Il 2019/2020: annus horribilis?
I primi tre mesi di questo anno scolastico sono stati funestati da incidenti, anche mortali, che hanno duramente provato le comunità che li hanno subiti, ma sono stati anche i mesi in cui l’emergenza sicurezza è diventata prioritaria a causa delle particolari condizioni meteo che hanno messo in ginocchio tante strutture scolastiche dell’intero territorio nazionale. Di pari passo è cresciuta nei dirigenti delle scuole la sensazione di impotenza di fronte ad una condizione che li vuole responsabili in toto, anche degli edifici scolastici e del loro ‘stato di salute’ sebbene siano di proprietà degli enti locali cui spetta anche la relativa manutenzione.
A tale proposito, è bene ricordare che i due anni scolastici appena trascorsi sono stati altrettanto difficili soprattutto per le scuole del primo ciclo – sia pure in maniera diversa, ma altrettanto impegnativa – a causa degli adempimenti relativi ai controlli sull’obbligo vaccinale: non si può dimenticare, infatti, che per mesi il lavoro degli uffici di segreteria nelle scuole è stato pressoché totalmente assorbito da adempimenti di natura burocratica che, anche in questo caso, hanno visto le istituzioni scolastiche impegnate – con pochissimi strumenti – su un terreno non di propria pertinenza. Nonostante le difficoltà e il fumus delle disposizioni, le scuole hanno però risposto con profondo senso civico impegnandosi in una ‘battaglia’ per il miglioramento della salute nazionale i cui risultati si sono poi visti nei dati diffusi dal Ministero della Salute.
Tutela della salute e della sicurezza a scuola
Dunque, le istituzioni scolastiche, i loro dirigenti con il personale docente ed amministrativo sono ‘naturalmente’ impegnati sul fronte della salute e della sicurezza nella routine quotidiana durante le ore di lezione quando accolgono negli edifici scolastici gli studenti, nel rispetto e nell’osservanza del dettato costituzionale, garantendo loro la continuità nell’erogazione del servizio e la qualità del medesimo in termini di sicurezza e di igiene.
E’ infatti noto a tutti che In materia di igiene e sicurezza del lavoro, la Costituzione (artt. 2, 32, 35 e 4.) afferma la salvaguardia della persona umana e della sua integrità psico-fisica come principio assoluto e incondizionato, senza ammettere alcun tipo di riserva o di condizionamenti quali quelli derivanti dalla ineluttabilità, dalla fatalità, oppure dalla fattibilità economica e dalla convenienza produttiva circa la scelta e la predisposizione di condizioni ambientali e di lavoro sicure e salubri.
L’attenzione dedicata alle strutture da parte dei dirigenti e del personale non basta però ad evitare sciagure le cui origini risiedono in ‘scelte’ edilizie errate da parte dell’ente locale committente, tanto è vero che la storia della scuola italiana è costellata di eventi luttuosi che hanno lasciato il segno nella memoria collettiva e che vengono commemorati nella Giornata Nazionale per la Sicurezza nelle Scuole (22 novembre di ogni anno) e che sono da ascrivere in toto a tali ‘scelte’.
La memoria delle tragedie a scuola
Perché il 22 novembre? E’ la data del giorno in cui nel 2008 il crollo di un controsoffitto – sotto il peso di un vecchio tubo di ghisa non funzionante ancorato con fil di ferro – provocò la morte dello studente Vito Scafidi, la paralisi agli arti inferiori del compagno Andrea Macrì e il ferimento di altri sedici studenti della classe quarta D del liceo scientifico ‘Charles Darwin’ di Rivoli, in provincia di Torino.
Furono le condizioni meteo a fare da detonatore a questa tragedia: il vento che quel giorno soffiava forte fece sbattere con violenza la porta dell’aula e le conseguenti vibrazioni fecero rovinosamente crollare il controsolaio che si abbattè sugli studenti.
Il solaio di copertura della scuola ‘Francesco Jovine’ di San Giuliano di Puglia crollò alle 11.32 del 30 novembre 2002 a causa di un terremoto di magnitudo 6.0 schiacciando i piccoli alunni e facendo 28 vittime (27 alunni, tutti nati nel 1996, e una maestra), sebbene l’edificio fosse stato ristrutturato ed ampliato da poco.
