e il Presidente del Consiglio[4] hanno in più occasioni ribadito la necessità di introdurre nel dettato costituzionale il riferimento alla sostenibilità, consapevoli soprattutto del notevole ritardo dell’Italia nel raggiungere i 17 Goal fissati dall’Agenda 2030.

È già stata depositata alla Camera (2018) una Proposta di Legge Costituzionale per la “Modifica degli articoli 4, 9, 41 della Costituzione in materia della tutela dell’ambiente e della promozione dello sviluppo sostenibile”.

Esistono specifici Programmi Europei come il Next Generation EU, che vanno letti e analizzati nelle scuole proprio perché indicano come sia indispensabile rispondere allo shock delle emergenze e della globalizzazione con la ricerca di nuove solidarietà, poiché ancora siamo in piena emergenza occupazionale, energetica e climatica.

Per formare le competenze del cittadino globale e aiutare gli studenti a problematizzare e tematizzare la sostenibilità, la scuola deve saper utilizzare e integrare il proprio curricolo.

Indagare la specificità disciplinare delle competenze in uscita

I sistemi educativi sono centrali nella formazione delle competenze utili a governare la complessità e quindi utili alla costruzione di quel profilo dinamico (ma non per questo confuso o frutto di giustapposizioni) che oggi caratterizza la definizione di cittadino, competenza di cittadinanza, competenza sociale e civica.

Perché questo accada, è necessario contestualmente valorizzare la sussistenza di uno zoccolo duro di saperi disciplinari con cui formare lo spirito critico degli studenti e la resilienza dei cittadini. È bene che le scuole partano proprio da quei traguardi di competenze/competenze in uscita dal percorso scolastico che rappresentano la direzione e l’esito verso cui indirizzare i curricoli.

Il rischio da evitare è che l’educazione civica diventi il gran calderone dell’educazionale dagli epistemi incerti: educazione alla legalità, educazione all’ambiente; educazione alla salute e alla sicurezza, educazione sessuale, educazione alla differenza di genere…

Sembrerebbe imporsi un ossimoro: per ottimizzare l’insegnamento trasversale di EC, occorre prima indagare la specificità disciplinare, ovvero indagare a quale aspetto dello statuto epistemologico della disciplina e/o a quale nucleo tematico essenziale della disciplina o delle discipline del curricolo possiamo far riferimento per far conoscere, applicare e responsabilmente scegliere un comportamento adeguato ad esprimere una competenza sociale e civica.

L’integrazione dei Profili di uscita e dei curricoli

Il terreno semantico fertile e la presa in carico collegiale di questo insegnamento sono offerti proprio dalla capacità di integrare i risultati di apprendimento esistenti e non giustapporne di nuovi che non siano già all’interno del curricolo disciplinare.

Un primo aiuto viene proprio dallo stesso concetto di competenza sotteso ai Profili di uscita dai percorsi scolastici: insieme di comportamenti evidenti e rilevabili come risultati di apprendimento alla cui formazione hanno concorso le discipline del curricolo.

Cosa aggiungono di nuovo gli Allegati B e C delle Linee guida? Cosa è effettivamente necessario integrare? Il primo passo è allora il confronto tra i Profili degli allegati B e C alle Linee Guida e quelli già adottati:

– Il Profilo dell’allegato B va comparato al profilo generale al termine del primo ciclo d’istruzione del DM n. 254/2012

– Il Profilo dell’Allegato C va comparato al profilo generale al termine del secondo ciclo del D.lgs. 226/2005.

Il confronto, per la scuola secondaria superiore, non confortata dalla certificazione delle competenze, va poi affinato procedendo con l’esame di tutti i profili (PECuP) cui è necessario fare riferimento:

a) per i Licei, l’Allegato A al D.P.R. 89/2010 con i profili comuni ai sei licei e i risultati di apprendimento distinti per ciascuno di essi, a cui si aggiungono gli obiettivi specifici di apprendimento del D.I. 7 ottobre 2010 n.211;

b) per gli Istituti Tecnici, l’Allegato A al D.P.R. n.89/2010 con i profili generali del settore economico e i profili generali del settore tecnologico, successivamente integrati dalla Direttiva n. 57/2010 per il primo biennio e dalla Direttiva n.4 del 2012 per il secondo biennio e quinto anno con la declinazione dei risultati di apprendimento.

c) per gli istituti professionali, l’ultima “Revisione dei percorsi degli Istituti Professionali” con l’Allegato A del D.lgs. 61/2017, con il D.I n.92/2018 e le Linee Guida DM n.766/2019.

Far emergere i traguardi di competenza di EC già presenti nei profili vigenti

Dall’esame comparato è possibile rilevare che gli undici traguardi di competenza dell’Allegato B e le 14 competenze dell’Allegato C, attribuiti all’insegnamento dell’EC, sono in realtà già presenti nei profili generali e specifici di ogni ordine e indirizzo di scuola: si tratta di farli emergere e di assegnarli strategicamente a una o più discipline (al di là della disciplina elettiva per eccellenza come diritto non sempre presente nei curricoli) o ad un asse disciplinare che funga da riferimento per tutti.

