I valori in gioco
“Il grande monumento dell’unità spirituale d’Europa è andato in rovina, i costruttori si sono smarriti, esistono ancora i suoi merli, ancora si ergono sopra il mondo confuso i suoi codici invisibili, tuttavia senza lo sforzo comune, manutentore e perseverante, essa cadrà nell’oblio“. Così scriveva negli anni Quaranta Stefan Zweig, scrittore austriaco, uno dei più amati del Novecento, morto suicida nel 1942. Ce lo ha ricordato Sergio Mattarella nella cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2018/2019 dell’Università degli Studi della Tuscia.
In questi anni di fine ventennio, tali valori sono ancor più in gioco.
L’Unione europea, organizzazione internazionale politica ed economica a carattere sovranazionale, sta attraversando una fase costellata di incognite. La crisi dei mercati insieme alle nuove dinamiche dei flussi commerciali, il crollo delle social-democrazie, l’avanzata dei populismi stanno mettendo in secondo piano le garanzie sociali, la solidarietà e, soprattutto, l’attenzione alle persone più deboli: principi, questi, su cui l’Unione si è costituita.
Per non smarrire l’identità
C’è inoltre il rischio che l’Europa possa smarrire la sua capacità di integrare l’eredità spirituale dell’Umanesimo illuminato e dell’Idealismo tedesco con le nuove realtà umane e sociali, e subordinare in tal modo l’identità storica e culturale alle domande contingenti e transitorie dei suoi cittadini, sebbene funzionali per la stessa sopravvivenza.
Il vento che spira fa apparire quasi stanche e noiose le parole inclusività, benessere, opportunità per tutti. Sembra perfino che l’Unione europea sia un progetto sostanzialmente fallito, a causa soprattutto dell’inadeguatezza delle istituzioni politiche e dei decisori, non più all’altezza delle loro stesse sfide.
L’Europa è vista ancora come un insieme di realtà eterogenee, con un processo di integrazione incompiuto e un senso di appartenenza da consolidare. Gli stessi giovani italiani, per esempio, sentono una forte prossimità con i paesi culturalmente e storicamente più vicini come la Spagna. Se, con il crescere del titolo di studio, migliora la prossimità percepita verso tutti gli altri, complessivamente lo scenario non muta.
La criticità di questa fase storica non può essere solo osservata, ma dev’essere ben analizzata e tenuta sotto controllo, se non si vuole perdere ciò che faticosamente si stava conquistando: la mobilità, la protezione sociale, l’integrazione fra culture diverse, una maggiore occupazione e una migliore qualità della vita.
Un duplice richiamo
Il volume “Richiamo all’Europa”, a cura di Leonilde Maloni e Rosa Seccia, con il contributo di Gianna Prapotnich, ha due obiettivi: uno ideale ed ambizioso, volendo contribuire a rafforzare l’idea di cultura e di identità europea, per non far perdere la speranza in una società più solidale; uno pratico ed operativo, volendo facilitare il mondo della scuola nella progettazione europea e gli studenti nella ricerca di nuove opportunità per il proprio futuro. È soprattutto un “Richiamo” rivolto agli insegnanti che si occupano di progettazione, ai dirigenti che devono acquisire risorse per la scuola, ai responsabili amministrativi che hanno il compito di realizzare operativamente i processi decisionali, alle giovani generazioni che vedono nell’Europa una nuova chance di lavoro e di vita.
Come reperire informazioni e orientarsi tra i dati
In questi ultimi decenni, specialmente dopo l’introduzione della moneta comune, abbiamo visto crescere e diffondersi una quantità notevole di documenti europei: Trattati, Programmi strategici, Progetti, Agende, Libri bianchi, Benchmark… Non si può dire che l’Europa dell’istruzione sia rimasta inerte di fronte alle proprie responsabilità. Basta un clic sul web per acquisire informazioni su tutta la produzione e nelle principali lingue. Si tratta di una documentazione ampia e complessa che, per essere ben fruita, ha bisogno di competenze mirate:
– è necessario conoscere la storia che ha generato i documenti, per contestualizzarli e collegarli velocemente con gli obiettivi generali;
– bisogna possedere il linguaggio giusto, che permetta di ricollocare le parole usate all’interno di un quadro di riferimento;
– è importante avere competenze di base, che aiutino a capire e a selezionare con facilità ciò che serve per sé e per la professione.
