Come in un thriller…
Chi ha seguito le cronache dei mesi scorsi si è probabilmente imbattuto nella denuncia di quello che ci è stato raccontato come un vero e proprio delitto, lo “storicidio”: la storia è stata uccisa nelle stanze di viale Trastevere. Se fosse così, sarebbe un reato grave senza dubbio. E allora indaghiamo.
Chi sarebbe l’assassino? Il prof. Serianni, il cui curriculum accademico dovrebbe consigliare di astenersi dal formulare simili accuse. Eppure… A ben vedere viene considerato l’esecutore, ma i mandanti sono altri, di ogni colore politico: tutto avviene oggi, con il governo Conte, ma il decreto legislativo è del governo Gentiloni (d.lgs. 62/2017), la legge delega è del governo Renzi (L. 107/2015) e i DPR, dei quali la delega è una tardiva implementazione, sono del governo Berlusconi (DPR 88 e 89 del 2010).
Le nuove tipologie dei testi di italiano
Passiamo ad esaminare l’arma del delitto: aver tolto il tema di storia. È così? Non esattamente. Nel 2017 si rivoluziona l’impianto della prima prova, prevedendo 7 tracce per 3 tipologie (analisi e interpretazione di un testo letterario, analisi e produzione di un testo argomentativo, riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo); i 4 ambiti non sono più confinati nel saggio breve, ma sono comuni a tutte le tracce. Effettivamente si cancellano entrambi i temi (storia e attualità), prendendo atto (dopo nove anni!) che quella tipologia di componimento non è più adeguata nel contesto delle vigenti Indicazioni nazionali e Linee guida.
La nostra indagine ci svela così una prima incongruenza nella denuncia: ammesso che di delitto si tratti, la vittima sarebbe il tema, non la storia. Il detective appunta sul suo taccuino il sospetto che – forse inconsciamente – sia questo a risultare indigesto a molti dei critici (il sospetto non vale per tutti: alcuni, penso alla Sen. Segre, sono certamente in buona fede).
Nostalgia del caro vecchio tema?
Il tema (in particolare quello di storia: vedremo i dati) è un componimento poco sentito dagli studenti. Basta questo per cancellarlo? Serianni fornisce un movente più alto: «piu? che l’astratta classificazione della tipologia testuale, con la distinzione tra testi espositivi, argomentativi ecc. (che puo? valere solo in linea di massima, dal momento che i testi reali presentano abitualmente caratteri in certa misura misti), occorre tener conto di caratteristiche inerenti all’argomento trattato ed al taglio del discorso con cui esso viene presentato». La pietra dello scandalo è evidentemente la locuzione «testi reali»…Che pretesa! La realtà? A scuola?
Archiviare definitivamente il tradizionale tema è una scelta opinabile? Ovviamente sì, come qualsiasi scelta, ma quanti dei firmatari dei numerosi appelli hanno realmente compreso che di questo si trattava, e non di cancellare la storia? Attenuante che non può essere concessa a chi ha nascosto dietro la difesa del valore della storia la propria nostalgia per una forma espressiva obsoleta e inadeguata, tipica di una scuola che non esiste più, ma che è l’unica che essi ricordano e dunque riconoscono.
E la storia?
Ma la storia non è anch’essa una vittima, magari collaterale? Vediamo i dati: quanti studenti hanno scelto il tema di storia fin quando c’era? Tra il 2008 e il 2018 in media il 3%; negli ultimi due anni l’1,9% e l’1,1%. Al saggio breve di ambito storico-politico non è andata molto meglio: il 5,2% nel 2017, raramente sopra il 10%, un buon 13% lo scorso anno, ma l’argomento era “masse e propaganda”, in un anno nel quale molti prevedevano il tema di attualità sulle fake news.
Preso atto dei numeri, chi pensa che la storia sia stata colpita a morte dalle novità introdotte dovrebbe quanto meno riconoscere che siamo a Gavinana, con Serianni nei curiosi panni di Maramaldo: «Vile! Tu uccidi un tema morto!».
Le buone tracce
Come concludere la nostra indagine? Con due considerazioni e una presa d’atto.
Prima considerazione, più generale. A detta di molti addetti ai lavori siamo di fronte ad un insieme di tracce nel complesso «molto belle», «ben congegnate» e soprattutto molto utili ad una corretta valutazione delle conoscenze e delle competenze degli studenti (in fondo è a questo che serve la prova, non dimentichiamolo). In molti commenti ho letto considerazioni come «tra le migliori che abbia mai visto». Oltre a riconoscere i giusti meriti al gruppo di lavoro, coordinato dall’ispettore Acerra, che le ha preparate e selezionate, inviterei a riflettere, chiedendosi se questo salto di qualità complessivo non possa dipendere anche dal fatto che la nuova tipologia si presta a generare prove più pensate e coerenti, e per questo migliori.
La rinascita della storia
Seconda considerazione, a consuntivo. Lette le tracce, non si può non constatare che la storia è praticamente in tutte: direttamente in quelle sull’eredità del Novecento e sul nesso tra sport e storia; affiora in quella su Ungaretti, Sciascia, Montanari; si poteva ricorrere a considerazioni sulla guerra fredda commentando Sloman e Fernbach; perfino nella traccia su Dalla Chiesa si poteva azzardare qualche riferimento storico e storiografico.
E come è andata? Anche limitandoci alle due tracce più direttamente storiche, queste sono state scelte dal 21% degli studenti, passando da 1 studente su 100 (in media 3 su 100) a 1 su 5. I critici dovrebbero quindi ammettere con onestà intellettuale che il povero Maramaldo non ha affatto ucciso la Storia, piuttosto l’ha liberata dalle gabbie in cui i laudatores temporis acti e la ripetizione stanca del “sacro rito del glorioso tema” l’avevano reclusa. E liberandola, l’ha resuscitata.