Ennio Morricone e Sergio Leone
Risuonano, ancora commosse, le parole del corale cordoglio per la scomparsa di Ennio Morricone, da Arpino – dove erano le sue origini, in provincia di Frosinone, ma nato a Roma – sino al jet set hollywoodiano. Molti articoli hanno ricordato l’amicizia con Sergio Leone. Alcuni giornali hanno pubblicato una foto del 1937, in terza elementare, grembiule, colletto immacolato, gran fiocco azzurro. Due compagni di classe. Ennio Morricone ha raccontato il loro incontro quasi 30 anni più tardi. Ennio Morricone: “Ma tu sei Leone delle elementari?” Sergio Leone: “Eri tu Morricone che venivi con me a viale Trastevere?” Si noti l’uso del cognome, tipicamente scolastico, a dispetto del falsa confidenza che oggi porta tutti a chiamare tutti per nome.
Pier Paolo Pasolini
Compagni di classe anche Carlo Verdone e Christian De Sica al liceo “Nazareno”; come forse qualcuno ricorderà, il titolo di un film di Verdone è Compagni di scuola (del 1988). Durante una trasmissione RAI nel lontano 1971, Terza B, facciamo l’appello, Enzo Biagi, formatosi sotto le due Torri nell’Istituto tecnico per ragionieri “Pier Crescenzi”, volle raccogliere in studio altri compagni di classe del liceo “Galvani”: Agostino Bignardi (segretario del PLI), Sergio Telmon (corrispondente RAI dagli Usa; il fratello Vittorio pedagogista della scuola di Giovanni Maria Bertin) e Pier Paolo Pasolini (suo compagno di banco Ermes Parini), la cui stella già splendeva, nel firmamento poetico critico e cinematografico, fulgida e umbratile. Telmon, in quella circostanza, osservò come per il film Decameron Pasolini avesse scelto proprio le novelle del Boccaccio proposte dal prof. Alberto Mocchino. En passant, due tra le principali riviste del secondo dopoguerra sono state il frutto di sodalizi nati tra i banchi di scuola. La redazione di “Officina” sorta nel 1955 con lo stesso PPP, Roberto Roversi e Francesco Leonetti studenti nel liceo di via Castiglione. Compagni di classe all’Istituto Leone XIII, la scuola milanese dei Gesuiti, Nanni Balestrini e Leo Paolazzi, futuro Antonio Porta, artefici della neoavanguardia, del gruppo ’63, nonché entrambi redattori de “il verri”, coinvolti da Luciano Anceschi, docente di Filosofia di Nanni Balestrini nel Liceo scientifico “Vittorio Veneto” di Milano prima di ottenere la cattedra di Estetica a Bologna.
Italo Calvino e Eugenio Scalfari
Un’altra importante compagna di scuola di PPP è stata Giovanna Bemporad; precocissima: a tredici anni aveva già tradotto l’Eneide, pare in trentasei notti. Ebrea, costretta in quegli anni, per via delle leggi razziali, a firmare con uno pseudonimo: Giovanna Bembo. Nello stesso ambiente liceale, l’amicizia tra Francesco Berti Arnoaldi Veli e Giuliano Benassi, entrambi partigiani: Giuliano ucciso dai nazisti in un campo di concentramento: Francesco gli ha dedicato un libro, Viaggio con l’amico, per i tipi di Sellerio, tradotto in Francia e in Germania. A proposito di letteratura e pubblicistica nel senso più ampio e ricco, giusto ricordare che compagni di banco sono stati Italo Calvino ed Eugenio Scalfari il quale ha così raccontato quel legame: «Arrivai al Liceo Cassini di Sanremo nel 1938, avevo 14 anni, lui 15. Fummo assegnati nel banco insieme e per due anni su tre condividemmo lo stesso posto. Presto si formò una specie di banda di una quindicina di ragazzi, che non era fatta dai primi della classe, ma dai più interessati a porsi domande. Ci incontravamo il pomeriggio in una sala di biliardo, c’era chi giocava, chi preparava i compiti, altri che chiacchieravano».
