L’istruzione professionale rappresenta un punto dolens del nostro sistema formativo: mentre si respira un bisogno di nuove professionalità (elevate e intermedie) collegate ad un mondo del lavoro che cambia (si pensi alle innovazioni di Industria 4.0) il settore tecnico-professionale sembra essere quello più sofferente del nostro sistema (in particolare l’istruzione professionale statale). Forse è per questo motivo che negli ultimi anni si sono succedute riforme ordinamentali del settore (D.lgs. 61/2017, DM 92/2019 ed ora Linee Guida per l’implementazione – 2019) per rinnovarne l’impianto strutturale e quello didattico. Si vorrebbe dotare l’istruzione professionale di una nuova e più robusta identità, con un legame più esplicito con i bisogni del territorio, le diverse filiere formative, un quadro di qualificazioni sempre in evoluzione (v. Ciccone, 155). Anche la didattica è sottoposta a restyling con una maggiore attenzione alla progettazione formativa (in termini di competenze e di risultati di apprendimento), di didattiche laboratoriali e di personalizzazione dei percorsi formativi (di interesse la funzione di tutoraggio) anche per superare il ricorrente stereotipo dello studente fragile dell’istruzione professionale (v. Maloni, 159).
Nella stessa prospettiva (di duplice attenzione alle dinamiche extrascolastiche del mondo del lavoro e alle caratteristiche del curricolo scolastico) si muovono le recenti Linee Guida per l’alternanza Scuola-Lavoro (o meglio per i Percorsi per le Competenze trasversali e per l’Orientamento), dopo le modifiche non da tutti gradite, apportate – con la legge 145/2018 – all’originario disegno della “buona scuola”. Il nuovo documento, comunque, appare in sintonia con le più recenti indicazioni europee in materia di competenze chiave (2018) e con le Linee Guida nazionali per l’orientamento permanente (2014) (v. Ciccone, 153).