Criticità delle pratiche intorno al 2000
Proprio negli anni in cui inizia finalmente una normativa dedicata, accompagnata da una vasta letteratura sulle azioni di orientamento, cresce anche la consapevolezza che queste – spesso mutuate nella scuola da altri servizi – non danno i risultati auspicati non perché non siano ben progettate e/o ben condotte, ma per il fatto che i giovani non possiedono (chi più e chi meno) le competenze di base indispensabili per fruire a pieno delle loro potenzialità.
Una nuova concettualizzazione
Intanto. Nel 2000 escono due importanti articoli di Maria Luisa Pombeni [1] che introducono in Italia, con grande anticipo rispetto l’Europa, il concetto di competenze orientative, aprendo la via non solo ad ulteriori approfondimenti suoi [2] e di chi con lei opera, ma anche alla diffusione di moltissime buone prassi in tutto il paese [3], regolarmente osservate, monitorate, perfezionate fino alla sua tragica morte nel 2008.
Schematizzando la sua elaborazione, in gran parte basata sull’osservazione delle pratiche, si può dire che esse consistono nella capacità di sapersi orientare, di saper governare la propria esperienza formativa e orientativa e si articolano in:
- competenze orientative generali
- competenze orientative specifiche.
Le prime coincidono con il possesso principalmente di «una cultura ed un metodo orientativo» (orientamento personale) e sono propedeutiche allo sviluppo di competenze specifiche; si acquisiscono durante l’età evolutiva (scuola, agenzie formative, famiglia), anche se con modalità diverse:
- informalmente e/o non formalmente «attraverso esperienze spontanee, in cui l’obiettivo consapevole non è quello di contribuire al processo di orientamento»,
- «attraverso azioni intenzionali, finalizzate a sviluppare una mentalità o un metodo orientativo attraverso i saperi formali (per esempio attraverso la didattica orientativa)».
Le seconde sono «finalizzate alla risoluzione di compiti definiti e circoscritti che caratterizzano le diverse esperienze personali (orientamento scolastico e professionale)»; sono relative a «una sfera di vita specifica, hanno a che fare con il superamento di compiti contingenti e progettuali». Esse «si sviluppano esclusivamente attraverso interventi intenzionali gestiti da professionalità competenti», attraverso cioè le cosiddette azioni orientative. Al loro interno si possono ulteriormente distinguere in:
- competenze di monitoraggio, che consistono nella capacità di fare un bilancio delle esperienze formative, lavorative, esistenziali pregresse o in corso, di «tenere sotto controllo l’andamento della situazione personale al fine di prevenire disagi e insuccessi», di sapersi orientare nella continuità; sono propedeutiche a quelle di sviluppo;
- competenze di sviluppo dell’esperienza formativa e lavorativa personale, le più alte, che consistono nella capacità di costruirsi una prospettiva e «di progettare l’evoluzione della propria esperienza, compiendo delle scelte», di sapersi orientare autonomamente, di elaborare e realizzare un piano per il futuro.
Le competenze
Sono un costrutto complesso del soggetto che per eseguire un compito o affrontare un problema in un contesto dato utilizza, integrandole, conoscenze dichiarative, conoscenze procedurali e attitudini personali; la terza componente è determinante, anzi strategica, per l’attivazione automatica e/o consapevole, anche se rimane in gran parte nascosta (la competenza come un iceberg), perché è quella che mobilita effettivamente le conoscenze possedute. Esse, inoltre, si apprendono e si arricchiscono continuamente con l’esperienza.
Il soggetto «competente» è «un individuo che può avere un’età qualsiasi e che si è impadronito delle conoscenze e delle abilità di una disciplina o di un ambito conoscitivo e sa applicarle correttamente in situazioni nuove» (dimensione cognitiva, operativa, affettiva come insieme quest’ultima di atteggiamenti, convinzioni, motivazioni ed emozioni)[4]. Ma. «Una mente può essere modellata alla disciplina, ma, ahimè, una mente educata in senso disciplinare, oggi da sola non basta più»[5].
Verso nuove vie per l’orientamento a scuola
Quindi, avvalendosi di alcuni contributi teorici di grande rilievo [6], l’attenzione si concentra sulla individuazione di una strada specifica all’orientamento che la scuola possa percorrere nella sua peculiarità per dare a tutti i prerequisiti orientativi indispensabili che solo la scuola può dare, senza rinunciare alle «altre» azioni, ma utilizzandole al meglio e solo se necessarie.