Il banco, uno dei fondamenti della scuola
Il banco come porto dal quale salpare verso il viaggio della vita, nel variare del tempo, a volte lento, a volte veloce, in relazione all’interesse per le discipline, scandito dal trillo della campanella. Un destino, che dapprima ti sceglie e che poi scegli tu. A suo modo, un fondamento della scuola, non quella dei codicilli ma della vita vissuta. Testimonianza di una certa idea di ordine e gerarchia, allineato per file parallele, orientate verso lo sguardo del docente, unico ed esclusivo depositario del sapere, chiamato a somministrarlo dall’alto. Esattamente il contrario di ciò che raccomanda Edgar Morin: teste ben fatte, non teste piene.
Crisi della cattedra, tenuta del banco
La cattedra è entrata in crisi da tempo. Altrettanto, dietro la cattedra, la lavagna di ardesia. Un autentico reperto archeologico, non privo di una sua malinconica dignità, alla quale nessuno più si avvicina per il comprensibile timore della polvere del gesso. Si sono aggiunte le LIM, ma, in non pochi casi, hanno fatto una fine analoga.
Quando c’era il calamaio
Il banco, invece, resiste. Un tempo, di legno, simbolo dell’Italia postunitaria animata dalla coscienza del riscatto da una lunga storia di subalternità e di analfabetismo. Il banco, sino a non troppi decenni fa – la superficie laccata di nero – dotato del calamaio, di un piccolo recipiente per l’inchiostro, mentre, di tanto in tanto, passava il bidello, non ancora collaborare scolastico, a versare col mestolo quel liquido denso e scintillante nel quale si poteva immergere il pennino facendolo scorrere sulla pagina come un pennello, per fermare le parole, evitando le sbavature, con la carta assorbente. Poi lo scrittoio inclinato unito ad una panca o ad un sedile fisso senza schienale. Infine il legno pressato, le gambe di metallo, la superficie plastificata, liscia, fredda, istoriata di ciò che può passare per la mente di un adolescente, tra speranze e delusioni.
Alle origini del banco
Quando è nato il banco? Ne La Scuola di Atene, prima decade del Cinquecento, affresco di Raffaello Sanzio, gli allievi sono disposti a cerchio in modo libero e vario: chi è seduto (pochi), chi sta in piedi (i più). Bisogna tornare nel silenzio operoso della cultura conventuale. O rivedere certe testimonianze dell’antico Studio felsineo, sorto nel 1088, per circa 240 anni, dal 1563, nell’Archiginnasio, poi, nel 1803, trasferito dove in gran parte tuttora è, nella zona universitaria intorno a via Zamboni. Ne L’arca di Giovanni da Legnano, il capolavoro scultoreo dei fratelli Dalle Masegne, gli alumni restituiscono le espressioni tipiche degli studenti di sempre, di allora come di oggi, tra svagatezza e perplessità, curiosità e noia.
Per occupare il minimo spazio
Il banco è innanzitutto un paradigma culturale, poi una soluzione pratica. Spiega la Treccani: per la “necessità di far sedere contemporaneamente un certo numero di scolari occupando il minimo di spazio”. Un lessico che rimanda a quello del Comitato tecnico scientifico. Il banco anche come luogo di costrizione, frutto di una mentalità concentrazionaria di istituzione totale. Aggiunge la Treccani: “Ragioni igieniche, pedagogiche, pratiche, consigliarono anzitutto la riduzione del banco a due soli posti”. Le norme sul banco furono approvate con decreto ministeriale il 4 maggio 1925. Il Covid-19, sempre per ragioni igieniche, ci sta portando verso un cambiamento.
