Il registro elettronico e il dialogo scuola-famiglia

L’accesso alle informazioni del registro

Il bell’intervento di Antonio Fini di qualche settimana fa sull’uso del registro elettronico (Il registro elettronico: questioni giuridiche e questioni pedagogiche, Scuola7 n. – 168, 22/01/2020) sotto il profilo giuridico, concludeva propendendo per la non obbligatorietà dell’adozione del suddetto strumento in assenza del Piano per la dematerializzazione che sarebbe dovuto essere emanato dal MIUR già dal 2012, dopo l’approvazione del D.L. 95/2012.

Nel bilanciamento fra diritto all’accesso e diritto alla privacy, si gioca la partita del dialogo pedagogico fra l’istituzione scolastica e la famiglia. In questo senso diverse sono le modalità scelte dai collegi dei docenti che decidono per l’acceso o meno alla valutazione, al monitoraggio delle assenze, alla visione delle consegne.

Il registro elettronico favorisce una comunicazione corretta?

La domanda è se il registro elettronico favorisca o meno una modalità di dialogo pedagogico efficace[1] (sulla trasparenza non vi è alcun dubbio) in merito alla valutazione del percorso scolastico. Alcune posizioni propendono per considerare il registro elettronico una scorciatoia informativa che non rende merito del lavoro faticosamente svolto dalle scuole, specie quelle del primo ciclo, sulla descrizione del processo valutativo, così come declinato dai ben noti artt. 1 e 2 del Dlgs. 62 del 2017. Senza contare che la valutazione in itinere dovrebbe fare a meno di una quantificazione numerica che spesso conduce, in fase di valutazione intermedia e finale, non una valutazione globale, ma meramente aritmetica.

La punta dell’iceberg della valutazione

È una constatazione diffusa il fatto che i genitori, attraverso l’accesso al registro elettronico, leggano la punta dell’iceberg della valutazione senza cogliere quella globalità e quella complessità che, invece, rimane sullo sfondo, se non completamente ignorata, declinata nei documenti di riferimento dell’istituzione scolastica, a cominciare dal Piano triennale dell’offerta formativa nei confronti del quale dovrebbe rapportarsi la coerenza della valutazione.

Ma se c’è un documento troppo colpevolmente ignorato dalle famiglie è proprio il PTOF. Pensiamo anche alla valutazione del comportamento, analiticamente descritta in ogni PTOF, ma generalmente trascurata, nella sua globalità, dalla maggior parte dei genitori, questione che si incrocia con il tema cruciale del patto educativo fra scuola e famiglie.

Il voto verdetto immediato

Molti genitori ritengono poi, che la simultaneità dell’espressione del giudizio sia garanzia di imparzialità, mentre sono la ponderatezza e la riflessione sulla prestazione a garantire uno sguardo alla progressività del percorso di apprendimento degli alunni (come ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita, non vi è nulla di più antipedagogico della valutazione al termine di un esame universitario, espresso sovente in forma di verdetto da Sibilla cumana).

Se quindi è abbastanza pacifico che la “caccia al voto” sul registro elettronico, non renda merito alla complessità dell’atto valutativo, così come declinato dalle norme e dalla pratica didattica, occorre aggiungere che l’accesso da remoto alla valutazione diventa un possibile incentivo a frequentare sempre meno la scuola e a stabilire una relazione diretta, biunivoca e costruttiva fra insegnanti e genitori. Sotto questo profilo il rischio di un appiattimento del dialogo pedagogico, sulla comunicazione informatica è reale e diffuso.

Vedere o non vedere i compiti per casa

Infine la questione delle consegne per casa. Molti docenti sostengono che la richiesta delle famiglie di accedere alle consegne deresponsabilizzi gli alunni di fronte all’attenzione e alla comprensione del lavoro da svolgere a casa; di contro i genitori ritengono che l’essere a conoscenza delle consegne, permette loro un controllo sui “compiti” che i figli devono svolgere a casa. Entrambe le posizioni appaiono ragionevoli, se non fosse che la condivisione dei “compiti” è una delle ragioni per cui sono nati i famigerati gruppi whatsapp fra genitori, col tempo divenuti sfogatoi e serbatoio di raccolta di piccole e grandi recriminazioni.

A questo proposito, siamo abbastanza certi del fatto che il combinato fra accesso immediato alla valutazione e gruppi whatsapp dei genitori costituisca una composto binario, che ha reso abbastanza instabili i rapporti fra le comunità professionale delle scuole e i genitori. Ma questa è un’altra storia e il legislatore del 2012 non poteva prevederla…

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[1] Può essere utile rileggere G. Cerini, “Uno sguardo d’insieme”, in Cerini-Spinosi, Un’ancora per la valutazione, Tecnodid, 2107, p.13