Talento versus Dispersione
L’innovazione metodologico didattica dei percorsi di istruzione professionale è stata da subito individuata come il vero antidoto all’insuccesso di un ordine di scuola, considerato fanalino di coda nel gradimento degli studenti italiani e delle loro famiglie, in piena contraddizione con le esigenze del mercato del lavoro nel settore delle eccellenze del “Made in Italy”.
“Il modello didattico cui si ispira il Decreto Legislativo 61/2017 è basato su un ripensamento complessivo di strumenti e metodi, nella consapevolezza che il sostanziale indebolimento del settore degli ultimi anni sia dovuto non solo alla struttura ordinamentale, ma anche ad una parziale o mancata innovazione nella metodologia di approccio al processo di insegnamento/apprendimento.”[1]
L’avvicinamento al Vocational Eucation and Training (VET), che si caratterizza come scelta di elezione per l’alta flessibilità dei percorsi, la rapida riconversione sulla domanda del mercato del lavoro e l’utilizzo di ambienti di apprendimento diversificati, ha bisogno di una didattica che metta al centro lo studente e le sue intelligenze da bottega artigiana, diverse da quelle logico linguistiche, ma non per questo meno valorizzabili in competenze chiave per una cittadinanza attiva.
Nella logica dell’apprendimento permanente il VET viene proposto come scelta orientata al e dal talento dello studente, che, se ignorato o non indagato, potrebbe esporre lo studente stesso al rischio dell’abbandono scolastico e della dispersione. Questa lettura appare assai distante dalla residualità della scelta del percorso di istruzione professionale, in Italia destinata alle fasce più deboli della popolazione scolastica, quasi sempre coincidente anche con una storia pregressa di insuccessi e marginalità.
La stessa legge delega[2] citava tra i punti di criticità del d.P.R. 87/2010 la “scarsa attenzione alla personalizzazione della didattica, determinante per rispondere alle esigenze di studenti che, per vocazione, per interesse o per stili cognitivi, hanno bisogno di apprendere in situazioni operative in tutti gli ambiti disciplinari.”[3]
quale didattica per lo stereotipo dello studente fragile
Una didattica orientativa (bilancio di competenze, placement), personalizzata (progetto formativo individuale), laboratoriale (compiti di realtà e profili di uscita caratterizzati da competenze con prospettive di validità e spendibilità in molteplici contesti lavorativi) produce apprendimenti significativi e situati, capaci di promuovere livelli crescenti di autonomia e responsabilità nei giovani fino a renderli protagonisti nella strutturazione del proprio percorso di apprendimento insieme all’insegnante tutor. I punti considerati deboli nello stereotipo dello studente fragile[4]diventano punti di forza per il superamento dei processi di apprendimento inerti[5] della didattica tradizionale. Studenti scarsamente ricettivi di stimoli teorici, deficitari di capacità mnemoniche, astrattive, espositive e argomentative dimostrano tuttavia di essere capaci di mobilitare in situazioni reali le loro conoscenze ed abilità per la soluzione dei problemi proposti. Tali competenze possono essere strutturate con metodologie che valorizzino l’intelligenza pratica e sociale, che molto somigliano alla metodologia del problem solving e del project work per l’apprendistato cognitivo, che H.Gardner[6] vede esemplarmente realizzata nella bottega artigiana del Rinascimento italiano.
Gli insegnanti del Consiglio di classe di un istituto professionale imparano a gestire la variabile tempo nella programmazione didattica, sostituendo la classica domanda quanto tempo mi occorre per spiegare… con la domanda quanto tempo occorre allo studente per imparare…
Come raggiungere i profili in uscita (PeCUP)
D.lgs. n. 61/2017 | Decreto attuativo | Contenuto |
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Art.2 e Allegato A | Integra il profilo educativo, culturale e professionale della studentessa e dello studente di cui all’articolo 1, comma 5 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 ed è comune a tutti gli indirizzi.Il profilo culturale, educativo e professionale specifico per i percorsi di I.P., comune ai relativi profili di uscita degli indirizzi di studio, si basa su una dimensione connotata da uno stretto raccordo della scuola con il mondo del lavoro e delle professioni, ispirato ai modelli duali di apprendimento promossi dall’Ue per intrecciare istruzione, formazione e lavoro (Vocational Education and Training – VET) | |
Art.3 comma 3 | Decreto MIUR n. 92 del 24 maggio 2018 in Gazzetta Ufficiale 27 luglio 2018 | Disciplina dei Profili di uscita degli indirizzi di studio dei percorsi di istruzione professionale: i profili sono declinati in 12 competenze per l’Area Generale e nei Risultati specifici di apprendimento per ciascuno degli 11 indirizzi |
art.7 comma 1 | Decreto MIUR del 17 maggio 2018 in Gazzetta Ufficiale 17 settembre 2018 | Criteri generali per il raccordo tra il sistema dell’istruzione e il sistema di formazione professionale e per la realizzazione in via sussidiaria dei percorsi per il rilascio della qualifica e del diploma professionale quadriennale |
L’integrazione operata delle Linee Guida
Il Regolamento, DM n.92/2018, aveva:
- definito i profili finali per ciascun indirizzo e quelli comuni per l’area generale, suddivisa in quattro assi: Linguaggi, Storico sociale, Matematico, Scientifico tecnologico e professionale.