Complicità
Stiamo parlando di scuola. La quale è casa di chi la abita, in primo luogo gli studenti. Ecco: al fuori di ogni fredda tassonomia, i compagni di scuola, di classe, di banco, sono coloro con cui si condivide il “pane” della merenda durante l’intervallo ma anche qualcosa di più intimo, che avvolge i compagni di banco in un’aura d’indissolubile complicità. Ora, tutto questo ci riconduce, forse meglio di tanti “documenti”, all’appuntamento che il Paese ha fissato con se stesso, in relazione all’inizio del nuovo a.s.
Anche questa è educazione
Così poco incline al rispetto delle scadenze e all’ordinata programmazione, questa volta il Paese deve dimostrare di saper rendere coerenti parole e fatti. Anche questa è educazione. Un modo per dare il buon esempio. Nonostante l’intrigo delle questioni, tiene banco il banco, al centro di ogni discussione, di ogni riflessione. La clessidra è rovesciata e scivolano via veloci i granelli di sabbia verso la fine di agosto. Mancano circa quaranta giorni al fatidico 1° settembre, un soffio, ma non si fa che parlare di lui, del banco.
Le regole
Canta Antonello Venditti in Compagno di Scuola:
Davanti alla scuola, tanta gente
Otto e venti, prima campana
“E spegni quella sigaretta”
E migliaia di gambe e di occhiali di corsa sulle scale.
Non sarà più così. Per la sigaretta non lo è più da tempo. Sono note le regole. Chiunque entri a scuola, sia docente, personale ATA o studente, non deve presentare sintomatologia respiratoria o febbre superiore a 37.5° C nei tre giorni precedenti. Non deve essere stato in quarantena o isolamento domiciliare negli ultimi 14 giorni. Non deve essere stato a contatto con persone positive, per quanto a sua conoscenza, negli ultimi 14 giorni. Il Comitato tecnico scientifico, in data 7 luglio,[1] ha sottolineato il rilievo della responsabilità genitoriale.Ciò nel segno di un rafforzamento di quell’insieme di precauzioni e buone pratiche necessarie al fine di favorire, in tutti i modi, la prevenzione.
“Rime buccali”
Proseguendo nelle regole, un metro di distanza tra gli studenti, ovvero tra le rime buccali, due metri tra studenti e la zona cattedra. Mascherine per gli spostamenti. E in tal modo dovrebbero trovar pace gli amletici dubbi sul metro statico o dinamico. Annunciata una campagna prima dell’inizio dell’a.s. di 2 milioni di test sierologici.
L’agrimensore kafkiano
Nel Castello di Frank Kafka, K. è un agrimensore (Landvermesser), colui che misura il terreno. Un’immagine che richiama quella del dirigente scolastico in questi giorni. Nell’estate dopo il Lockdown, in vista della riapertura alla didattica in presenza, i dirigenti sono catturati nella trama kafkiana. Nel senso dell’agrimensore chiamato a misurare non astrattamente, col metro, gli spazi a disposizione. Ma anche nel senso di chi è sottoposto qualcosa di sfuggente e lontano i cui messaggi comportano un incessante esercizio ermeneutico.
Il dirigente scolastico specialista del decathlon
In effetti, sono giorni delicati. Il dirigente scolastico agonisticamente impegnato in una specie di decathlon.
1. Verificare, aula per aula, planimetria per planimetria, le ipotesi di agibilità in presenza e in sicurezza dell’edificio scolastico; tenendo conto degli ingressi scaglionati ovvero della possibilità di più punti di accesso e di uscita, con corridoi predisposti secondo una duplice direzione di marcia, grazie ad un transennamento leggero o una segnaletica a terra.
2. Promuovere momenti di doverosa informazione alle famiglie e agli studenti, tanto meglio se attraverso un protocollo di intesa promosso dal Consiglio di Istituto, organo collegiale che raccoglie tutte le componenti della scuola; poi, la formazione a favore del personale ATA in ordine alle precauzioni da rispettare in presenza, dalle pulizie approfondite alla periodica aerazione delle aule.
3. Assicurarsi di avere a disposizione tutto il materiale necessario dal punto di vista dei DPI, i dispositivi di protezione individuale (mascherine, ma non solo).