Partendo, dunque, dalla definizione di Pombeni sulle competenze orientative generali e propedeutiche la ricerca si è chiesta quali possono essere le azioni intenzionali attraverso i saperi formali che consentono di insegnarle/apprenderle.
Poiché la scuola opera con le discipline si conferma che prima di tutto occorre individuare quali risorse sono messe a disposizione dalle discipline e dai saperi esperti che tutti, mettendo a disposizione conoscenze formali (dichiarative e procedurali), forniscono potenti strumenti e occasioni per individuare le attitudini e potenziare le conoscenze/abilità/competenze in un apprendimento significativo, e poi quali sono, invece, le nuove risorse di cui la scuola ha bisogno di avvalersi per dare riposte significative ai bisogni cognitivi ed emotivi emergenti nella società della conoscenza e della globalizzazione.
Si riportano di seguito 3 tappe di ricerca/approfondimento nella continuità.
Una prima definizione operativa delle competenze orientative generali(2004) [7]
In una società complessa, ad alto sviluppo e soggetta ad un continuo cambiamento in tutti i campi, la formazione deve garantire il possesso di competenze che consentano alla persona un ulteriore e continuo sviluppo culturale e professionale (sapere), l’assunzione di decisioni autonome e responsabili sulle scelte da compiere nella vita e nel lavoro (volere), la pratica di atteggiamenti positivi e responsabili (fare).
L’orientamento formativo o didattica orientativa/orientante (le 3 espressioni si equivalgono) consiste in «azioni intenzionali finalizzate a sviluppare una mentalità o un metodo orientativo attraverso i saperi formali», a costruire/potenziare le competenze orientative generali ovvero i prerequisiti per la costruzione/potenziamento delle competenze orientative vere e proprie, usando le discipline in senso orientativo, individuando in esse le risorse più adatte per dotare i giovani di risorse spendibili nel loro processo di auto-orientamento, guidandoli a imparare CON le discipline e non LE discipline, ma con un’attenzione rivolta anche alla costruzione di abilità cognitive metacognitive e personali/sociali, alla selezione di conoscenze dichiarative e procedurali sul lavoro e per il lavoro, alla adozione di strategie didattiche individualizzate/personalizzate, all’uso di un modello di progettazione funzionale a un forte sostegno dell’apprendimento.
La didattica orientativa deve essere, dunque, presente in tutte le attività formative: si tratta di reinterpretare i curricoli scolastici secondo un’ottica orientativa, funzionale e organica alle azioni di orientamento vero e proprio, in modo da mettere i giovani in grado di cominciare ad auto-orientarsi, maturando la capacità di elaborare progetti di vita e di lavoro e di scegliere autonomamente, a partire dall’analisi dei propri interessi e delle proprie attitudini nei confronti degli ambiti disciplinari e da alcune prime grandi opzioni di fondo fino ad individuare un progetto ottimale alle condizioni date.
Una seconda definizione operativa delle competenze orientative generali (2008) [8]
Molti documenti e ricerche – in Italia, in Europa e altrove – in questi anni cercano di individuare quali siano le competenze necessarie a tutti per vivere (e per sopravvivere) nel mondo attuale. Risulta molto utile sintetizzare le diverse elaborazioni non solo per individuare le esperienze necessarie alla loro costruzione, ma anche per valutare quali risorse sono messe a disposizione dalle discipline e dai saperi esperti e quali sono le nuove risorse di cui la scuola ha bisogno di avvalersi; i bisogni formativi oggi richiedono:
- saperi minimi per tutti (saperi formali o discipline)
- abilità e competenze essenziali trasversali non collegate ad una specifica disciplina ma strategiche e quindi indispensabili come le abilità comunicative (dominio dei diversi linguaggi, verbali e non, quotidiani, disciplinari, logici), le abilità cognitive (capacità di capire/elaborare il pensiero astratto e di acquisire un buon metodo di apprendimento), le abilità e le strategie metacognitive (consapevolezza, monitoraggio, autovalutazione, predizione, progettazione), le abilità e le strategie metaemozionali o psico-sociali, personali e sociali (autoconsapevolezza, autocontrollo, motivazione, empatia, abilità/competenze sociali).
