Mentre stanno riprendendo i lavoro delle due commissioni (Commissione per l’infanzia e cabina di regia) previste per l’attuazione del d.lgs. 65/2017 (Sistema integrato 0-6), l’Unione Europea si fa viva con due importanti documenti di indirizzo e orientamento: la Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2019, relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia e il Rapporto Eurydice, sull’educazione e cura della prima infanzia. In questo contributo presentiamo una sintesi del rapporto europeo sull’infanzia, che contiene preziosi suggerimenti anche per la situazione italiana.
Il rapporto Eurydice sull’educazione e cura della prima infanzia
È stata pubblicata di recente la seconda edizione del rapporto curato dalla rete Eurydice su Key Data on Early Childhood Education and Care in Europe 2019[1].
Quando si fa riferimento all’”ECEC – Early Childhood Education and Care”, ci si riferisce al servizio offerto ai bambini dalla nascita all’istruzione primaria, assoggettato ad una serie di regole, di standard minimi e/o di procedure per l’accreditamento, che ne costituiscono un quadro di regolamentazione nazionale. Esso comprende i servizi privati, pubblici e del volontariato, nonché il servizio presso centri e anche a domicilio di chi offre il servizio.
Lo studio di Eurydice analizza lo stato dell’arte dei servizi dedicati alla prima infanzia nei paesi europei ed è stato redatto a soli cinque anni di distanza dalla prima edizione, elaborata a suo tempo in collaborazione di Eurostat[2]. In quel primo rapporto troviamo sottolineato che fornire un’istruzione di qualità della prima infanzia è fondamentale e che uno dei principali obiettivi della Strategia Europea 2020[3] punta alla frequenza della scuola dell’infanzia da parte del 95% di bambine e bambini di 4 anni.
Verso ECEC di alta qualità per tutti i bambini in Europa
È il titolo con cui viene introdotto il sommario di sintesi del nuovo rapporto di Eurydice: in esso viene ribadito che l’educazione e la cura della prima infanzia è sempre più riconosciuta basilare per fornire le basi per l’apprendimento e lo sviluppo permanente.
D’altronde, l’ECEC – «intesa come il diritto a un buon inizio di vita e come diritto ad apprendere e crescere»[4] – è anche uno dei pilastri dei diritti sociali indicati dall’Unione Europea (UE) stessa nel 2017: l’undicesimo principio chiave de “Il pilastro europeo dei diritti sociali in 20 principi”[5] enuncia che «I bambini hanno diritto all’educazione e cura della prima infanzia a costi sostenibili e di buona qualità. I minori hanno il diritto di essere protetti dalla povertà. I bambini provenienti da contesti svantaggiati hanno diritto a misure specifiche tese a promuovere le pari opportunità».
Vero è che, attualmente, i bambini sotto i 6 anni di età presenti nell’UE sono circa 31 milioni e non tutti hanno accesso all’ECEC. Solo il 34% dei bambini con meno di tre anni gode della possibilità di questo tipo di servizio e solo otto Stati membri (Danimarca, Germania, Estonia, Lettonia, Slovenia, Norvegia, Finlandia e Svezia) garantiscono un posto per ogni bambino fin dalla tenera età (da 6 a 18 mesi). La percentuale aumenta per i bambini della fascia fra i tre e i sei anni di età, superando anche già la media del 95% per i bambini di 4 anni di età prevista dalla Strategia 2020. Vi è, inoltre, un numero crescente di paesi che hanno reso obbligatoria la frequenza dell’ultimo anno di ECEC, ma, al contempo, esiste ancora in Europa circa un milione di bambini di età superiore a tre anni che non riesce ad accedere ai servizi per l’infanzia.
Un’analisi in cinque capitoli
Nel nuovo rapporto, i sistemi ECEC in Europa vengono esaminati in cinque capitoli, arricchiti di tabelle e figure di sintesi, utilizzate anche a corredo delle schede informative riguardanti i sistemi nazionali di 43 paesi europei.
Ogni capitolo si riferisce ad una delle dimensioni alla base dell’elevata qualità auspicata in diversi documenti europei e richiamate anche nella Raccomandazione adottata dal Consiglio UE lo scorso 22 maggio[6]. Si tratta di dimensioni fondative delle condizioni per la qualità dell’educazione e della cura della prima infanzia stabilite nel 2014 da un apposito gruppo di esperti provenienti da 25 paesi europei[7].
