1. Allora, il Comitato di Esperti ha concluso i propri lavori consegnando (il 13 luglio u.s.) un corposo Rapporto tecnico al Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, che aveva istituito il gruppo ponendo specifici quesiti alla Commissione. Qual era il “mandato” ricevuto dal Ministro?
Sì, i lavori si sono conclusi con 18 giorni di anticipo rispetto alla scadenza del mandato, prevista per il 31 luglio, con la consegna del Rapporto finale proprio il 13 luglio. Nel decreto (21 aprile 2020, n. 203) che aveva istituito il “Comitato degli esperti”, coordinato dal prof. Patrizio Bianchi, si chiedeva “di formulare idee e proposte per lo sviluppo del sistema nazionale di istruzione e formazione, in considerazione delle esigenze di contenimento e prevenzione della diffusione del virus Covid-19”. In modo particolare sei erano i punti di attenzione “1. l’avvio del prossimo anno scolastico, tenendo conto della situazione di emergenza epidemiologica attualmente esistente; 2. l’edilizia scolastica, con riferimento anche a nuove soluzioni in tema di logistica; 3. l’innovazione digitale, anche al fine di rafforzare contenuti e modalità di utilizzo delle nuove metodologie di didattica a distanza; 4. la formazione iniziale e il reclutamento del personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado, con riferimento alla previsione di nuovi modelli di formazione e selezione; 5. il consolidamento e lo sviluppo della rete dei servizi di educazione e di istruzione a favore dei bambini dalla nascita sino a sei anni; 6. il rilancio della qualità del servizio scolastico nell’attuale contingenza emergenziale”.
2. Come avete cercato di farvi fronte?
Noi abbiamo cercato, nel primo mese di lavoro, di affrontare le principali questioni attinenti al riavvio dell’anno scolastico e abbiamo presentato un Rapporto intermedio il 27 maggio. Le proposte sono scaturite anche dall’ascolto di un gran numero di testimoni privilegiati (associazioni dirigenti, insegnanti, famiglie, studenti, disabili, università, enti di ricerca, imprenditori e altri soggetti) e dalla consultazione di vari documenti nazionali ma anche europei ed internazionali. In questo primo Rapporto avevamo già individuato alcune leve strategiche fondamentali per la ripartenza considerando tre fasi: una emergenziale in cui si proponevano azioni concrete per giungere alla riapertura a settembre, tenendo conto delle restrizioni sanitarie necessarie per evitare un ritorno pandemico; una fase di recupero e riassetto delle istituzioni scolastiche, delle loro risorse umane ed ambientali; una fase di progettazione-attuazione di un piano a lungo periodo da finanziare con i fondi europei 2021-2027. Di fatto, l’ultimo aspetto lo abbiamo però affrontato più dettagliatamente nel Rapporto finale.
3. In particolare, su quali leve strategiche avete puntato per la ripartenza?
Considerando i dati pandemici di fine maggio, cioè del periodo in cui abbiamo consegnato il Rapporto intermedio, la priorità assoluta era quella di adattare il numero di alunni in relazione agli spazi disponibili e ai distanziamenti previsti dalla Sanità. Se del caso, si suggeriva anche di ridurre l’orario annuale obbligatorio, ma non oltre il 20%, integrandolo, però, con altre iniziative artistiche, museali, sportive, ecologiche… da attuarsi attraverso accordi sociali e più specificatamente, attraverso patti educativi di comunità. Era stato ipotizzato un incremento del 10/15% dell’organico per il personale docente, per i collaboratori scolastici e gli assistenti tecnici, soprattutto per la scuola del primo ciclo e per l’infanzia. Per garantire una maggiore continuità didattica, si suggeriva di superare la “deroga” per i posti di sostegno agli studenti con disabilità, ma anche di accelerare le procedure concorsuali prevedendo l’esonero dal servizio per il personale della scuola chiamato a far parte delle commissioni di concorso.
Avevamo proposto inoltre il ricorso, in termini volontari, ad ore aggiuntive per i docenti. Nel Rapporto si suggeriva, però, che qualsiasi ipotesi di modifica dei vincoli contrattuali dovesse essere condivisa con le Organizzazioni sindacali anche nell’ambito del rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro, scaduto il 31 dicembre 2018.
4. Avete tenuto conto che i dirigenti scolastici sono molto preoccupati considerando le loro aumentate responsabilità che possono concretizzarsi sotto il profilo penalistico e civilistico, anche in ordine alle prescrizioni del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81?
Nel Rapporto intermedio era stato messo in evidenza la necessità di un intervento normativo primario volto a circoscrivere il perimetro di responsabilità dei dirigenti e del personale scolastico nel momento della riapertura delle scuole. La proposta era quella di introdurre una parziale esimente, limitata alla durata del periodo di emergenza sanitaria pandemica, in modo tale da considerare punibile, in sede di eventuale commissione di illeciti, esclusivamente il dolo e la colpa grave. Tale proposta ha poi avuto riscontro del decreto legge “Semplificazioni” (16 luglio 2020, n. 76).
5. E per l’edilizia scolastica?
Nello stesso decreto “Semplificazioni” si trovano anche alcune risposte alla nostra richiesta di accelerare i tempi per realizzare in maniera utile interventi di edilizia scolastica, elaborando una sorta di anagrafe di edilizia emergenziale presso ciascuna regione (o, comunque, presso ciascuna area territoriale) per adeguare gli edifici e gli spazi non solo agli standard sanitari, ma soprattutto alle nuove esigenze didattiche ed educative. Si suggeriva di individuare un responsabile unico, a livello regionale, di monitorare gli interventi di adeguamento da realizzare con urgenza presso ciascuna istituzione. Si suggeriva, soprattutto, di eliminare o semplificare i vincoli procedurali per tutti i lavori nel periodo di crisi e, dove si rendesse necessario, di elevare anche la quota sottosoglia per l’affidamento diretto. Sempre nell’ottica della semplificazione sono state date alcune indicazioni per un procurement facilitato (acquisti di beni e servizi, device tecnologici, connettività, apparecchiature necessarie…) che oggi sembra affidato in linea di massimo al commissario Arcuri.
6. Come è noto, ci sono scuole sottodimensionate che non possono far riferimento ad un dirigente e ad un direttore dei servizi amministrativi. Avete previsto qualche soluzione?
Sappiamo che in condizioni di normalità la mancanza di un dirigente scolastico e di un DSGA rappresenta già un problema reale per le scuole, ancor più nell’attuale situazione pandemica. Avevamo suggerito nel rapporto intermedio di sanare questa situazione facendo in modo che in ogni scuola del territorio fossero presenti entrambe le figure. Si proponeva di rivedere con urgenza la disciplina del dimensionamento della rete scolastica, magari utilizzando gli stessi “parametri”, ma con riferimento alla popolazione scolastica del territorio regionale, anziché alla singola scuola. Ciò potrebbe consentire anche alle Istituzioni scolastiche sottodimensionate di poter contare sulla presenza di un Dirigente scolastico e di un DSGA. Una situazione analoga, seppure non per le stesse ragioni, è quella di alcune istituzioni con dirigenti assegnati, ma di fatto non presenti perché utilizzati in altri incarichi (politici, sindacali…). Anche in questo caso sarebbero opportuni provvedimenti speciali ad evitare che tali scuole siano destinate a continue reggenze.
7. Nel frattempo le “cose” sono andate avanti: il Comitato Tecnico Scientifico (Sanità) ha elaborato propri documenti resi pubblici (28 maggio e 22 giugno) e preannuncia un terzo pronunciamento per fine agosto; il Ministero ha fatto uscire il proprio Piano Scuola 2020-2021 (con decreto il 26 giugno); sono in corso trattative con i sindacati per il “protocollo di sicurezza” per i lavoratori della scuola. La task force per eccellenza (quella presieduta dal manager Colao) ha a sua volta reso pubbliche 101 schede operative che spaziano, in qualche caso, anche sul versante della formazione. Come vi siete rapportati con queste diverse “istanze” tecniche, e qual è il posizionamento della vostra Commissione (e dei suoi documenti) nel dibattito che si è aperto per la “ripartenza” della scuola a settembre?
A dire il vero, durante la prima fase del nostro lavoro noi ci siamo preoccupati soprattutto di raccogliere le sollecitazioni da parte di tutti i soggetti, direttamente e indirettamente interessati, volte a dare suggerimenti per garantire la riapertura delle nostre scuole. Abbiamo tenuto presente le situazioni di particolare fragilità partendo dall’obiettivo di dover in primo luogo compensare i “debiti”, contratti dalla scuola nei mesi di sospensione, nei confronti degli studenti garantendo loro il diritto ad avere una formazione di qualità. Lo abbiamo fatto attraverso 50 audizioni alle quali hanno partecipato tutti i componenti del Comitato degli esperti. In realtà, non ci sono stati confronti formali con le altre commissioni: è stato il prof. Bianchi, in qualità di coordinatore, a curare direttamente una serie di rapporti con gli enti locali, con i rettorati, con alcuni componenti della commissione Colao (nelle figure di Giovannini, Cingolani…). Il collegamento con il Comitato tecnico scientifico è stato tenuto dal dott. Alberto Villani, componente sia del nostro Comitato sia del CTS, e dalla dott.ssa Flavia Riccardo ricercatrice presso l’Istituto Superiore della Sanità. Va precisato che, dopo la presentazione del Rapporto intermedio, ci è stato chiesto di non occuparci più dei problemi relativi alla riapertura, ma di individuare “idee e proposte per una scuola che guarda al futuro”.
