Didattica in presenza, didattica a distanza
Un piccolo contributo di riflessione in questo momento di grande bulimia della comunicazione. L’emergenza che stanno vivendo le scuole a causa del COVID-2019, può diventare una occasione per riflettere e ripensare la didattica e in questa direzione vorrei avanzare alcune riflessioni.
La chiusura delle scuole e il suggerimento da parte del Ministero di avviare attività di “didattica a distanza”, ha visto le scuole reagire, tutto sommato, in maniera abbastanza positiva ovviamente con le diversità territoriali o di ordine scolastico.
Da più parti è stato ampiamente argomentato che la didattica a distanza di tipo digitale non può sostituire la didattica in presenza che è educativa ed è fondata sulla relazione e che, ovviamente, le sue potenzialità variano dalla scuola dell’infanzia all’università, dal momento che relazione educativa e trasmissione di contenuti assumono significati completamente diversi.
Inoltre è stato sottolineato che la disparità di accesso alla tecnologia produce disparità e accentua le diseguaglianze di opportunità, mentre la chiusura delle scuole esaspera le condizioni di disagio sociale, di dispersione scolastica in quei contesti in cui la scuola è presidio di legalità e di coesione sociale.
Riconoscere le professionalità
Ma quali possono essere i risvolti positivi di questa emergenza? Proviamo a ragionare sugli aspetti innovativi e di qualità che la nuova situazione potrebbe favorire.
Dentro ciascuna scuola ha assunto in questi giorni maggiore rilevanza il ruolo del team digitale, risorsa indispensabile per costruire, assieme al Dirigente scolastico, un contesto organizzativo nuovo e per garantire il necessario supporto tecnico e didattico a tutti gli altri docenti. Questo ci deve fare riflettere sulla necessità, ormai non più procrastinabile, di dover riconoscere come condizione strutturale e non occasionale e “aggiuntiva” rispetto all’essere docente, di altre professionalità all’interno dell’organizzazione scolastica. Tutto ciò comporta una ridefinizione di profili professionali e, quindi, il loro riconoscimento anche in termini contrattuali. Non entro nel merito di tali questioni, ma semplicemente vorrei lanciare un suggerimento per altri possibili ragionamenti.
La gestione della “nuova” collegialità
Un aspetto che invece vorrei approfondire riguarda la costruzione di nuove forme di condivisione dell’azione didattica che la pratica digitale comporta, non dal punto di vista tecnico ma dal punto di vista della gestione concreta della collegialità. L’istituzione di una “classe virtuale” corrispondente alla classe reale (quella a cui, nell’alternanza delle ore di lezione, ciascun docente fa riferimento), postula la necessità di un incremento di comunicazione fra i docenti: ciascuno dovrà condividere con l’altro docente tempi e spazi di intervento, a meno che non vogliamo pensare alla classe virtuale come ad un luogo in cui vengono “posati” ( o postati) contenuti, assegnati argomenti di studio ed esercizi di verifica. Tutto ciò necessita una negoziazione dell’azione didattica di ciascun docente, una maggiore trasparenza e una maggiore visibilità dell’attività individuale e, per certi aspetti, anche un riconoscimento dell’intersezione fra le discipline. Ciascun docente vede operativamente come lavora l’altro e quindi , riconosce meglio anche cosa hanno in comune le discipline.
Tutto ciò ha, a mio avviso, una significativa ricaduta sullo sviluppo professionale di docenti, individualmente e come gruppo all’interno della stessa scuola.
La progettazione didattica e la condivisione
Intanto la necessità di usare la tecnologia, comporterà uno scambio di pratiche ed esperienze, i docenti con maggiori competenze potranno aiutare i loro colleghi meno esperti e lo scambio non potrà che fare bene a tutti.
Inoltre per la gestione della didattica nella sua forma virtuale, sarà necessario un incremento della fase progettuale, una riduzione dell’improvvisazione e della occasionalità e ciò potrà favorire lo sviluppo di un pensiero riflessivo del docente non solo rispetto alla propria disciplina, ma anche rispetto al proprio modo di insegnare.
Ma l’uso della rete allarga anche la dimensione dell’aula, perché le attività proposte per un gruppo di alunni di una determinata classe o scuola, potranno, anche in maniera casuale, raggiungere alunni di un’altra classe o di un’altra scuola che condividono con i destinatari principali, per contingenze organizzative della famiglia, gli strumenti tecnologici, lo spazio e il tempo. Questo che potremmo considerare un effetto non previsto o non governabile, potrebbe rivelarsi una amplificazione positiva di scambio di conoscenza, una risorsa da non disperdere, finita l’emergenza, ma piuttosto potrebbe fare pensare a sistematiche attività in rete fra docenti di classi e di scuole diverse.
Gli aspetti linguistici del nuovo ambiente
Infine, ma non sicuramente di minore importanza, è l’attenzione che ciascun docente dovrà riservare agli aspetti comunicativi e linguistici della sua produzione didattica. Ciascun docente nell’assegnare un compito, nel suggerire piste di lettura per rivedere gli argomenti già svolti, per motivare verso approfondimenti o nuove letture, utilizzerà prevalentemente il canale della scrittura. Ciò comporterà un esercizio di controllo della scrittura, un’accurata disposizione dei contenuti, un produzione controllata dei testi, un elevato livello di esplicitezza, un uso attento del lessico specifico, ma soprattutto una riflessione e attenzione alla “lingua per lo studio”.
Ma anche la “lezione a distanza” come forma di produzione orale, avrà sempre più il carattere di un parlato pianificato e l’assenza dell’interlocutore in presenza, costringerà a costruire un discorso disciplinare fortemente orientato all’esplicitezza e con riduzione dell’autoreferenzialità. Tutto ciò non può che favorire proprio gli alunni che hanno maggiori difficoltà e dovrebbe vedere realizzata quella consapevolezza della “trasversalità della lingua” enunciata nei documenti di riferimento per i vari ordini di scuola.
Necessità della formazione
Tutto questo non può essere dato per scontato, ma la necessità di organizzare forme didattiche diverse può costituire una occasione di sviluppo professionale e quindi, accanto e insieme alla didattica per gli alunni, bisognerebbe pensare a significativi momenti di formazione per i docenti, se vogliamo che l’emergenza diventi occasione di incremento della qualità del nostro sistema di istruzione.