Le notizie dal fronte dell’integrazione scolastica sono sempre più contraddittorie: se da un lato aumentano le risorse di personale dedicate all’inclusione, avendo i docenti di sostegno raggiunto la ragguardevole cifra di 155.000 unità (Lega, 143), dall’altro quegli stessi docenti di sostegno non ci sono (manca un organico di diritto stabile e mancano gli insegnanti specializzati). Le chiamate in ruolo sono andate pressoché deserte e il MIUR è corso ai ripari bandendo concorsi riservati e aprendo la possibilità di ampliare il numero dei docenti specializzati (Rondanini, 125).
Il rischio è che anche le buone intenzioni per una didattica inclusiva, che fanno mostra di sé in quasi tutti i documenti del MIUR, restino lettera morta (Rondanini, 132) e si continui ad inseguire la quantità dei posti, piuttosto che la qualità delle didattiche inclusive. Sarebbe necessario un più consistente impegno nelle iniziative di formazione in servizio, da rivolgere non solo ai docenti di sostegno, ma alla generalità degli insegnanti. Da alcuni anni opera una rete di centri risorse e di scuole polo, ma più arduo è valutare l’efficacia degli interventi di supporto e consulenza (Brescianini, 134).
Inoltre, i problemi in classe si stanno estendendo ad altre tipologie di bisogni educativi speciali, ben oltre l’area della disabilità certificata (Stornaiuolo, 135). Va segnalato che per la prima volta nell’a.s. 2017-18 il numero degli alunni con disturbi specifici di apprendimento ha superato quello degli allievi disabili certificati in base alla legge 104/1992 (3,2 % vs 3,1 %). Il fenomeno segnala una maggiore sensibilità della scuola nei confronti delle difficoltà di apprendimento degli allievi, con corredo di attività formative specializzate e di consulenza (Stornaiuolo, 123), ma nasconde anche una distorsione nella classificazione degli alunni in potenziale difficoltà. Esiste anche il problema degli allievi iperdotati, che richiederebbero anch’essi un’attenzione personalizzata (Aimi, 123).
Occorre, ora, valutare l’impatto delle (piccole) novità introdotte nel decreto legislativo 66/2017, ove si faceva apprezzare l’introduzione dell’ICF come modello più aperto per interpretare i bisogni educativi del soggetto disabile. Il ripristino del concetto di “gravità” del deficit (al di là della valutazione complessiva del contesto e dell’individuazione di risorse diverse: personale di assistenza, ATA, tecnologie, organizzazione delle classi, formazione, ecc.) sembra rappresentare un passo indietro nell’assegnazione del sostegno, con parametri di tipo quantitativo. Insomma, il passaggio “dal sostegno ai sostegni” (per una didattica inclusiva) sembra di là da venire…