Per completezza di informazione va detto che quello della scuola fu l’unico edificio a crollare a San Giuliano: le successive indagini portarono alla luce che gli interventi edilizi erano stati effettuati in dispregio delle norme edilizie ed anche che le attività scolastiche erano riprese – dopo i lavori di ristrutturazione – senza che l’ente locale avesse effettuato gli obbligatori collaudi.
Come nella tragedia di Rivoli, anche il crollo di San Giuliano è stato dunque attivato da un evento naturale, ma è pur vero che entrambe le situazioni erano oggettivamente sospese al filo della casualità che prima o poi si sarebbe spezzato, al primo colpo più deciso. Ed è altrettanto vero che entrambe le tragedie – qui menzionate come esempi emblematici – sono state provocate in maniera inequivocabile dalla mano dell’uomo che per imperizia, negligenza, superficialità e altro, ha disatteso le più elementari regole di manutenzione e di costruzione.
I numeri degli infortuni a scuola
Eppure, l’”imponenza” dei numeri della scuola dovrebbe indurre gli enti proprietari a comportamenti virtuosi, attenti e solerti, ma gli episodi sempre più frequenti di incidenti strutturali nelle scuole mostrano invece come i livelli di negligenza e indifferenza abbiano raggiunto il vertice, anche per un malcelato (e non sempre giustificato) senso di impunità.
L’INAIL ha pubblicato nello scorso mese di agosto il report sull’andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali dedicando uno spazio speciale alla scuola nel quale sono stati riportati i dati relativi all’anno scolastico 2018/2019: il numero degli studenti iscritti alle scuole statali e paritarie è di circa 8,5 milioni (dai 3 ai 19 anni): 919mila nella scuola dell’infanzia, 2,5 milioni nella scuola primaria, poco più di 1,6 milioni nella scuola secondaria di primo grado, circa 2,6 milioni nella scuola secondaria di secondo grado (Fonte: MIUR). Agli studenti vanno aggiunti i numeri relativi al personale docente (ca. 800mila), al personale amministrativo (ca. 200mila) e al personale dirigente (ca. 8mila): complessivamente, dunque, ogni giorno i plessi scolastici ospitano nei loro spazi 10 milioni di persone di fasce di età molto diverse. Già questi numeri parlano da sé e mostrano la vastità – in termini di utenza quotidiana – che nessun altro settore della Pubblica Amministrazione possiede.
I dati riportati dall’INAIL relativamente agli infortuni subiti da alunni di scuole pubbliche statali rilevano un andamento in crescita dal 2017, da quando cioè è stato introdotto l’obbligo per le scuole di denunciare anche gli infortuni che comportino un’assenza di almeno un giorno. Questa tipologia di incidenti, che avviene per lo più durante le ore di educazione motoria, nell’intervallo e all’uscita da scuola, interessa per lo più la fascia di età inferiore ai 14 anni.
Si tratta, evidentemente, di incidenti provocati da fattori molto diversi (incompleto coordinamento motorio, foga nell’attività sportiva, inconsapevolezza, …) legati per lo più all’età e che perciò richiedono un tipo di attenzione molto elevata e diretta da parte delle scuole, soprattutto nei momenti clou della giornata scolastica, per garantire livelli di sorveglianza e di presidio adeguati in tutti gli spazi degli edifici, commisurati al numero e all’età degli alunni frequentanti, ed anche al numero dei plessi che formano ciascuna unità scolastica.
Quando l’architettura dialoga con la pedagogia
La XII Triennale di Milano si tenne nel 1960 e fu la prima ad adottare il modello della mostra tematica. Due i grandi temi ai quali fu dedicata: la casa e la scuola. Un connubio apparentemente singolare e decisamente innovativo, se non addirittura lungimirante, alla cui riuscita contribuirono 13 nazioni dall’Asia, dall’Europa (soprattutto centrale e settentrionale) e dal Sud America.
Nel padiglione giapponese fu presentato un progetto di casa-scuola che prevedeva un grande edificio per 1500 alloggi e per le scuole dall’infanzia alla scuola secondaria: una vera e propria abitazione collettiva che, nella sezione destinata alle scuole, prevedeva la loro adattabilità alle diverse esigenze derivanti dalle variazioni quantitative degli alunni frequentanti.
