Buonasera, Signor Ministro,
Le scrivo a seguito delle Sue recenti esternazioni sulla scuola e sugli insegnanti del Sud.
Ho sentito le Sue parole come rivolte anche a me, un’insegnante del Sud che è stata una ragazza, liceale, universitaria e poi supplente, sempre al Sud, infine vincitrice di concorso a cattedra nazionale e quindi docente di ruolo al Sud.
Quand’ero all’università, dopo la laurea in lettere classiche la mia relatrice mi procurò una lettera di presentazione per un’importante università francese, ma io alla fine scelsi di rimanere nella mia città, Palermo. Sa, Signor Ministro, erano gli anni Novanta e io, come altri neolaureati, ero animata da una specie di febbre, un desiderio trascinante e irresistibile di essere utile alla mia terra, di dire una parola, di fare qualcosa che lasciasse una traccia, un barlume di senso in un mondo, una società che sembrava perderlo quasi del tutto… e da allora, con grandi sacrifici resi possibili dalla passione di comunicare e dal grande amore per lo studio e per la dignità umana, sono passati ventitré anni, che ho vissuto con entusiasmo e fatica, in scuole di montagna, da pendolare, alle prese con i disagi di una giornata molto lunga. Conosco molti aspetti e problemi dei piccoli, piccolissimi centri, come quelli della grande città; so cosa significa avere aule spoglie, con appena banchi e sedie. Ho avuto alunni figli di analfabeti, alunni indigenti, alle prese con problemi di ogni tipo o con gravi forme di dipendenze, alunni con parenti in carcere, etc.
Io penso di non meritare la Sua esortazione, Signor Ministro! Il mio dovere lo conosco, conosco le qualità degli alunni che accompagno spesso all’esame di Stato, conosco le difficoltà della scuola, non solo quella siciliana ma quella italiana, a cui si affida ogni giorno un carico sempre più gravoso, spesso senza nessuna riconoscenza, anzi con una certa insofferenza…
Si parla spesso dei risultati delle scuole del Sud, del divario con il Nord, ma fino a quando il divario sociale ed economico non verrà colmato cosa ci aspettiamo dagli alunni? Quali le colpe di chi è nato in famiglie apatiche o depresse culturalmente, socialmente, economicamente? In molti quartieri la scuola è l’unica forma non solo di cultura, ma di svago, di dialogo, di cambiamento, di scelta, di possibilità di sognare. E da quei piccoli comuni, da quelle famiglie semplici ho visto moltissime volte fiorire persone straordinarie, non solo a livello culturale!
Io ai sogni che cambiano la realtà credo ancora, e Lei?
Buon lavoro, Signor Ministro.