Governance, accesso, personale, linee guida educative, valutazione e monitoraggio costituiscono, invero, gli architravi dell’ECEC e rappresentano importanti sfide su cui i decisori politici, come veniva già indicato nel 2014, possono avere un’influenza diretta[8]:
Una buona governance a servizio dell’infanzia
Nel primo capitolo viene ribadito, invero, quanto sia fondamentale il ruolo dei responsabili politici per la creazione di un quadro normativo che incoraggi un approccio integrato e un elevato standard di servizio nell’impostazione di tutto il settore.
Continua a permanere una notevole differenza tra i paesi rispetto al modello di servizio prevalente, come si evidenzia nella figura sottostante:
Meno di un terzo dei paesi esaminati ha una struttura unica e si tratta maggiormente dei paesi nordici e delle aree baltica e balcanica; invece, in un quarto dei sistemi educativi coesistono entrambe le tipologie. È da rilevare che questa divisione tradizionale fra aspetto dell’accudimento e quello educativo sta lentamente scomparendo, con l’emanazione in molti paesi di linee guida educative anche per i bambini più piccoli e con l’introduzione, più in generale, di sistemi totalmente o parzialmente integrati[9].
Resta comunque da segnalare che, in generale, l’organizzazione dell’ECEC segue la tipologia di gestione utilizzata. Di certo, si evince che attribuire tutta la fase dell’ECEC a un singolo ministero o a un’autorità superiore può aiutare a promuovere politiche coerenti e assicurare servizi migliori[10] e in tutti i paesi con una struttura unitaria vi è anche una gestione integrata, con la responsabilità dell’ECEC interamente affidata al Ministero dell’Istruzione.
Accesso per tutti
Il secondo capitolo si concentra principalmente sulle politiche generali introdotte dalle autorità di alto livello per creare l’ECEC accessibile e disponibile per tutti i bambini.
Le riduzioni delle tariffe e l’accesso prioritario sono le due più comuni misure utilizzate per garantire l’inclusività nell’ECEC rispetto ai bambini più vulnerabili, specie per quelli che vivono in contesti svantaggiati.
Attualmente, in Europa ci sono due approcci adottati per garantire l’accesso universale all’ECEC: il diritto legalmente riconosciuto a un posto e/o l’obbligo di frequenza. L’età in cui i bambini hanno il diritto al posto nell’ECEC varia molto fra i 15 paesi che lo prevedono: vi sono solo otto paesi che garantiscono questo diritto sin dalla nascita o immediatamente dopo la fine del congedo parentale, mentre altri paesi dall’età di tre anni e solo due paesi per l’ultimo anno. La frequenza è obbligatoria in circa undici paesi.
La maggior parte delle famiglie paga per accedere all’ECEC per i bambini di età inferiore ai tre anni, con cifre variabili da paese a paese. Solo la Lettonia garantisce un posto gratuito in strutture pubbliche per ogni bambino dall’età di un anno e mezzo, mentre in Lussemburgo, Lituania, Romania e Montenegro l’accesso all’ECEC è gratuito, ma senza posti garantiti.
È da segnalare che in alcuni paesi, i servizi offerti per i bambini al di sotto dei tre anni non sono considerati educativi e quindi non sono inclusi nello schema di classificazione dei livelli ISCED, né fanno parte delle statistiche sull’educazione che sono la principale fonte internazionale per i confronti dei tassi di partecipazione dell’ECEC[11].
Personale altamente qualificato
La garanzia di un livello alto di qualità è di sicuro misurata con il livello di qualificazione del personale. Nel terzo capitolo del rapporto viene messo in evidenzia che solo un terzo dei paesi europei richiede che almeno un membro del personale per gruppo di bambini sia altamente qualificato, mentre in un altro terzo di paesi la presenza di personale altamente qualificato è richiesta per la fase ECEC destinata ai bambini di età superiore ai tre anni.
La situazione si presenta, dunque, piuttosto disomogenea e ciò vale anche per la figura dell’assistente, presente in più della metà dei paesi europei, ma con una formazione specifica per l’ECEC richiesta solo nel 50% di essi.
