Sospensione o cambiamento della didattica?
Il 24 febbraio la scuola si è fermata improvvisamente nel suo incedere quotidiano e centenario ed è entrata in una dimensione inesplorata. Con grandi difficoltà e non meno grande inventiva ha portato a termine un anno scolastico dove l’emergenza si è sposata con l’innovazione, ottenendo un risultato ottimo e perciò inatteso. Alcune pratiche didattiche e valutative fortemente innovative (ad esempio: Didattica a Distanza, Esami di stato conclusivi) hanno mostrato inequivocabilmente come erano vecchie alcune procedure storiche della scuola italiana, anche se nell’idea collettiva quello che è successo rimane una sospensione e non un cambiamento. Il 14 settembre è stato invece fissato dal Governo per il ritorno a scuola, però a Bolzano hanno deciso per il 7, in Friuli Venezia Giulia per il 16, in Sardegna il 22, in alcune Regioni del Sud Italia il 24 (Basilicata, Puglia, Calabria, Campania, Molise). La metafora dell’Italia diversa che finge di essere uguale sta proprio tutta qui.
Nessun dorma…
Tra la fine delle scuole e il nuovo inizio ci si è trovati a dovere quotidianamente controllare e analizzare nuove norme, nuovi indirizzi, nuovi consigli, nuove imposizioni. Lo Stato ha deciso, una volta di più, di agire in ordine sparso e l’elemento più significativo di questo ordine sparso sono le Linee guida 0-6 che mettono in contraddizione tra loro alcune indicazioni tra la versione del CTS e quella del Ministero. Così, con questo incedere incessante e quotidiano di documenti corposi, nuovi, difficili da leggere e complessi da applicare, soprattutto i dirigenti scolastici si sono trovati durante il periodo estivo dentro il dubbio se riposare per ricaricarsi o stare dietro a tutto anche a luglio e agosto, decidendo a luglio cose che poi a settembre hanno dovuto modificare. Anche perché sono arrivati monitoraggi anche a Ferragosto o poco prima e, dunque, “nessun dorma”.
Tutto a tutti, tuttamente
Se il dirigente scolastico non riposa e se gli insegnanti sono motivati ma impauriti tutto questo lo si deve alla percezione collettiva che ogni soggetto decisionale intenda emanare provvedimenti che tutelino in primo luogo se stesso e che, nell’applicazione pratica, collidono con altre procedure preesistenti e non modificate o sospese. Il problema principale sta nella Grande Illusione che “tutti possano fare tutto, allo stesso modo, tutti insieme, tutti nello stesso posto”. Davanti ad una simile catastrofe mondiale ero certo che la prima cosa che si sarebbe fatta sarebbe stata quella di sospendere, almeno fino alla fine dell’emergenza, alcune norme o contratti che vanno a collidere contro la necessità di tutelare contemporaneamente la salute, l’apprendimento, la crescita degli studenti, la famiglia, i lavoratori, la società. Ci sono nel nostro sistema scolastico alcuni elementi di obsolescenza così marcati, che dentro un’emergenza pandemica fanno da freno ad una scuola che invece avrebbe dovuto essere messa nelle condizioni di affrontare con forza e innovazione l’emergenza.
Affrontare l’emergenza, innovando
La lista è lunga, ma è così macroscopica che anche i soli titoli danno l’idea del problema:
- i 200 giorni di scuola obbligatori e le 891 o 990 ore complessive obbligatorie andavano sospese perché si doveva permettere alle scuole di organizzarsi come era loro possibile fare;
- l’idea che i quadri orari disciplinari complessivi dovessero rimanere tali collide contro l’impossibilità di avere sempre tutti a scuola;
- le norme sulle chiamate dei supplenti anche annuali andavano derogate per arrivare ad un sistema snello e che garantisse le presenze degli insegnanti a scuola non i diritti di chi può paralizzare una scuola non dando una risposta immediata alla chiamata;
- i supporti esterni alla scuola attraverso educatori, animatori, anche semplici sorveglianti dovevano essere messi a regime quest’estate per permettere una didattica tra studenti distanziati realmente e possibilità di lavorare in classi con meno alunni, supportate da soggetti anche estremi ma dentro un sistema integrato di istruzione.