Al medesimo principio di adattabilità, ma in modo ancora più ‘estremo’, si ispirava la proposta edilizia del Messico che come soluzione ai problemi del diffuso analfabetismo e agli elevati costi per la costruzione di nuove scuole presentò un progetto di scuola-casa rurale, termoregolabile, trasportabile, completa di servizi igienici, costruita con materiali locali. La capienza massima di ciascuna casa-scuola prevedeva 40 studenti: nel caso di numeri più elevati le unità modulari si sarebbero moltiplicate.
Anche il Belgio presentò una soluzione edilizia per la scuola che poteva essere costruita rapidamente e su qualsiasi terreno, posizionando il manufatto su una piattaforma realizzata con materiali locali. La novità della proposta edilizia consisteva nel fatto che l’ampiezza delle aule, dei laboratori, dei servizi e dei giardini utilizzati come aule all’aperto aveva una scala in misura pedagogica.
L’edilizia scolastica: una questione di cultura politica e di sistema
A distanza di poco meno di 60 anni, il volume curato dal gruppo di ricerca INDIRE sulle architetture scolastiche (“Fare didattica in spazi flessibili. Progettare, organizzare e utilizzare gli ambienti di apprendimento a scuola”- 2018) avanza proposte edilizie che sono parte integrante del progetto didattico di scuola, ma che – proprio in quanto innovative – non possono trovare applicazione nel patrimonio edilizio scolastico italiano che, nella maggior parte dei casi, risponde alla tradizionale concezione ‘cellulare’ degli spazi didattici.
Proprio in occasione della Giornata Nazionale per la Sicurezza nelle Scuole, nel corso della riunione dell’Osservatorio nazionale per l’edilizia scolastica, il Ministro Fioramonti e la Viceministra Ascani hanno annunciato una integrazione al piano nazionale di investimenti per la messa in sicurezza delle scuole con uno stanziamento generale di 11 miliardi di euro di mutui e finanziamenti diretti, uno stanziamento integrativo di un altro miliardo, oltre 65 milioni destinati al Piano straordinario per la verifica dei solai e dei controsoffitti e infine 120 milioni per la messa in sicurezza nelle scuole delle aree colpite dal sisma in Centro Italia.
Il ‘testimone’ passa dunque dal MIUR agli enti locali, di solito inerti di fronte alle quotidiane e spesso pressanti richieste da parte delle scuole che, soprattutto nel periodo invernale, fronteggiano situazioni critiche dovute ad interventi di manutenzione malriusciti o proprio alla mancanza di manutenzione.
Tuttavia, procedere alla apertura rapida dei ‘cantieri’, auspicata dalla viceministra Ascani, da parte proprio degli enti locali proprietari degli edifici scolastici richiede interventi concreti di semplificazione amministrativa oltre che una task force di personale esperto e supportato tecnologicamente che proceda alle rilevazioni secondo un cronoprogramma sostenibile e reso noto alle scuole, agli Uffici Scolastici regionali e alle locali del servizio nazionale di protezione civile.
Formazione e cultura della sicurezza
Altra questione è quella che riguarda la formazione: la collaborazione tra INAIL – che ha il compito di progettare e di erogare percorsi formativi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – e il MIUR che ha come fine istituzionale quello di diffondere e promuovere il diritto allo studio e alla formazione su tutto il territorio nazionale – trova formale rispondenza nel protocollo d’intesa sottoscritto il 20 novembre 2015. A tale proposito, si deve sottolineare che lo ‘spazio’ formativo (lezione tradizionale, visite didattiche, attività di PCTO, attività in laboratorio, formazione per il piano di emergenza, viaggi di istruzione, …) di cui si fanno carico quotidianamente le scuole è molto ampio e spesso compensa lacune educative di base.
Le scuole sono attive nella formazione, anche del proprio personale dirigente, docente e amministrativo, così come lo sono nella segnalazione di guasti e nella richiesta di interventi: ed è proprio grazie all’‘attivismo’ delle scuole che si alimenta la cultura della sicurezza.
Il silenzio che continua a provenire dagli interlocutori locali resta assordante.