Occorre, dunque, ripensare l’orientamento nella scuola, adottare una didattica orientativa, costruire curricoli che abbiano come traguardi le competenze indispensabili, ma anche praticare una mediazione didattica efficace, individuare i traguardi di apprendimento significativi per l’orientamento (conoscenze disciplinari dichiarative e procedurali, e competenze trasversali), scegliere le strategie di insegnamento funzionali alle strategie di apprendimento, utilizzare i modelli di progettazione utili per sostenere e certificare l’apprendimento.
Una terza definizione operativa delle competenze orientative generali (2011) [9]
L’orientamento formativo mette dunque a disposizione curricoli disciplinari arricchiti.
In questo modo le ‘materie’ sono utilizzate come straordinaria occasione per diventare grandi, crescere e maturare, e per acquisire l’esperienza e il senso e della temporalità, la capacità di collocare se stessi nel tempo e anche di fare un uso produttivo del tempo (motivazione e prospettiva temporale vanno di pari passo). I giovani, infatti, imparano gradatamente, usando le diverse risorse messe a loro disposizione dalle diverse discipline, a rielaborare le moltissime esperienze che fanno e, con la conquista (difficile e graduale) della prospettiva temporale, possono evitare non solo il rischio di essere sovraccarichi e di vivere in una dimensione in cui tutto è possibile e tutto è presente, di essere centrati solo sul presente e di porre le loro azioni nella breve durata, ma anche che l’incertezza e la provvisorietà e quindi il disorientamento rimangano caratteristiche permanenti. Mano a mano che crescono e individuano obiettivi che si proiettano sempre più lontano nel futuro e imparano a collegare il passato (le esperienze rielaborate) con il futuro, i giovani acquistano una dimensione temporale che via via si allunga e si dilata; solo quando la prospettiva temporale diventa ampia imparano anche a differire la soddisfazione dei bisogni, tramite l’elaborazione di piani/progetti, e diventano capaci di controllare i propri comportamenti, sapendone anticipare e valutare le conseguenze.
In questo modo i giovani cominciano ad auto-orientarsi, ad elaborare progetti di vita e di lavoro (o meglio, più realisticamente, di segmenti prossimali) e a scegliere autonomamente, a partire dall’analisi dei propri interessi e delle proprie attitudini nei confronti degli ambiti disciplinari e da alcune prime grandi opzioni di fondo fino ad individuare un progetto, a breve o medio termine, ottimale alle condizioni date. Ma.
Per analizzare opportunità e risorse, vincoli e condizionamenti, regole che strutturano e caratterizzano il mondo contemporaneo, è indispensabile acquisire anche giorno dopo giorno abilità comunicative (i diversi linguaggi, verbali e non, quotidiani, disciplinari, logici) per usare correttamente le informazioni, elaborarle, recuperarle, e abilità cognitive, sia logiche per capire/elaborare pensiero astratto e per fare le inferenze necessarie sia metodologiche per acquisire un metodo di costruzione di conoscenze e di apprendimento..
Per analizzare le risorse personali (interessi e attitudini, saperi e competenze etc.), monitorare e valutare le esperienze, prevedere lo sviluppo della propria esperienza presente e sapersi vedere nel passato nel presente e nel futuro, è indispensabile acquisire giorno dopo giorno abilità e strategie metacognitive (autoconsapevolezza, capacità di monitoraggio, autovalutazione, predizione, progettazione).
Per saper mediare tra sogni e realtà, individuare traguardi realistici, assumere decisioni, progettare e realizzare concretamente e autonomamente un percorso, e individuare le strategie necessarie, monitorare e valutare la realizzazione progressiva del progetto per intervenire, se necessario, è indispensabile acquisire giorno dopo giorno, oltre ad abilità e strategie metacognitive, anche abilità e strategie metaemozionali, personali e sociali (autoconsapevolezza, autocontrollo, motivazione, empatia, abilità/competenze sociali).
Occorrono, dunque, in tutti i casi anche abilità trasversali, non strettamente disciplinari ma acquisibili in tutte le discipline, anche se si caratterizzano in modo peculiare all’interno di ciascuna, a patto di mirare intenzionalmente al loro apprendimento, usando tutte le risorse disciplinari.