- assegnato a ciascun profilo il corrispondente codice ATECO (codice delle attività economiche) e il possibile rapporto alla NUP (nomenclatura delle unità professionali).
Una matrice possibile di sviluppo curricolare prima delle Linee Guida poteva poggiare su quattro riferimenti: la competenza finale del PeCUP delle due aree (generale e di indirizzo) con il riferimento del codice ATECO; gli Assi in cui raggruppare le discipline; l’articolazione della competenza in abilità e conoscenze.
Le Linee Guida introducono la declinazione del profilo finale degli indirizzi in competenze intermedie, segmentate nel biennio, terzo, quarto e quinto anno e ne indica i criteri di fondo:
- la coerenza con le linee programmatiche della Regione di riferimento;
- l’attinenza alle attività economiche collegate all’indirizzo;
- l’esercizio degli spazi di autonomia e flessibilità previsti dal Regolamento.
La declinazione del PeCUP può contare inoltre sull’avvenuta referenziazione al Quadro europeo delle qualifiche (EQF) con la definizione dei livelli delle qualificazioni italiane nel Quadro Nazionale (8 gennaio 2018) e sulla definizione delle otto competenze chiave della Raccomandazione del 22 maggio 2018.
La matrice per la progettazione
La matrice per la progettazione degli insegnamenti/attività è ora decisamente più ricca e articolata:
periodo biennio….. | Livello QNQ | Competenza intermedia | Abilità | Conoscenze | Assi culturali utilizzati | Riferimento alle 8 competenze chiave EQF |
Si chiariscono contestualmente le condizioni di qualità di un settore dell’istruzione e della formazione, chiamato a svolgere il ruolo primario di facilitatore dell’occupabilità con una rapida transizione dalla scuola al lavoro. Si dovrebbe creare, inoltre, la filiera virtuosa in grado di accompagnare lo studente al diploma (attenzione alla didattica, ma anche ai passaggi da un sistema all’altro) e poi all’istruzione terziaria.
Repertori Regionali delle qualifiche, Quadro Nazionale delle Qualifiche e Profili educativi, Culturali e Professionali dovrebbero registrare oltre che un glossario comune, quello dell’EQF, anche il riferimento ad una comunità di pratiche con l’utilizzo delle unità di apprendimento (UdA).
Le unità di apprendimento (UdA) e la didattica per competenze
In attesa del modello di certificazione delle competenze del biennio con riferimento alle unità di apprendimento (Decreto Miur ancora in fase di emanazione), le Linee Guida dedicano a questo tema la lettera b) modularizzazione della didattica e unità di apprendimento del paragrafo 3.2 “L’assetto didattico dei percorsi”.
L’unità di apprendimento viene assunta nella definizione dello stesso Regolamento come base della personalizzazione dei percorsi e della certificabilità dei risultati di apprendimento “insieme autonomamente significativo di competenze, abilità e conoscenze in cui è organizzato il percorso formativo…; costituisce il necessario riferimento per la valutazione, la certificazione e il riconoscimento dei crediti…”
L’approccio consigliato (partire dapprima con alcune UdA significative per arrivare progressivamente alla costruzione per UdA dell’intero percorso formativo) evidenzia come ci si stia muovendo su un terreno di innovazione didattica importante soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado, sicuramente degna di essere considerata una vera e propria sperimentazione, a cui stanno lavorando le Reti di scuole e non solo.
Le tre definizioni di UdA, segmentazione ragionata di oggetti culturali/contenuti di insegnamento; micro percorso pluridisciplinare utile a garantire risultati di apprendimento; insieme integrato di processi di apprendimento utile all’autonoma proposizione e soluzione di temi e problemi, sono tutte funzionali ad un Piano prospettico delle attività di insegnamento coi rispettivi risultati attesi valutabili.
Modulare il percorso in UdA può facilitare anche l’obiettivo di distinguere nella sequenza operativa quali di queste siano utilizzabili come crediti rispetto alla totalità prevista per il profilo di uscita. In questo modo il problema dell’aggregazione delle discipline esce dall’astrattezza, per connettersi esclusivamente alla valutabilità delle competenze da far acquisire agli studenti. E un altro terreno di sperimentazione si apre…
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[1] Allegato 1, D.I. 24 maggio 2018, n.92 “Regolamento recante la disciplina dei profili di uscita dei percorsi di istruzione professionale nonché il raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale
[2] Legge 13 luglio 2015, n.107
[3] D.M. 23 agosto 2019, n.766 Linee Guida per favorire e sostenere l’adozione del nuovo assetto didattico e organizzativo dei percorsi di istruzione professionale
[4] Cfr. Parte Prima, punto 2.1 Scenario e contesto di riferimento, D.M. 23 agosto 2019, n.766 Linee guida
[5] ibidem
[6] H.Gardner, Formae mentis Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano