Le treccine di Greta: la meglio gioventù?
È Greta Thunberg ad aprire la settimana dedicata all’emergenza climatica con il suo discorso all’Assemblea ONU del 23 settembre. Al terzo Fridays for Future rispondono al suo appello milioni di giovani in tutto il mondo, un milione solo in Italia, per fare pressione sui decisori politici.
Che cosa è successo perché in tempi relativamente brevi una generazione di sdraiati e prima ancora di bamboccioni lasciasse il posto a giovani che interrogano i potenti della Terra sulle responsabilità ancora eluse sui destini infausti del nostro Pianeta e del loro futuro?
Quali sono le caratteristiche di quella che il quotidiano la Repubblica non esita a definire la meglio gioventù? Per dirla col ministro Lorenzo Fioramonti, è la scuola che in questo caso deve prendere lezione dai ragazzi? Questa partecipazione degli studenti ad una manifestazione benedetta dalle istituzioni è forse da considerare un esempio fruttuoso dell’apprendimento permanente che tiene insieme i percorsi formali con quelli non formali e informali? Merita dunque una giustificazione preventiva da parte della scuola? Ma in questi casi chi è in grado di dire quali risultati in termini di modifiche dei comportamenti si possano ritenere acquisiti?
Lo sviluppo sostenibile come storytelling dei processi di apprendimento
Come insegna J.Bruner, apprendere è sapersi raccontare i fatti a partire da come abbiamo tematizzato e problematizzato la storia in cui questi fatti sono narrati.
Se non riusciamo a farlo, è come se quei fatti non fossero mai accaduti.
L’efficacia comunicativa delle treccine di Greta e la chiarezza della sua denuncia hanno apparentemente fatto da collante e hanno messo insieme i giovani dei paesi occidentali a quelli dei paesi emergenti e a quelli dei paesi in via di sviluppo. In nome di un obiettivo comune, la sopravvivenza, essi sembrano disponibili a una sorta di temporanea messa in mora della storia di conflitti, muri e contrapposizioni che ha profondamente segnato le differenze, tuttora esistenti, tra occidente e oriente, tra primo, secondo e terzo mondo.
Se fosse questo il nuovo profilo della cittadinanza globale, come potremmo consolidarlo?
A scuola di sostenibilità: quando il PIL non basta più
Il World Summit on Sustainable Developement del 2002 aveva definito lo sviluppo sostenibile la cultura che consente di integrare economia, società e ambiente in un equilibrio dinamico che coniuga qualità ambientale, equità sociale e prosperità economica.
A distanza di quasi vent’anni, le crescenti emergenze ambientali, climatiche, energetiche e umanitarie si connotano sempre più come crisi globali che hanno bisogno di essere ricondotte ad un quadro concettuale e valoriale di tipo interdisciplinare che la cultura dello sviluppo sostenibile sembra poter assicurare.
A dimostrazione di ciò, i 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030 sono tutti interconnessi all’interno di 5 aree di intervento: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership per lo sviluppo del capitale umano, naturale, sociale e fisico.
Un’educazione di qualità, inoltre, che sia equa ed inclusiva, può garantire (Goal 4 Agenda ONU 2030) opportunità di apprendimento per tutti in tutte le età e dare concretezza di risultato alla Strategia ET 2020 per una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva.
In realtà, e siamo quasi allo scadere della seconda strategia decennale dell’UE, pochi dei risultati prefissati sono stati raggiunti, soprattutto in settori fondamentali quali l’occupazione, l’energia e il clima[1].
La strategia ET 2020
Settore |
Dato di partenza 2010 |
Criticità da monitorare |
Dato atteso 2020 |
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Occupazione |
Il 69% delle persone di età compresa tra i 20/64 anni risulta essere occupata, con forme contrattuali differenziate |
Occupazione femminile Occupazione giovanile Riqualificazione lavoratori in esubero Integrazione lavorativa migranti |
Il 75% delle persone di età compresa tra i 20/64 anni deve avere un lavoro |
Ricerca e innovazione |
Circa il 2% del PIL è investito in Ricerca e Innovazione. Siamo distanti da Stati Uniti e Cina. |
Incremento dei fattori di produttività e commercializzazione legati allo sviluppo tecnologico |
Il 3% del PIL deve essere investito in Ricerca e Innovazione |
Clima ed Energie |
La situazione di crisi industriale generalizzata può essere incentivo per coniugare innovazione ed economia verde. Si parte dal Protocollo di Kyoto del 1997 e da un target oscillante tra il 6 e il 12% nell’utilizzo di fonti energetiche alternative. Si conta sulla sinergia degli obiettivi. |
L’internazionalizzazione delle Piccole e Medie Imprese La responsabilità sociale delle imprese in rapporto ai consumatori e ai dipendenti La decarbonizzazione dei trasporti pubblici e delle automobili L’uso di biogas derivanti dall’agricoltura |
I traguardi “20/20/20” in materia di clima ed energia devono essere raggiunti: 20% in meno di emissioni di gas serra, 20% in più di utilizzo di energia da fonti rinnovabili, 20% in più di efficienza energetica. Si prevede un risparmio nell’importazione di petrolio e gas di 60 miliardi di euro in 10 anni. Per l’Italia l’obiettivo si attesta al 17% |
Istruzione |
Il tasso medio di abbandono scolastico si attesta al 14,4%, ma l’Italia è al 19,2 |
Le misure specifiche di ogni Paese mirate alla prevenzione, all’intervento e alla compensazione |
Il tasso di abbandono scolastico deve scendere entro il 10% e almeno il 40% dei giovani adulti tra i 30 e i 34 anni deve essere laureato |
Lotta alla povertà |
Prima della crisi erano 80 milioni gli europei in stato di povertà, di cui 19 milioni bambini. I più a rischio sono i disoccupati |
Le protezioni sociali La crescita dell’offerta di lavoro di qualità in rapporto alle competenze acquisite nei percorsi di istruzione e formazione Il ruolo dell’apprendimento permanente |
Almeno 20 milioni di europei devono uscire dallo stato di povertà |
Gli indicatori di benessere: HDI (Human Developement Index)
A indicatori di sviluppo macroeconomico come il Prodotto Interno Lordo si affiancano indicatori come l’Human Development Index[2] e l’Happy Planet Index, che tengono conto di fattori quali l’aspettativa di vita, l’istruzione, il reddito nazionale lordo pro capite, veri e propri indicatori di benessere o di qualità della vita. Sono, questi ultimi, indicatori che trovano radici nell’attenzione a ciò che viene perso nei processi di sviluppo in termini di risorse naturali e umane; nascono quindi dalla parte di quei paesi segnati nel sottosviluppo dal depauperamento delle risorse durante secoli di colonialismo occidentale.
Tuttavia, pur con indicatori diversi, qualità della vita e/o ricchezza, sono sempre gli stessi Paesi a conquistare i primi posti nelle classifiche internazionali.
Anzi, sembra che le categorie della sostenibilità aprano a nuovi conflitti tra ciò che viene considerato patrimonio dell’umanità (vedi il caso Amazzonia, inquinamento in Cina etc.) e i processi di legittima emancipazione dalla povertà dei Paesi emergenti.
Su questi temi la scuola può e deve saper utilizzare quel corpo di conoscenze formalmente organizzato in discipline, per formare le competenze del cittadino globale e aiutare gli studenti a tematizzare la sostenibilità.
Navigare attraverso l’incertezza
L’OECD , Organization for Economic Cooperation and Development, nel 2018, scrive:
“A meno che non sia guidato da uno scopo, il rapido progresso della scienza e della tecnologia può ampliare le ingiustizie, esacerbare la frammentazione sociale e accelerare l’esaurimento delle risorse. Nel 21° secolo, questo scopo è stato sempre più definito in termini di benessere. Ma il benessere coinvolge di più che il semplice accesso a risorse materiali, come reddito e ricchezza, posti di lavoro e guadagni e alloggi. È anche legato alla qualità della vita, compresa la salute, l’impegno civico, le connessioni sociali, l’istruzione, la sicurezza, la soddisfazione della vita e il diritto ad un ambiente salubre. Un accesso equo a tutti questi elementi è alla base del concetto di crescita inclusiva. L’istruzione ha un ruolo vitale da svolgere nello sviluppo delle conoscenze, abilità, attitudini e valori che consentono alle persone di farlo”[3].
La pubblicazione dell’Organizzazione internazionale dei Paesi ad economia avanzata propone una visione chiara e fondativa delle nuove frontiere educative verso il 2030: l’obiettivo educativo che ricomprende tutti gli altri va individuato nel benessere individuale e collettivo (individual and collective well-being).
“Se gli studenti devono svolgere un ruolo attivo in tutte le dimensioni della vita, avranno bisogno di navigare attraverso l’incertezza, attraverso un’ampia varietà di contesti: nel tempo (passato, presente, futuro), nello spazio sociale (famiglia, comunità, regione, nazione e mondo) e nello spazio digitale. Dovranno anche impegnarsi con il mondo naturale, per apprezzarne la fragilità, la complessità e il valore”[4]
Competenze trasformative: innovazione, consapevolezza, responsabilità
La scuola ha il compito di curare soprattutto quelle competenze trasformative delle altre skill, che sono abitualmente raggruppate in competenze di base, competenze trasversali e qualità personali.
Esse rispondono al bisogno crescente di giovani innovativi (creating new value), consapevoli (reconsiling Tensions &Dilemmas), responsabili (taking responsibility) per modellare il futuro in senso equo e sostenibile. “Le competenze abilitano le persone a contribuire ad un futuro inclusivo e sostenibile, imparando a darsi obiettivi chiari e propositivi, a lavorare con gli altri con prospettive diverse, trovare opportunità non sfruttate e identificare più soluzioni a grandi problemi.”
E sempre nel 2018, anche la Raccomandazione del Consiglio d’Europa, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, giunge ad una definizione articolata di competenza molto simile a quella dell’OECD:
“Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, l’occupabilità, l’inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile, una vita fruttuosa in società pacifiche, una gestione della vita attenta alla salute e la cittadinanza attiva. Esse si sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente, dalla prima infanzia a tutta la vita adulta, mediante l’apprendimento formale, non formale e informale in tutti i contesti, compresi la famiglia, la scuola, il luogo di lavoro, il vicinato e altre comunità.”
Il Piano nazionale per l’educazione alla sostenibilità (2015)
Nel Piano Nazionale per l’Educazione alla sostenibilità del 2015 erano previste una serie di azioni che dovevano tradursi in azioni strutturali per i PTOF e in contenuti di formazione per insegnanti e dirigenti scolastici.
- Pubblicazione delle Linee guida per il contrasto agli stereotipi e alla violenza di genere (comma 16 art.1 legge 107/2015) e aumento dei fondi per favorire l’accesso delle studentesse alla formazione terziaria;
- Aggiornamento delle Linee Guida per le competenze alla cittadinanza globale per la nuova frontiera dell’educazione interculturale;
- Aggiornamento delle Linee Guida per l’educazione ambientale e l’educazione alimentare;
- Inserimento dell’educazione alla sostenibilità nella Formazione dei docenti neoassunti
- Azioni per l’efficientamento energetico delle scuole e l’acquisto di arredi innovativi
Lo scenario della sostenibilità: MIUR e ASVIS (2016)
Lo stesso Protocollo d’Intesa tra MIUR e ASvis del 16 novembre 2016 ribadisce nel sottotitolo la sua ragion d’essere: favorire la diffusione della cultura della sostenibilità in vista dell’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
L’educazione alla sostenibilità viene quindi sempre riproposta come l’approccio olistico, l’integrazione tra pensiero e pratica per immaginare il cambiamento esplorando futuri alternativi[5], come profilo etico della complessità.
Lo sviluppo sostenibile fa da scenario, da sfondo integratore, grazie al quale gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 e quelli di ET 2020 si possono trasformare in priorità formative da ribadire nell’offerta formativa delle scuole.
In Italia, il Rapporto 2017 dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)[6] indica come il MIUR lo abbia declinato in obiettivi strategici.
- Qualità degli apprendimenti con attenzione allo sviluppo delle competenze per la cittadinanza e l’occupabilità
- Contenimento del fenomeno della dispersione scolastica
- Precedenza all’inclusione
- Sviluppo dell’apprendimento permanente, in particolare nell’area dell’istruzione degli adulti
- Adozione del Sistema integrato 0-6
- Diffusione dell’educazione alla sostenibilità e alla cittadinanza globale
L’educazione allo sviluppo sostenibile nel PTOF (2019)
Volendo procedere in questa direzione, si può inserire l’ultima nota del 20 settembre 2019 della Direzione per lo Studente Educazione ambientale, alla sostenibilità, al patrimonio culturale, alla cittadinanza globale – Offerta formativa per l’anno scolastico 2019/2020 come contributo offerto alle scuole per comprendere quanto pesi all’interno del proprio PTOF l’educazione allo sviluppo sostenibile.
C’è il rischio che possa trasformarsi in un semplice acquisto di pacchetti preformati e giustapposti o, al contrario, integrarsi con la ricchezza dell’associazionismo a livello territoriale, nazionale e internazionale.
La scheda riepilogativa suddivide le Associazioni/Onlus, indicate dalla nota come possibili partner di progetto o come titolari di progetti già avviati a cui le scuole possono aderire, a seconda dei settori di intervento.
Ambiente – energie |
Patrimonio culturale- Innovazione didattica |
I diritti negati e il dialogo interculturale |
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Gse Gestore Servizi Energetici |
Fondazione Napoli99 Onlus |
Agesci |
Earth Day Italia |
Italia Nostra Onlus |
Amref Health Africa |
CAI Club Alpino Italiano |
La Fabbrica |
LAV Lega antivivisezione |
Giornalisti nell’erba |
Next Nuova Economia per tutti |
Museo Muma Assisi |
Isola della sostenibilità | ||
Lega Navale Italiana | ||
Legambiente | ||
WWF Italia Onlus |
Sempre recentemente il ministro Lorenzo Fioramonti ha dichiarato di aver deciso di farsi affiancare da un consiglio sullo sviluppo sostenibile per il potenziamento di una didattica ad impronta ecologista, formato da tre esperti: Enrico Giovannini, portavoce dell’ASviS, Jeffrey Sachs, economista statunitense e Vandana Shiva, ambientalista indiana.
C’è da augurarsi che questa sia la giusta premessa perché la centralità del ruolo riconosciuto all’educazione nella formazione delle competenze utili per il governo della complessità non si trasformi nella perdita progressiva della necessaria sussistenza di uno zoccolo duro di tipo culturale e disciplinare a cui formare lo spirito critico degli studenti.
[1] Cfr. L.Maloni, R.Seccia,a cura di, Richiamo all’Europa pagg.28 e 29, Tecnodid Editrice, Napoli 2018
[2] È il Premio Nobel per l’Economia Amartya Sen a introdurre gli indicatori per lo sviluppo economico sostenibile, spesso utilizzati per le iniziative di Banca Etica.
[3] OECD 5 aprile 2018 The Future of Education and Skills Education 2030
[4] ibidem
[5] Cfr. Linee guida Educazione Ambientale per lo sviluppo sostenibile 2014, pag.7
[6] Cfr. pag. 62 http://asvis.it/public/asvis/files/Rapporto_ASviS_2017/REPORT_ASviS_2017_WEB.pdf