I paradossi dell’emergenza
Invece si è scelta ancora una volta la strada del tutti insieme a fare tutti le stesse cose nello stesso momento. Se tutte le scuole d’Italia danno le mascherine ogni giorno a tutti gli alunni e a tutti i docenti o creano assembramenti evidenti e massicci o ci mettono due ore per giornata. I banchi doppi possono mantenere il distanziamento, basta posizionare gli studenti a un metro tra loro obliquamente. I banchi con le rotelle collidono con il metro di distanza statica, perché se il banco si può muovere la distanza magari muta. La norma sulla capienza all’80% dei mezzi pubblici va contro tutte le norme del distanziamento a scuola.
Dalla didattica della normalità a quella della scoperta
Nell’intervista concessa dal Maestro (anche se lui vorrebbe farsi chiamare “scolaro saggio”) Franco Lorenzoni a Walter Veltroni (Corriere della sera del 13 settembre) c’è una frase che riassume perfettamente il problema: “Mi fa disperare la scuola che rende tutto uguale: fai geografia, musica o scienze e tutto è sempre uguale, leggere o ascoltare, mandare a mente, ripetere in una interrogazione o verifica. Se non si dà voce alle diverse opinioni di chi impara perdiamo la radice più feconda della motivazione allo studio che è sforzo, fatica, ma anche gioia della scoperta di connessioni inattese”.
Procedure fantasmagoriche spesso inapplicabili
In un mondo che cambia e dopo un periodo drammatico ci troviamo di fronte a edifici diversi che dovrebbero essere utilizzati nello stesso modo, a procedure fantasmagoriche inapplicabili in gran parte delle scuole, a conflitti interpretativi che nessuno interpreta. Su tutto questo per i dirigenti scolastici si stende la Nota del 20 agosto del Direttore Generale Marco Bruschi che dice: ci sono “ingiustificati timori in merito alla responsabilità dei dirigenti scolastici in materia di sicurezza specifica in ordine all’emergenza epidemiologica”, perché è sufficiente che il dirigente scolastico applichi “protocolli stipulati dal Governo e organizzazioni sindacali, nonché protocolli e linee guida adottati per lo specifico delle istituzioni scolastiche” che non gli succederà niente. Che è come dire agli studenti: nessuno rischia la bocciatura, basta che sappia a menadito i programmi di tutte le materie. Perché i protocolli e le linee guida assommano a migliaia di pagine, che spesso collidono tra loro e che lasciano aperti molti assurdi varchi. E quindi è più facile che lo studente sappia perfettamente tutti i programmi di tutte le materie che un dirigente scolastico sia in grado di applicare tutte le norme e tutte le linee guida. Tutti a casa con raffreddore, tosse e febbricola: e poi come si inquadra tutto questo per i lavoratori? Certificato medico anche per il raffreddore? Lavoratori fragili protetti: e poi chi si manda in classe soprattutto nel primo ciclo.
L’autonomia ci salverà
La Grande Illusione è quella di poter governare un sistema in maniera centralistica, ma senza parole certe, salvo rimandare all’autonomia quando non si sa cosa dire. Per questo l’unico modo di andare avanti sarà solo attraverso il modello che ogni scuola nella sua autonomia saprà produrre. Diversificando in base alle esigenze non alle circolari del Ministero e capendo le esigenze dei ragazzi, dei docenti e delle famiglie, non in forma generica, ma nello specifico di ogni scuola. Quello che stiamo vivendo a scuola aveva bisogno che venissero tolti tanti lacci burocratici e venissero sospese leggi e contratti già obsoleti prima del 22 febbraio. Si è scelta la strada opposta, quella che non fa riposare mai, perché se gli occhi non sono bene aperti si finisce nei guai.