Ma, affinché esse non servano solo ad eseguire bene determinati compiti (i problemi richiedono creatività) e siano anche spendibili in campi molto diversi e garanti di flessibilità e di adattabilità all’imprevisto e di capacità di fronteggiamento dei cambiamenti, di un’effettiva conoscenza di sé come realistica consapevolezza della propria cognitività, emotività e socialità, delle risorse già possedute, delle proprie potenzialità/possibilità e dei propri limiti, dei propri interessi, curiosità, inclinazioni e pure sogni, occorre fare in modo che esse siano anche trasferibili. Poiché non è affatto spontanea e naturale la capacità di usare abilità in contesti diversi da quelli di apprendimento, se non in presenza di una specifica intenzionalità in questo senso[10], ha un ruolo fondamentale nel processo di insegnamento/apprendimento l’attenzione non solo a sviluppare queste abilità in tutte le discipline, ma anche ad accompagnare i giovani, attraverso attività esperienze esercizi mirati, a passare dall’acquisizione alla consapevolezza dell’acquisizione e del possesso fino allo sforzo di applicazione in altri campi, contesti, situazioni sempre più distanti da quelli di apprendimento (transfer, bridging)[11][12].
Riferimenti bibliografici
[1] M.L. Pombeni, S. Canzutti, Profili orientativi: verso una definizione tipologica in «Risorsa Uomo» 1-2/2000 (reperibile nel sito di FrancoAngeli) e M.L. Pombeni, D. Guglielmi, Competenze orientative: costrutti e misure in «Giornale Italiano di Psicologia dell’Orientamento» n.3/2000 (reperibile nel sito https://www.orientamentoirreer.it).
[2] Quando nel testo ci sono virgolette caporali significa che si tratta di una citazioni tratta dai molti testi di Pombeni; la bibliografia completa è nel Dossier Orientamento Scuola 2010 (p.114) in https://www.orientamentoirreer.it.
[3] Un esempio tra i tanti: M.L. Pombeni (a cura di) L’orientamento tra passato e futuro: l’esperienza di Bologna, Carocci Roma febbraio 2008.
[4] H. Gardner, Educare al comprendere. Stereotipi infantili ed apprendimento scolastico (ed. originale 1991), Feltrinelli, Milano 1993.
[5] H. Gardner, Cinque chiavi per il futuro, Feltrinelli, Milano, 2006.
[6] Non si possono non citare almeno: M. Viglietti, Orientamento: una modalità educativa permanente (SEI, Torino, 1989) e G. Domenici, Manuale dell’orientamento e della didattica modulare (Laterza, Roma-Bari, 1998).
[7] F. Marostica Orientamento formativo o didattica orientativa in C. Magagnoli e Enzo Morgagni (a cura di), Buone pratiche e proposte per la costruzione di reti di orientamento. Ricerca su strumenti, esperienze, politiche per l’integrazione di attività e servizi di orientamento, Editcomp, Bologna aprile 2004 (pp.154-164).
[8] F. Marostica La centralità della didattica orientativa nel processo di sostegno all’auto-orientamento in M.L. Pombeni (a cura di), L’orientamento tra passato e futuro: l’esperienza di Bologna, Carocci, Roma 2008 (pp.75-101)
[9] F. Marostica, Provincia di Bologna e IRRE Emilia Romagna, Lo sguardo di Venere. Orientamento formativo o didattica orientativa/orientante per la costruzione di competenze orientative di base, Casa editrice Labanti e Nanni, Bologna 2011 (pp.146-151 e 155-163).
[10] B. Rey, Ripensare le competenze trasversali, FrancoAngeli, Milano 2003.
[11] R. Feuerstein, Non accettarmi come sono, in particolare il capitolo 4, Sansoni, Milano 1995.
[12] Per approfondire: F. Marostica Le competenze trasversali in G. Cerini e M. Spinosi, Voci della scuola, VII volume, Tecnodid, Napoli 2008; Orientamento formativo in G. Cerini e M. Spinosi, Voci della scuola, VIII volume, Tecnodid, Napoli 2009; Orientamento formativoo didattica orientativa/orientante in «RIS Rivista dell’istruzione » n.2/2010 (marzo-aprile), Dalle competenze orientative all’orientamento formativo o didattica orientativa/orientante in D. Guglielmi e M.G. D’Angelo (a cura di), Prospettive per l’orientamento. Studi ed esperienze in onore di Maria Luisa Pombeni, Carocci editore, Roma 2011; Standard minimi per l’orientamento nel sistema scolastico in «RIS Rivista dell’istruzione » n. 1-2/2015.