8. Mi sembra di capire, quindi, che il secondo contributo della Commissione sia proiettato verso una prospettiva di medio periodo di 5-10 anni. Quali sono le idee portanti di un progetto di scuola che dovrebbe aiutare il sistema scolastico italiano non solo a superare la fase dell’emergenza, ma a orientare lo sviluppo per i prossimi anni? Quali leve su cui agire: l’investimento su strutture e tecnologie? La modifica di leggi e ordinamenti? L’incremento di risorse? L’apertura al territorio? Immagino tutti questi aspetti… ma qual è il peso di ciascuno e quali sono le priorità?
Sì, è così. Noi ci siamo orientati non discostandoci troppo dal mandato del Ministro. Al primo punto abbiamo risposto con il Rapporto intermedio, agli altri cinque con il Rapporto finale. Per questo il Comitato ha continuato a sentire in audizione le voci di molti protagonisti tra studenti, famiglie, associazioni e rappresentanti delle amministrazioni. Tutte le audizioni e i principali contributi ricevuti sono indicati in due allegati del rapporto finale.
Ci siamo preoccupati di pensare ad una scuola inclusiva che si faccia carico delle fragilità (dei luoghi e delle persone). Qui un ruolo decisivo possono assumere le alleanze territoriali attraverso lo strumento dei “Patti educativi di comunità”. Saranno necessarie per il futuro nuove risorse che possono essere già individuate in un progetto organico sui nuovi Fondi comunitari di cui potrà godere l’Italia nei prossimi anni.
Abbiamo messo in evidenza le caratteristiche di una scuola che prepari alle nuove competenze del XXI secolo. Oggi, per crescere come persone e come cittadini, è necessario comprendere e fronteggiare i cambiamenti continui, ma anche essere in grado di affrontare l’incertezza, di generare innovazione, di contrastare l’esclusione. Per questo bisogna puntare sulla capacità di utilizzare in modo consapevole e critico i nuovi strumenti di comunicazione e di analisi. Da qui l’importanza di dedicare risorse per la formazione e per lo sviluppo delle competenze digitali.
Nei processi di essenzializzazione dei curricoli, che si renderanno necessari già a partire dal prossimo anno, bisogna enfatizzare la cultura scientifica seppure in stretto rapporto con la cultura umanistica e con le tecnologie digitali. È importante prestare maggiore attenzione alla continuità educativa tra i vari ordini di scuola con particolare riferimento alla fascia 0-6 e rilanciare un dibattito allargato sulla riforma complessiva dei cicli scolastici.
L’“autonomia responsabile e solidale” è intesa come una leva per poter aprire la scuola al territorio. I “Patti educativi di comunità” possono diventare uno degli strumenti chiave in tale direzione. Ma non bastano. È necessario un riequilibrio delle opportunità rispetto ai diritti. Per esempio è importante garantire standard di servizio soprattutto per le aree più fragili del Paese, a partire dai previsti, ma non ancora attuati “livelli essenziali delle prestazione” (LEP).
9. Ma tra le priorità avete previsto anche la valorizzazione del personale?
Noi abbiamo considerato la valorizzazione del personale della scuola come condizione di base per migliorare gli apprendimenti degli studenti. Per questo abbiamo sollecitato un forte investimento nella formazione del personale della scuola, a partire dagli insegnanti, la cui funzione deve diventare socialmente più “attrattiva”. Bisogna migliorare la formazione iniziale superando gli schemi ereditati dal passato; instaurare un collegamento più forte con i meccanismi di reclutamento e di selezione, prevedendo il fabbisogno professionale, presente e futuro; promuovere la ricerca educativa come garanzia di qualità attraverso azioni sistematiche di accompagnamento lungo tutto il ciclo di vita lavorativa; incentivare l’adozione di strumenti professionali quali, per esempio, i bilanci di competenze e i patti per lo sviluppo professionale continuo; ma anche incominciare a riconoscere ai docenti il tempo dell’impegno, le responsabilità assunte e la qualità della didattica.