Anche il numero minimo di bambini/e assegnato per ogni educatore varia da paese a paese e, generalmente, il rapporto è più basso al di sotto dei tre anni: si va da 3 bambini di 2 anni assegnati in Norvegia e Montenegro a un massimo di 18 della stessa età assegnati in Spagna. All’età di 4 anni il numero aumenta fino a 20 bambini per la gran parte di paesi, restando invece più bassa solo nei paesi baltici.
Linee guida a supporto dell’ECEC
In questo capitolo, lo studio di Eurydice si concentra sui processi chiave che si svolgono all’interno dell’ECEC. Il modo di prendersi cura, insegnare e organizzare l’apprendimento determina in gran parte la qualità della fornitura dei servizi ECEC: «Una combinazione ben bilanciata di cura e di educazione fornisce le condizioni ideali per lo sviluppo cognitivo, sociale e fisico dei bambini, aiutandoli a sviluppare la fiducia in se stessi ea costruire un’immagine positiva di sé (Einarsdottir, 2015; Pramling, Doverborg e Samuelsson, 2017)»[12].
In ragione di ciò, viene posto l’accento sulla valenza di linee guida pubblicate dalle autorità di riferimento a supporto dei professionisti per il raggiungimento di adeguati livelli di qualità. La disamina verte da un lato sul confronto tra i sistemi educativi che hanno emanato linee guida di alto livello, dall’altro sulle misure più idonee per assicurare continuità pedagogica tra ECEC e istruzione primaria.
Ad ogni modo, emerge che il “contenuto educativo” è richiesto da circa un terzo dei paesi europei solo per i bambini di età superiore ai 3 anni. In genere, le linee guida educative riguardano lo sviluppo emotivo, personale e sociale dei bambini, nonché lo sviluppo fisico, le abilità artistiche e di comunicazione, la comprensione del mondo, le capacità collaborative e l’educazione alla salute. L’approccio invece alle lingue straniere e all’istruzione digitale viene destinato più frequentemente ai bambini più grandi.[13]
Sistema di valutazione e monitoraggio
Il capitolo dedica una particolare attenzione ai sistemi di valutazione e monitoraggio laddove esistenti, mappandone gli approcci utilizzati ed esaminandone la portata dei rispettivi aspetti, nonché il tipo di organismo responsabile, perlopiù regolato dalle autorità pubbliche.
Viene utilizzato il termine valutazione quando si fa riferimento ai singoli setting, mentre il monitoraggio si riferisce al sistema ECEC nel suo complesso.
I sistemi di valutazione e monitoraggio sono progettati per raggiungere, mantenere o sviluppare una fornitura di alta qualità nell’ECEC identificando punti di forza e di debolezza, su cui poter intervenire in maniera mirata.
Anche per questa dimensione la situazione si presenta piuttosto differenziata tra i diversi paesi europei, come si evince dalla figura di seguito riportata:
Lo stato dell’arte in Italia
La scheda informativa relativa al nostro paese riporta i dati più recenti a disposizione:
In effetti, la situazione nel nostro paese è attualmente in fieri. Le novità introdotte con la legge n. 107 del 2015, per lo sviluppo di un sistema integrato 0-6 anni, hanno generato l’emanazione nel 2017 del D.lgs. n. 65. Si tratta del riferimento normativo intervenuto a regolamentare la frammentazione della disciplina sui servizi per la prima infanzia e a dare impulso all’implementazione dell’educazione dei più piccoli su tutto il territorio nazionale.
I presupposti di un sistema di qualità dell’ECEC italiano sono tutti contenuti nel decreto legislativo e alcune indicazioni iniziali erano state date con la Nota MIUR del 19 febbraio 2018[14], ma a tutt’oggi il cammino resta ancora tutto in salita, come ha ricordato anche G. Cerini nelle pagine di questa newsletter[15].
Anche il Coordinamento Nazionale per le Politiche dell’Infanzia e della sua Scuola, riunitosi il 27 marzo scorso presso la Sala delle Conferenze Stampa della Camera, ha analizzato lo stato dell’arte per rilanciare le politiche per l’infanzia nel sistema per lo zero sei, mettendo in rilievo le non poche criticità da superare. A fronte di esperienze interessanti e significative, presenti a macchia di leopardo lungo l’intero stivale della penisola, resta comunque da scontare un’organizzazione e una qualità del servizio con notevoli diseguaglianze su tutto il territorio, con picchi regionali la cui offerta educativa pubblica, per la fascia d’età 0-3 anni, si attesta su percentuali ancora troppo basse.