4. Preparare l’Atto di indirizzo per il primo Collegio dei docenti, nonché le modifiche alla Direttiva di massima per il DSGA.
5. Disporre un Piano per i corsi integrativi previsti dall’O.M. 11 del 16 maggio 2020, dal 1° di settembre, mettendo insieme le aule secondo un preciso calendario, assegnando a ciascuna di esse i docenti e gli studenti coinvolti; attivare la procedura per la predisposizione del quadro orario perché il nuovo a.s. sia in grado di partire, in genere dal 14 settembre.
6. Impostare il Piano annuale delle attività e mobilitare il team sulla sicurezza formato oltre che dal DS insieme a RSPP, RLS e MC.
7. Sorvegliare l’organico dell’autonomia, tra quello di diritto a quello di fatto. Se c’è un’osservazione di merito è questa: il sistema scolastico – MI, USR, UST, DS, ciascuno per la sua parte – sta lavorando su un organico pre-Covid, ma a maggio, in fase di organico di diritto, il Covid-19 c’era già da tre mesi. Non quello di fatto, ma quello di diritto avrebbe dovuto essere impostato con piena coscienza dei problemi nuovi e diversi, a partire dal potenziamento. Non è stato così.
8. Concordare con il presidente del Consiglio di Istituto, per l’ultima settimana di agosto, un incontro del Consiglio per restituire il kit per la ripartenza, prendendo atto che nel prossimo a.s., per salvaguardare il monte-ore annuale previsto dal DPR 122 del 22 giugno 2009 e dal D.Lgs. n. 62 del 13 aprile 2017, il margine a diposizione del Consiglio di Istituto per decidere giorni di chiusura è sostanzialmente azzerato.
9. Preparare le proposte per l’Ente locale, Comune, Provincia o Città metropolitana; incrociando le dita; concordare un invito rivolto alla RSU e alle OO.SS. di rango provinciale, possibilmente prima dell’inizio di settembre, per conferire una corretta informazione, rendendo conto del protocollo in via di definizione tra Ministero dell’Istruzione e OO.SS. nazionali, indispensabile per un ordinato procedere.
10. Corrispondere alla richiesta dell’USR per il fabbisogno dell’organico dei docenti e del personale ATA, per le infrastrutture la connettività, quindi per i banchi.
Cabina di regia dell’USR
Attraverso la cabina di regia degli Uffici scolastici regionali,[2] vengono raccolte le richieste delle scuole e trasmesse al Ministero dell’Istruzione perché il Commissario Domenico Arcuri possa avviare il bando per i previsti nuovi banchi: si parla di una cifra di tre milioni, monoposto e di ultima generazione. Senonché venerdì 17 luglio, poco scaramanticamente, è circolata una Nota, la n. 1324[3] con la quale “si richiede la collaborazione dei dirigenti scolastici nella compilazione di un sintetico questionario, all’interno del quale sono individuate specifiche tipologie e misure di banchi monoposto, e corrispondenti sedute standard, differenziate per ordine di scuola”, da restituire entro le ore 19 di lunedì 20 luglio. Arrivata al Protocollo delle scuole intorno alle ore 21 dello stesso venerdì 17. Semplificazione, snellezza, speditezza vanno bene. Una tempistica di questo tipo, con neanche 72 ore a disposizione, passando attraverso un fine settimana, non può che sollecitare richieste, giustificate, di un differimento dei termini (che poi è puntualmente intervenuto).
La protezione civile in campo educativo
Ho indicato dieci punti; per la verità sarebbero e fattualmente sono molti di più. Il dirigente può giovarsi dell’aiuto dei collaboratori, ferie permettendo. Sia chiaro: non ci si lamenta della bicicletta: non si addice al ruolo: si pedala più forte. Non è questo il punto. Il punto è che la qualità e l’efficacia del buon andamento evidenziano ampi margini di miglioramento. E’ bene sapere che, in gran parte, se le scuole riapriranno, si dovrà a questo impegno. Una specie di protezione civile in campo educativo. Non è un merito. Neppure un demerito. E’ un fatto.