10. Ci puoi anticipare alcune idee fortemente innovative che hanno trovato posto nel Rapporto finale? Ma poi, come farete ad acquisire un consenso su queste idee, non solo dai decisori politici (e questo nella storia della scuola italiana è già un grande problema) ma anche tra il “popolo della scuola” (e questo è un ulteriore nodo quasi inestricabile). Sembra non decolla un dibattito pubblico sul futuro della scuola, nonostante questo venga richiesto da più parti (ad esempio dalle pagine del Corriere della Sera).
Non so se le idee proposte sono fortemente innovative. A volte sono i piccoli cambiamenti che creano innovazione reale e, molto spesso, è il tempo che lo decide. Per esempio a me piace l’idea di superare l’aula come spazio chiuso ed obbligato, per una didattica più personalizzata. Ciò comporta un impegno di lungo periodo a partire dalla messa in sicurezza del patrimonio edilizio scolastico attuale. La didattica dei nostri tempi deve poter garantire percorsi di apprendimento che permettano a tutti gli alunni di raggiungere gli stessi traguardi formativi, anche se le situazioni di partenza sono differenti. Per la trasformazione degli “ambienti di apprendimento” e delle loro architetture, nel Rapporto si propone un apposito “Piano nazionale di architettura scolastica” come intervento su ampia scala e su base poliennale, ispirato ai criteri di sostenibilità ambientale, sicurezza igienico/sanitaria e flessibilità didattica.
Le idee non mancano, ma perché siano portate a buon fine è necessario che ci sia una forte intenzionalità politica accompagnata dalla capacità di gestire i cambiamenti. Oggi si parla di scuola solo perché è messa in crisi dalla pandemia non perché l’educazione sia considerata veramente il bene più prezioso della Nazione. In teoria, tutti riconoscono che le scelte per la scuola sono le scelte per il Paese, ma poi i comportamenti reali non sono mai conseguenti.
11. Il personale della scuola, in primis i docenti, ma tutte le figure che in essa operano, sono la leva fondamentale di ogni processo di innovazione. Abbiamo visto in questi mesi grandi slanci di generosità tra i docenti (ma anche qualche polemica di troppo), un processo forse un po’ bricoleur di didattica in emergenza (la DAD). La ripartenza non sarà agevole. Non serve solo mettere in sicurezza allievi, insegnanti e genitori, ma è necessario far scoprire il “senso” della scuola in uno scenario modificato. Le proposte della commissione possono aiutare ad affrontare i nuovi scenari che si prospettano?
Certo, le proposte del Comitato possono aiutare a riscoprire i significati più veri del fare scuola e a prefigurare una scuola per il futuro. Il Rapporto può diventare uno dei tanti strumenti per far crescere un dibattito culturale. Questo è possibile se viene reso pubblico e se intorno alle proposte vengono costruiti momenti di discussione e di riflessione. Inoltre, anche se i due rapporti (intermedio e finale) costituiscono un documento di 151 pagine, in realtà non entrano nei dettagli operativi. Il come appartiene al mondo tecnico e amministrativo sulla base delle decisioni politiche. Ma un grande dibattito sulla scuola, “una nuova costituente”, potrebbe consentire di avviare una riflessione condivisa sulle criticità da affrontare e di definire piani di intervento in una strategia di largo respiro.
12. Abbiamo più volte sentito ripetere “nulla sarà più come prima”, “diventeremo migliori”, ci sarà un rinnovato spirito di collaborazione e di responsabilità (come nel dopoguerra). Ma questi valori sono presenti nella nostra società (al di là dei gesti “forti” del Presidente Mattarella…) e ancor più nella scuola? Potranno orientare la ripresa o si cercherà di riprodurre la normalità così com’era prima del virus? Detto in altre parole cambierà la scuola dopo questo choc? E in cosa cambierà?
Non so se diventeremo migliori, credo che abbiamo la responsabilità di migliorare le nostre competenze a prescindere dalla pandemia. Comunque l’esperienza che tutti abbiamo vissuto non sarà ininfluente. Per esempio, durante il periodo di sospensione delle attività in presenza, i docenti si sono trovati nelle condizioni di modificare velocemente l’approccio alla didattica. In molte situazioni si è creato un clima più collaborativo nell’adozione di nuovi strumenti tecnologici, ma contestualmente si sono evidenziate le differenze tra docente e docente, tra scuola e scuola. È necessario colmare questo gap valorizzando le esperienze, gli errori e le buone pratiche. Un’azione efficace di accompagnamento all’innovazione può solo partire dalle diverse situazioni e puntare ad incrementi anche piccoli ma costanti.
L’obiettivo non è quello di ritornare alla normalità, ma di cercare di utilizzare la pandemia come occasione e sfida per riprogettare ed attuare una scuola migliore partendo dai principi costituzionali e anche dai temi fondamentali dettati dall’ambizioso programma dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.