C’è sempre una prima volta
L’anno scolastico 2019-2020 si preannuncia carico di impegni e novità che di certo terranno impegnati fin dai primi giorni di settembre docenti e dirigenti, vecchi e nuovi. In particolare la progettualità strategica della scuola si compie nella sua interezza, tant’è che tutti i documenti che la caratterizzano vengono resi disponibili per il lavoro delle scuole da settembre a dicembre 2019. Un ciclo progettuale che era partito con l’autovalutazione per realizzare il miglioramento degli esiti, aveva inserito tutto nella triennalità dell’offerta formativa per arrivare, in conclusione, a dare conto dei risultati raggiunti. In questa ciclicità i punti fermi sono stati e restano loro: i documenti strategici della scuola che vanno dal Rapporto di autovalutazione (RAV), al Piano di miglioramento (PdM), al Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF) fino alla Rendicontazione sociale (RS). In un rincorrersi non sempre ordinato di scadenze, rimandi, strumenti e piattaforme siamo, dunque, giunti al termine di questa prima volta in cui la progettualità della scuola si è fatta strategica. Ma in concreto, cosa significa?
La caratteristica strategica della progettualità
Perché la progettualità della scuola, in quanto organizzazione complessa, si possa definire strategica, non basta fare riferimento al dilatato orizzonte temporale in cui la legge n. 107/2015 ha proiettato il POF, facendolo diventare triennale, ma occorre invece guardare ai rinnovati processi scolastici ed alla necessità di una logica interna che ne curi i legami. Da quando, infatti, nelle scuole si è introdotto in maniera sistemica il principio riflessivo dell’analizzarsi per orientare le scelte future, la coerenza tra i documenti è diventata fondamentale per valorizzare le scelte compiute e conferire loro una visione strategica. Nell’intreccio dei documenti e delle finalità che li hanno resi necessari, l’identità di una scuola si fa evidente e l’esercizio dell’autonomia si concretizza. Perché questo avvenga, però, è indispensabile che i docenti e i dirigenti utilizzino gli strumenti del Sistema nazionale di valutazione (SNV) con consapevolezza e governino i processi in maniera condivisa e partecipata. Sono questi i presupposti, infatti, per riuscire a realizzare l’ultimo processo del ciclo di valutazione delle scuole: la rendicontazione sociale[1].
L’oggetto della rendicontazione
Per predisporre il documento per la rendicontazione sociale, innanzitutto occorre che le scuole analizzino le Priorità ed i Traguardi che avevano indicato al termine del percorso di valutazione per i loro Piani di miglioramento e scelgano quali, tra quelli inseriti nei RAV realizzati dall’anno scolastico 2014-15 all’anno scolastico 2018-19, portare in rendicontazione. In aggiunta, o in alternativa, alle priorità così individuate, ciascuna scuola può scegliere di rendicontare le priorità generali fissate per la propria progettualità, o scegliendole tra gli obiettivi formativi prioritari declinati nel comma 7 della Legge n. 107/15 o descrivendole liberamente, per poi rendicontarne il raggiungimento. Questa soluzione, proposta dal MIUR attraverso la piattaforma per la Rendicontazione sociale disponibile all’interno del portale SNV, consente a ciascuna scuola di dare conto di quanto realizzato, anche nel caso in cui la descrizione fornita a monte delle priorità non sia stata puntuale.