Appena 40 giorni ancora
Comprensibilmente c’è preoccupazione. Il momento è davvero inedito. Più facile sospendere che riprendere. Davanti appena il tempo per approssimarsi all’indispensabile. Si pensa molto alle cose. Tutte necessarie e giuste. Se fosse così, basterebbe un algoritmo o iscriversi alla piattaforma online voluta dalla Fondazione Agnelli.[4] Ma non è così. Non è solo così. Guai a trascurare le persone. Il fattore umano, è quello che fa la differenza. Il pericolo viene da dove non lo aspetti. Attenzione a non tenere adeguatamente conto dei docenti e del personale ATA. Hanno già dimostrato di reggere all’urto, come nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria. Meritano un ringraziamento e un incoraggiamento. Le prese di posizioni delle OO.SS. negli ultimi giorni evidenziano un allarme che comporta un supplemento di responsabilità: se si intende lavorare sul serio per la riapertura occorre una intesa chiara trasparente e di alto profilo, davanti al Paese, tra Ministero dell’Istruzione e OO.SS.
A favore della panscholia
A favore di una scuola – come dice il primo comma dell’art. 34 della Costituzione con felicissima sintesi – aperta a tutti. Insieme e prima dei banchi al centro deve essere posto questo obiettivo: il diritto all’apprendimento, il principio della panscholia del buon Comenio, tra gli antesignani della scuola pubblica, ovvero dell’educazione universale, per tutti, senza distinzioni.
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[1] Verbale completo dell’incontro del 7 luglio 2020 del Comitato tecnico scientifico, n. 94, che puntualmente ha esaminato una serie di quesiti posti dal Ministero dell’Istruzione, in particolare nelle pagine 2-15. L’USR per il Veneto ha opportunamente ripreso le domande principali e le principali risposte conferite al Ministero dell’Istruzione dal Comitato tecnico scientifico, accompagnandole con un utile commento esplicativo. Come FAQ già su queste pagine auspicate. Utile anche la Nota 21942 del 16 luglio 2020, Risposte ai quesiti più frequenti relativi agli avvisi. Interventi di adeguamento e di adattamento funzionale degli spazi e delle aule didattiche in conseguenza dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Da tener presente il Documento del Comitato Tecnico Scientifico, inoltrato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione civile, da uno stralcio del verbale n. 82 della riunione del 28 maggio 2020. Nonché il Piano scuola 2020-2021, DM n. 39 del 26 giugno 2020, Adozione del Documento per la pianificazione delle attività scolastiche e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione per l’anno scolastico 2020/2021, approvato dalla Conferenza unificata, con nota del Ministero dell’Istruzione n. 3655 del 26 giugno 2020 (dopo nota 3517 del 25 giugno 2020).
[2] A questo proposito, si veda il Piano per la ripartenza 2020/2021. Manuale operativo, a cura della Direzione Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, del 7 luglio 2020, illustrato dalla Dirigente Tecnica Dott.ssa Franca Da Re sull’ultimo numero di “Scuola7”, n. 193, del 13 luglio 2020.
[3] Cfr. Nota 1324 del 17 luglio 2020 a seguito del Decreto Legge n. 76 del 16 luglio, Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 178 del 16 luglio 2020, art. 8, comma 8.
[4] La piattaforma online www.spazioallascuola.it è stata promossa dalla Fondazione Agnelli e realizzata grazie a BIMGroup del Politecnico di Milano e all’Università di Torino. La piattaforma è stata presentata venerdì 17 luglio alla stampa dal direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, da Martino Bernardi, ricercatore della Fondazione Agnelli, e da Giuseppe Martino Di Giuda, vice rettore dell’Università di Torino e responsabile scientifico del BIMGroup del Politecnico di Milano. Basta registrarsi e inserire in dati della scuola: quali numero di aule, capienza, alunni e il programma elaborato dagli esperti restituisce una simulazione del rientro a scuola.