Quello che appariva un ulteriore carico programmatico (con riferimento ai contenuti e agli obiettivi dell’art.3 della legge 92/2019) svolge in realtà una notevole funzione integrativa attraverso lo sviluppo della competenza chiave di cittadinanza e si esalta nella competenza sociale e civica[5], intesa come competenza di base.

Dalla Comparazione si evidenzia come i traguardi di competenza del Profilo di Educazione civica siano dei facilitatori di una vera e propria emersione del rapporto tra valori, saperi e azioni, cioè di un uso più consapevole del curricolo disciplinare per la formazione delle competenze stesse. Si tratta di un modello che prima di tutto mette in crisi una visione separata e settoriale delle discipline oggetto di insegnamento. Il quadro concettuale dello sviluppo sostenibile contiene il nucleo della trasversalità a cui potersi ispirare.

La trasversalità dell’insegnamento tout court è dunque una chiave importante per la formazione di competenze: trasversalità richiama incrocio, attraversamento, passaggio che, in sintesi, potremmo dire, richiama la prefigurazione del nuovo e del cambiamento desiderabile e possibile da costruire con comportamenti concreti. Non a caso la valutazione del comportamento è centrata sulla competenza di cittadinanza.

Un’ipotesi di lavoro per arrivare alla scrittura del curricolo di EC

L’ipotesi che si suggerisce, parte da alcune osservazioni sui punti di forza dell’insegnamento trasversale dell’EC, già messi in luce, che necessariamente investono anche il piano organizzativo e la funzionalità degli organismi collegiali. In questo caso corroborare la centralità dei Consigli di classe può essere particolarmente utile in una fase sperimentale come quella che prende avvio in questo anno scolastico e che si dice alla ricerca di buone pratiche.

Compiti dei Dipartimenti del Collegio

1. Integrano il Profilo Culturale Educativo e Professionale dello specifico corso di studi con i 14 obiettivi/risultati di apprendimento e/o traguardi specifici dell’insegnamento di EC, questi ultimi raggruppati nei tre contenitori Costituzione, Agenda 2030 e sostenibilità, cittadinanza digitale.

2. Selezionano, per confronto, le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti della sesta competenza chiave della Raccomandazione del Consiglio 22 Maggio 2018[6], “competenza in materia di cittadinanza”.

3. Traducono i 14 obiettivi dell’Allegato C in evidenze comportamentali su cui costruire rubriche di valutazione pertinenti alle competenze specifiche di Educazione civica.

4. Costruiscono il riferimento puntuale agli obiettivi specifici/risultati di apprendimento con cui le discipline realizzano nello sviluppo progettuale delle conoscenze e abilità sia obiettivi e competenze disciplinari sia traguardi (competenze) di EC in funzione dei comportamenti selezionati.

5. Individuano così le discipline elettive e quelle complementari.

Compiti dei Consigli di classe

1. Individuano nella progettazione didattica annuale delle discipline il percorso o i percorsi da attuare, per la formazione delle competenze disciplinari in precedenza individuate e collegate a quelle di EC, definendone il corpo di conoscenze e di abilità, le modalità di verifica e valutazione.

2. Ricompongono in una Unità di apprendimento interdisciplinare o pluridisciplinare il nodo problematico della vita sociale, politica, economica che può essere interpretato alla luce di quanto appreso.

3. Predispongono compiti di realtà per la valutazione autentica della competenza raggiunta.

In questo caso, la sperimentazione poggerebbe prevalentemente sulle scelte dei Consigli di classe, abituati a declinare annualmente lo sviluppo delle competenze nelle programmazioni disciplinari e/o per competenze trasversali.

Le didattiche orientative per lo sviluppo della persona

I contenuti/nuclei tematici di Educazione civica, se condivisi in questa sede, trovano una più rapida collocazione all’interno del campo disciplinare elettivo e una più rapida consonanza con le discipline complementari. Per la scuola secondaria superiore potrebbe diventare, inoltre, un’occasione importante per valorizzare una collegialità che, se pur non strutturata come coordinamento didattico al pari della scuola primaria, è un elemento qualificante e fondativo della stessa sperimentazione.

Altri elementi qualificanti e unificanti dell’azione così impostata si possono rintracciare nella messa a sistema delle didattiche orientative allo sviluppo della persona e nell’implementazione dei campi di osservazione dei comportamenti degli studenti: dalla governance condivisa della scuola, ai Percorsi per le Competenze Trasversali e l’orientamento, ai progetti di Service Learning. Il risultato potrebbe essere uno sguardo aumentato degli insegnanti su quello che lo studente sa fare con ciò che sa.

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[1] Cfr. Dizionario Treccani

[2] Cfr. Dizionario di Filosofia, N.Abbagnano, UTET, 1971

[3] È il Premio Nobel per l’Economia Amartya Sen a introdurre gli indicatori per lo sviluppo economico sostenibile, spesso utilizzati per le iniziative di Banca Etica.

[4] il presidente del Consiglio G. Conte lo ha dichiarato nella Conferenza stampa dell’8 ottobre 2020, tenuta in occasione del Festival dello Sviluppo Sostenibile.

[5] Cfr. OECD (OCSE) Learning Framework 2030.

[6] Ibidem.