Una necessaria spinta in avanti
Bisogna che nel nostro paese si abbia la consapevolezza dell’importanza di investimenti mirati per l’educazione della prima infanzia, così come sottolineato nei documenti dell’UE. Proprio le ultime Raccomandazioni del Consiglio UE ci rammentano che «La partecipazione alle attività di educazione e cura della prima infanzia implica molteplici benefici tanto per i singoli quanto per la società in generale: dal conseguimento di un migliore livello d’istruzione e di migliori risultati nel mercato del lavoro a un minor numero di interventi sociali ed educativi fino a società più coese e inclusive. Nelle indagini PIRLS e PISA i bambini che hanno ricevuto un’educazione nella prima infanzia per più di un anno hanno ottenuto punteggi migliori in lingua e matematica. È stato inoltre dimostrato che la partecipazione all’educazione e alla cura della prima infanzia di qualità è un fattore importante per la prevenzione dell’abbandono scolastico»[16].
Vi è la necessità di azioni più incisive, soprattutto a livello centrale e regionale, in un dialogo propulsivo, che parta anche da un’operatività propositiva di tutti i soggetti già individuati (la Commissione tecnico-scientifica per gli aspetti pedagogico-didattici; la Cabina di Regia per le questioni più di carattere istituzionale ed organizzativo)[17]. Vi è la necessità di riuscire a creare fattive sinergie anche da parte degli Staff individuati presso ogni Ufficio Scolastico Regionale e che potrebbero essere un puntello tra Regione e Stato, oltre che luoghi di confronto tra modelli esperienziali diversi.
L’idea dei Poli per l’infanzia si sta concretizzando molto lentamente, specialmente al Sud. Non mancano tuttavia opportunità che si cerca di mettere a frutto: basti pensare a quanto messo in campo, in ogni regione, a seguito del D.M. n. 721/2018, per l’attuazione di percorsi sperimentali riguardanti sì la scuola dell’infanzia, ma con uno sguardo finalizzato anche al segmento 0-3 anni, in termini di continuità e contiguità effettiva, nell’ottica di un sistema integrato, però, da attualizzare.
—–
[1] http://eurydice.indire.it/pubblicazioni/key-data-on-early-childhood-education-and-care-in-europe-2019/
[2] https://ec.europa.eu/eurostat/documents/3217494/5785249/EC-01-14-484-EN.PDF/cbdf1804-a139-43a9-b8f1-ca5223eea2a1
[3] https://ec.europa.eu/education/policies/european-policy-cooperation/et2020-framework_it
[4] Erika Bartolini, Chi ben comincia … http://eurydice.indire.it/chi-ben-comincia/
[5] https://ec.europa.eu/commission/priorities/deeper-and-fairer-economic-and-monetary-union/european-pillar-social-rights/european-pillar-social-rights-20-principles_it
[6] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2019.189.01.0004.01.ENG&toc=OJ:C:2019:189:TOC
[7] Proposal for key principles of a Quality Framework for Early Childhood Education and Care (2014), relazione del gruppo di lavoro sull’educazione e cura della prima infanzia sotto l’egida della Commissione europea
[8] Cfr. Eurydice, “Sintesi delle politiche educative – Educazione e cura della prima infanzia” , 2014 e “EDUCAZIONE E CURA DELLA PRIMA INFANZIA. Una sintesi delle politiche e delle pratiche in Europa” – Bollettino di Informazione Internazionale – Eurydice-Indire – dicembre 2015
[9] Cfr. E. Bartolini, op.cit.
[10] ibidem
[11] Cfr. Key data on early childhood education and care in Europe 2019, p. 65.
[12] Ibidem, p. 93
[13] Cfr. E. Bartolini, op.cit.
[14] Cfr. R. Seccia, Lo zerosei muove i primi passi, in Notizie della Scuola n. 13 – Anno XLV 1-15 marzo /2018, TECNODID, Napoli.
[15] G. Cerini, Un sistema educativo zerosei tutto da concretizzare, www.scuola7.it/2018/99/?page=1
[16] Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2019 relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia (2019/C 189/02), p. 2
[17] Cfr. G. Cerini, op.cit.