Dirigente scolastico: un profilo in continua evoluzione
Come sarà la dirigenza scolastica del terzo millennio? E dunque quali saranno le caratteristiche richieste per la leadership di scuole sempre più complesse e multitasking, per effetto della destrutturazione dei centri intermedi territoriali? Si sprecano, nella letteratura scientifica dedicata allo studio del ruolo, nelle dichiarazioni degli esperti di management ed anche in quelle dei massimi esponenti politici, le definizioni per delineare la figura e le competenze del dirigente delle scuole del XXI secolo: innovativo, visionario, garante del diritto e dell’equità, comunicativo, empatico, inclusivo, sfidante, aperto al mondo, equilibrato, promotore di sfide didattiche ed organizzative per il miglioramento, abile nella gestione delle risorse umane e finanziarie, dotato di capacità manageriali… L’elenco potrebbe continuare, perché il ruolo presenta tali e tante sfaccettature da non consentire una sua precisa “recinzione”, tant’è vero che nel corso degli anni le ricerche di settore individuano nuove competenze e, di conseguenza, propongono di volta in volta nuove definizioni.
I dirigenti delle scuole autonome hanno 20 anni, eppure …
Dunque il dirigente della scuola dell’autonomia vive immerso in una realtà in continuo dinamismo, perché la fluidità della società contemporanea si riflette e si riversa nella scuola, perché la stessa complessità è una categoria generale che trova la sua particolare declinazione nei singoli contesti. Non dimentichiamo che la dirigenza scolastica è – in Italia, a differenza di altre nazioni europee – una dirigenza ancora “giovane”, che da appena due anni ha superato il traguardo della maggiore età, ma alla quale non sono state ancora veramente consegnate le “chiavi di casa”, anzi…
Il Decreto Concretezza: una storia capovolta
Il recentissimo DDL n. 920-B, Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo (ndr: intanto promulgato come Legge 19.06.2019, n. 56 – G.U. 22.06.2019, n. 145), presentato dal Ministro per la Pubblica Amministrazione di concerto con altri quattro Ministri (Interno, Affari regionali e autonomie, Economia e Finanze, Istruzione, Università e Ricerca), introduce – proprio nell’anno in cui ricorre il ventesimo anniversario del conferimento dell’autonomia alle scuole e, con essa, del ruolo dirigenziale ai capi d’istituto – una “interessante” novità nella vita quotidiana dei dirigenti scolastici: i sistemi di verifica biometrica e di videosorveglianza dell’accesso al luogo di lavoro.
Ma chiediamoci: a cosa serve richiamare il contratto di lavoro, che non fa alcun riferimento all’orario di lavoro e/o a disposizioni di qualsiasi genere relativamente alla permanenza nella sede scolastica da parte del dirigente? A cosa serve sottolineare che il contratto di lavoro dei dirigenti scolastici è lo specchio coerente dell’autonomia?
Serve, invece, dare uno sguardo – sia pure veloce – alla storia dei rilievi biometrici, che furono escogitati alla fine del XIX secolo come sistema di catalogazione di soggetti che si erano resi protagonisti di crimini e di violenze. La produzione letteraria e la filmografia hanno fatto presto man bassa di questo metodo scientifico, grazie al quale – come se fosse un deus ex machina – crimini particolarmente intricati hanno trovato soluzione. Più di recente, soprattutto in plot spionistici, le rilevazioni biometriche appaiono più sofisticate, consentendo addirittura una intera mappatura corporea del malcapitato/malvivente di turno.
I biometrics relief: un attacco all’autonomia
È evidente dunque che il Decreto Concretezza, applicando i rilievi biometrici, effettua una duplice operazione “rivoluzionaria”: da un lato ignora una legge dello Stato italiano, dall’altro instaura un paradosso, per il quale la rilevazione della presenza diventa elemento distintivo e discriminante della dirigenza rispetto al personale docente.
Tuttavia l’aspetto più inquietante di tutta questa vicenda, che si è snodata nei mesi tra le decise prese di posizione della intera categoria dei dirigenti, riguarda la scelta politica e culturale sottesa al Decreto, che – a parere di chi scrive – altro non è che l’ennesimo attacco sferrato all’autonomia delle scuole. Stiamo infatti assistendo alla sistematica spoliazione delle prerogative ad essa connesse in modo funzionale: dalla soppressione della chiamata diretta in poi, ogni passo è diretto verso la restaurazione di un modello di scuola d’antan.
Certo è che un primo risultato dai suoi fautori è stato raggiunto: il clima nelle scuole, peraltro già da qualche anno inasprito a causa della mai digerita valutazione dei docenti (che pure presenta punti rilevanti di disfunzionalità), sta diventando ancora più pesante proprio a causa del Decreto Concretezza, che, sebbene ancora molto lontano dalla fase applicativa, ha sovvertito la “gerarchia” dei controlli.
A dirla tutta, ricorrere al controllo come sistema di miglioramento è una scelta di comodo, apparentemente interventista ma improduttiva, perché non incide sul sistema, non innesca comportamenti virtuosi, non interviene sulle reali défaillance, non indaga sui processi da migliorare, non pone domande e non solleva dubbi. I sistemi di rilevazione sono inermi e non dialoganti: in un certo senso potrebbero addirittura apparire antistorici in un’epoca, qual è la nostra, interamente votata alla comunicazione e alla condivisione.
Cui prodest un’antidirigenza?
Quale sarà dunque la dirigenza scolastica del terzo millennio? Per come la si sta delineando, al di là delle dichiarazioni e delle retoriche di facciata, non potrà che essere un’anti-dirigenza: burocratica, conservatrice, adempimentale, statica, sospettosa, ripiegata su se stessa.
Resta da chiedersi: cui prodest? L’unica risposta possibile è semplice, ma le conseguenze della decomposizione dell’autonomia scolastica saranno imprevedibili, per decenni, per l’intera nazione.
Se proprio si intende cambiare rotta e far diventare il sistema scolastico italiano realmente competitivo, forse basta ricordare che le economie più agguerrite a livello mondiale sono quelle in cui le scuole sono efficienti perché si basano su un serio sistema di reclutamento e su un reale riconoscimento sociale del ruolo.