Eurydice, per esempio, è lo strumento più immediato ed efficace per avere conto dei sistemi e delle politiche europee. Si tratta di una rete, fondata su richiesta della Commissione europea nel 1976, che fornisce ai decision maker degli Stati membri indicazioni e dati aggiornati e affidabili su cui basare le scelte politiche nel settore dell’istruzione.
Le fonti principali
Ci sono però altre organizzazioni con cui Eurydice collabora. Ne elenchiamo alcune.
– Eurostat: è un ufficio dell’Unione europea che raccoglie ed elabora dati dagli Stati membri a fini statistici, fornendo un servizio informativo di elevata qualità, con dati comparabili tra Paesi e regioni;
– Crell: è il Centro di ricerca sull’istruzione e l’apprendimento permanente, istituito nel 2005 per fornire competenze nel campo della valutazione (su indicatori) e del monitoraggio dei sistemi di istruzione e formazione. Ha anche lo scopo di favorire il raggiungimento degli obiettivi comunitari specificati nell’agenda di Lisbona e nell’agenda UE 2020;
– Cedefop: è il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale. Fondato nel 1975 presso Berlino Ovest, trasferito poi presso la città di Salonicco (Grecia), ha l’obiettivo di promuovere lo sviluppo della formazione educativa e professionale, analizzando e provvedendo alla diffusione delle informazioni recepite. Aiuta professionisti e specialisti di tutta l’Unione a promuovere politiche di sviluppo attraverso forum, convegni e workshop su tematiche di comune interesse;
– ETF: è la Fondazione europea per la formazione professionale, che ha sede a Torino. Si è costituita nel 1990 per aiutare a migliorare i sistemi di formazione professionale nei Paesi non Ue, soprattutto nelle regioni limitrofe, e nei Paesi che si preparano all’ingresso: il Nord Africa, il Medio Oriente, i Balcani, l’ex Unione Sovietica.
Non vanno altresì dimenticate, come fonte di documentazione importante, le organizzazioni internazionali come:
– Consiglio d’Europa, il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali. Fu fondato il 5 maggio 1949 con il Trattato di Londra e conta oggi 47 stati membri;
– OCSE, cioè l’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (in inglese OECD: Organisation for Economic Co-operation and Development). Svolge prevalentemente un ruolo di assemblea consultiva, che consente il confronto delle esperienze politiche per la risoluzione dei problemi comuni, l’identificazione di pratiche commerciali e il coordinamento delle politiche locali e internazionali dei Paesi membri. Conta 35 stati membri e ha sede a Parigi. L’ultima adesione è stata quella della Lettonia e risale al 1° luglio 2016;
– UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization): è stato istituito il 4 novembre 1946 a Parigi. È nato dalla generale consapevolezza che gli accordi politici ed economici non sono sufficienti per costruire una pace duratura. La pace dev’essere fondata sull’educazione, la scienza, la cultura e la collaborazione fra nazioni. L’obiettivo è quello di assicurare il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che la Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione.
Muoversi con disinvoltura tra i documenti europei
A fronte di tante informazioni facilmente reperibili dalle scuole e da ogni cittadino, perché le autrici hanno sentito il bisogno di realizzare un libro sull’Europa? Ce n’era proprio bisogno?
Non è semplice per il cittadino, e neanche per la persona di scuola, muoversi con disinvoltura nel mare infinito della documentazione europea. Non lo è per più ordini di ragioni.
Non tutti i documenti sono reperibili in lingua italiana. È pur vero che chi non conosce almeno un’altra lingua europea non ha acquisito la prima alfabetizzazione di base (leggere, scrivere, far di conto, insieme a inglese e informatica). Sappiamo però che la conoscenza delle lingue in Italia è ancora poco diffusa e che, comunque, non tutti i cittadini arrivano ad un livello che permette loro di leggere e comprendere agevolmente un testo scritto in altra lingua.
Lo stile linguistico dei documenti europei non è sempre attrattivo; i concetti si ripetono e ridondano anche all’interno di uno stesso documento; le frasi sono spesso standardizzate, le parole sono poco evocative, dovendo rinviare a significati che non possono essere equivocati. È una tipologia di linguaggio finalizzata a rendere le istituzioni europee più accessibili e più trasparenti per tutti i cittadini dell’Unione. Ma ciò non significa che comprenderla sia facile: è necessario acquisire un’abilità di lettura tale da capire subito ciò che serve, se si vuole mettere a frutto, di conseguenza, le opportunità disponibili.