Come dare conto dei risultati raggiunti
Una volta scelte, o descritte, le priorità che si vogliono rendicontare, potrebbe sembrare che l’avere a disposizione una piattaforma dedicata attraverso cui, seguendone i passaggi, rendere esplicito il valore aggiunto della scuola, renda il processo facile e per lo più compiuto. In realtà la vera difficoltà sta proprio nel riuscire a dare davvero conto dei risultati raggiunti, evitando che la Rendicontazione sociale diventi una libera narrazione, non necessariamente veritiera né tanto meno capace di parlare ad un pubblico di non addetti ai lavori. Per evitare che questo accada e affinché la Rendicontazione sociale non sia percepita come un adempimento formale veicolato attraverso la compilazione di una piattaforma comune predisposta dal MIUR, è necessario che le scuole attivino dei processi di riflessione interna e approfondiscano la cultura dei dati. Negli ultimi anni, infatti, le scuole hanno sempre più a disposizione una serie di dati raccolti a livello centrale, si pensi al RAV o anche al PTOF o, più in generale, agli open data messi a disposizione di quanti vogliano analizzare i processi scolastici, ma non sempre se ne sanno trarre le giuste informazioni.
La vera caratteristica innovativa della piattaforma per la Rendicontazione sociale è proprio quella di fornire in serie storica gli Esiti raggiunti dagli studenti della scuola nel periodo temporale che si sta portando in rendicontazione. Quei dati, però, illustrati attraverso grafici e tabelle, non restituiscono con immediatezza quanto ha realizzato la scuola, né sono direttamente comprensibili dal pubblico delle famiglie e del territorio in generale, a cui la Rendicontazione sociale è prioritariamente rivolta. Perché questo scopo sia raggiunto e la Rendicontazione sociale sia un documento con la giusta efficacia comunicativa, docenti e dirigenti devono approfondirne il senso, inquadrandolo nella logica progettuale che ormai caratterizza tutti i documenti strategici della scuola.
Perché occorre rendicontare
È condiviso considerare il processo della rendicontazione come momento che realizza in maniera compiuta l’autonomia scolastica. In effetti si era sentita la necessità di dare conto delle scelte effettuate contestualmente alla nascita dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, all’indomani della Legge Bassanini. Da quando, infatti, ciascuna scuola opera le proprie scelte e definisce la propria offerta formativa, assumendosene la responsabilità in termini di successo formativo e qualità del servizio, ne deriva l’esigenza che le stesse scuole illustrino con trasparenza alla comunità quanto posto in essere.
Si rendiconta, in generale, per riuscire a valorizzare l’apporto sociale di una qualsiasi organizzazione al contesto in cui è inserita, eppure le scuole, che per finalità istituzionale facilmente potrebbero rendicontare il valore sociale del proprio mandato, sono arrivate tardivamente a realizzare questo processo. Sono, ad esempio, passate indenni dalla Direttiva della Funzione Pubblica del 2006, che chiedeva a tutte le Pubbliche Amministrazioni di redigere il Bilancio sociale, e arrivano oggi, in ragione del ciclo di valutazione descritto nel DPR n. 80/2013, alla prima predisposizione della Rendicontazione sociale. È del tutto evidente, quindi, che manchi dimestichezza con questo processo e che non sia diffusa né la pratica né la cultura del rendere conto, pubblicamente, delle proprie scelte e dei risultati che ne sono conseguiti.
Occorre, allora, che le scuole investano nella formazione del personale, per sviluppare competenze professionali specifiche che sappiano analizzare i dati a disposizione per farne analisi qualitativa in grado di orientare più efficacemente le scelte future. Accanto a queste competenze, risultano necessarie anche altre specifiche professionalità, ad esempio per la diffusione della Rendicontazione attraverso un buon piano di comunicazione, che sappia comunicare in maniera partecipata la Rendicontazione sociale all’interno ed all’esterno della scuola. Solo così quest’ultimo documento della progettualità strategica della scuola da adempimento formale può diventare occasione di crescita di una intera comunità, rinsaldandone il senso di appartenenza interno ed evidenziando il legame di corresponsabilità che lega ciascuna scuola al suo territorio nel raggiungimento dei risultati formativi.
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[1] Per approfondire il tema della progettualità strategica consultare Una guida per il PTOF. Dal piano triennale alla rendicontazione sociale: come orientarsi tra i documenti della scuola, M.T. Stancarone, Tecnodid, 2018.