Apocalittici o integrati?
Nelle prime settimane di Marzo non ho mai ricevuto tante richieste di giornali locali per delle interviste. La didattica a distanza sembrava essere la scoperta più sensazionale del mondo, un vaccino reale al lockdown delle scuole. Effettivamente i docenti hanno conosciuto una full immersion di digitale reagendo alle difficoltà oggettive in modo veloce e inatteso, così come alunni e famiglie, nonostante le difficoltà di connessione e di digital divide. Una accelerazione senza precedenti che aveva diffuso un forte ottimismo generale che gradualmente, mese dopo mese, si è smorzato. A Maggio si parlava di didattica a distanza in termini catastrofici, apocalittici, quasi ai limiti della sopportazione umana. Il clima è cambiato con velocità impensabile, modificando (e distorcendo) la percezione di quello che è stato fatto dalle scuole. Oggi, nella sacrosanta volontà di aprire (e tenere aperte) le scuole, non si vuole quasi prendere in considerazione una ulteriore esperienza come quella passata, anche alla luce delle indicazioni ministeriali dedicate alla didattica digitale integrata.
Facciamoci alcune domande
Poniamoci tre domande, alla luce di tutto ciò:
Cosa abbiamo imparato in questi mesi di lockdown dal punto di vista didattico?
Cosa dobbiamo ancora imparare?
Cosa possiamo fare in questo anno scolastico appena nato?
Proviamo a dare qualche risposta.
Cosa abbiamo imparato dalla DAD?
In questi mesi di lockdown abbiamo imparato innanzitutto che la scuola è tanta relazione e non semplicemente una trasmissione di contenuti. Ce ne siamo accorti finalmente, proprio nel momento in cui questa relazione si è dovuta necessariamente trasformare in relazione a distanza. Abbiamo anche imparato che le piattaforme sono ambienti interattivi, in cui possiamo strutturare attività e contenuti in modo studiato, individualizzato, graduale. Non funziona fare a distanza la lezione frontale che facciamo normalmente in classe, perché è noiosa e ridondante. Abbiamo però anche imparato che gli alunni più fragili, a meno che non siano “catturati” dall’accessibilità e dalla forza motivazionale del digitale e della rete (è capitato e capita!), sono quelli più a rischio sia in termini di apprendimenti che di frequentazione delle attività proposte. La lontananza non aiuta e chi era già debole normalmente faticava ancora di più in tempi di DAD. Quindi, se l’ambiente digitale è una estensione di uno spazio e di un tempo, dipende molto da come lo popoliamo, con quali strategie didattiche lo rendiamo vivo motivando gli alunni, tutti, all’apprendimento.
Che cosa dobbiamo ancora imparare?
Veniamo alla seconda domanda: cosa dobbiamo ancora imparare? Sarò un pazzo, ma non credo che le difficoltà siano nel mezzo tecnologico. Come sempre, le difficoltà sono nella metodologia didattica. Dobbiamo imparare a costruire unità di apprendimento più vicine al modello e-learning, più chiare e con le attività ben specificate. Questo ci può portare a strutturare i materiali e ad avanzare le proposte in modo pianificato, potendo contemporaneamente lavorare in classe e a casa sul/con il digitale. Non in ottica di sostituzione ma in ottica di integrazione. Il digitale non “al posto di”, ma il digitale come estensione dell’aula e del tempo di lavoro, come strumento di creazione e costruzione, di collaborazione. Ecco allora che assume più valenza didattica un’attività di costruzione e di sviluppo di una pista data, ed eventualmente di discussione e confronto, piuttosto che una lezione di stampo trasmissivo (un testo di scrittura creativa? Un oggetto di uso quotidiano da seguire nella storia? delle statistiche da elaborare dopo un sondaggio od una osservazione di open data? Un ebook di fumetti in latino? Un itinerario turistico con google my maps? La costruzione di podcast o siti tematici? La creazione di quiz interattivi fra gruppi di alunni per delle sfide?).
Non abbandoniamo le piattaforme
Avremo un anno scolastico costellato da classi falcidiate, con le percentuali di assenze molto più rilevanti rispetto agli anni scorsi. Dovremo quindi avvicinare le attività didattiche in classe con gli alunni a casa, cercando di supportarli perché non perdano il ritmo e il lavoro.
Non è il caso quindi di abbandonare le piattaforme didattiche e tenerle solo in caso di lockdown, come si sente già in alcuni collegi docenti. Piuttosto è il caso di continuare ad usarle in modo strutturale e diffuso come strumenti di collaborazione; ma proprio nell’ottica di questa necessità, è opportuno progettare in modo molto pragmatico e coerente le attività rendendole intuibili sia nel lavoro in classe che a casa a chiunque le abbia. Questo sforzo potrebbe rivelarsi un ottimo esercizio per noi docenti nell’imparare a programmare in modo più chiaro e operativo e non generico e fumoso (come talvolta facciamo), tenendo ben presente l’integrazione fra classe e distanza.
Il bello della diretta?
Soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado si sta sperimentando la possibilità di “dirette” dalla classe, con conseguente necessità di buonissima connessione e di strumenti adeguati. Questa soluzione permette ad alcuni istituti di dividere le classi e di tenerle connesse al docente de visu o in rete. Tecnicamente, dove la connettività è adeguata, non è una possibilità da scartare, anche se pensare a cinque o sei ore di lezione frontale online è una sfida che riterrei ai limiti della sopportazione umana. Meglio anche nel secondo ciclo cercare di alternare sincrono e asincrono, sfruttando una delle principali potenzialità delle piattaforme, quella di poter lavorare in tempi diversi e individualizzati.
Che fare? Un approccio pragmatico al digitale
Cosa possiamo fare, dunque, in questo anno scolastico appena nato?
Come prima cosa, fare tesoro di tutto quello che abbiamo imparato durante il lockdown, compresa la consapevolezza dell’importanza del viso, delle espressioni, delle relazioni, dell’umanità. Certamente, anche delle competenze digitali acquisite e rinforzate, così come della resilienza che ci sarà richiesta in un anno scolastico così particolare. In generale, impariamo ad assumere un approccio pragmatico verso il digitale, riconoscendo la sua valenza come strumento di lavoro e di collaborazione sempre più indispensabile ed efficace soprattutto se utilizzato consapevolmente in un ambiente di apprendimento pensato e adeguatamente predisposto. Sarà la volta buona che lasceremo il curriculum nascosto a cui inconsapevolmente spesso ci aggrappiamo e ci apriremo davvero con più determinazione alle competenze digitali non prese nella loro singolarità ma innestate in quelle delle varie discipline? Questa potrebbe essere una delle sfide da vincere in questo anno scolastico.