Un libro rigoroso, ma di facile lettura
Molti documenti sono, inoltre, lunghi ed articolati. Ciò costituisce un ulteriore problema, specialmente oggi che il web ci sta abituando a fruire solo di messaggi brevi ed essenziali: tutto in poche righe e tante immagini; l’infografica sembra essere la forma comunicativa più diffusa, a discapito di quelle tradizionali.
Il “Richiamo all’Europa” non ha la pretesa di trasformare i trattati europei in infografiche, né tutti i fenomeni complessi in disegni e immagini, ma rappresenta una buona mediazione linguistica. Lo vediamo attraverso il rigore logico della stessa struttura organizzativa del testo, attraverso la selezione attenta dei documenti proposti, soprattutto attraverso il linguaggio utilizzato: essenziale, chiaro e preciso.
Un libro per capire e amare l’Europa
Il volume è suddiviso in due parti con un’appendice. Entrambe le parti sono articolate in un’introduzione e due aree tematiche, e ogni area tematica è sviluppata in più capitoli. L’appendice è ripartita in tre sezioni.
In maniera più specifica, nella prima parte le autrici affrontano la questione delle politiche europee in tema di educazione e ne illustrano i principali programmi. Le scelte accurate degli argomenti e le riflessioni argute sulle tematiche proposte permettono, a chi non si è mai interessato di tali questioni, di farsi un’idea ben chiara e fondata, mentre a chi è già dentro il settore, di consolidare e approfondire i temi già noti. Si parla infatti di Europa 2020, di benessere e sostenibilità, di benchmark e classificazioni per la qualità dell’istruzione, di EQF, di competenze chiave del cittadino. Si parla inoltre di PON e di fondi strutturali e, soprattutto, della generazione Erasmus.
Nella seconda parte si entra nel merito dei sistemi educativi e delle professionalità; quest’ultima ha come focus i docenti e i dirigenti. Non è facile, se non si ha esperienza concreta e diretta, capire come funzionano veramente i sistemi di istruzione e formazione in ogni Paese dell’Unione europea. Le autrici hanno scelto di presentarli focalizzando l’attenzione su alcuni nuclei tematici. Dopo aver mostrato, infatti, i diversi sistemi articolati in quattro macro-aree, li analizzano utilizzando cinque contenitori: 1. Prima e seconda infanzia; 2. Scuola dell’obbligo; 3. Istruzione e formazione professionale; 4. Crediti e passaggi per l’integrazione dei sistemi; 5. Percorsi di alternanza scuola-lavoro.
Uno strumento di lavoro efficace
L’appendice è costituita da tre sezioni:
– nella prima ci sono nove tavole di sintesi corrispondenti a nove Paesi europei, selezionati sulla base di alcuni criteri: significatività all’interno delle quattro macro-aree; presenza o meno di recenti riforme; presenza di elementi particolarmente innovativi;
– la seconda sezione consiste in nove abstract dei più importanti documenti europei, scelti tra quelli di maggiore utilità per la progettazione e per le pratiche scolastiche. Si è voluto, con questa operazione, aiutare i lettori ad orientarsi più agevolmente in questo settore, nella consapevolezza che l’approccio ai documenti integrali diventa più semplice se anticipato da ricapitolazione essenziale degli argomenti trattati e da qualche sottolineatura;
– la terza sezione propone stralci di documenti europei in inglese, seguiti da domande mirate per la conversazione in lingua. Ha un obiettivo generale che è quello di facilitare il rapporto con i documenti in originale. Gli esercizi di conversazione proposti rendono le tematiche europee più familiari e fanno acquisire maggiore prontezza nella comunicazione diretta con i partner europei e negli scambi culturali. Si propongono altresì di aiutare coloro che intendono sostenere prove concorsuali per diventare dirigenti scolastici, insegnanti, direttori dei servizi generali e amministrativi… Sono assai utili, quindi, per sostenere con tranquillità le prove orali, per la parte relativa all’accertamento delle competenze linguistiche.