Il nuovo assetto politico (Governo Conte, formato sulla base del contratto di governo tra Movimento 5 stelle e Lega) ha iniziato nel secondo semestre del 2018 a produrre i primi effetti. Si è trattato all’inizio di provvedimenti tampone (come il decreto mille proroghe, legge 21-9-2018, n. 108), necessari per far fronte ad alcune emergenze dovute a sentenze della magistratura (come nel caso dei concorsi riservati per infanzia e primaria) o per prorogare diverse innovazioni messe in cantiere dai Governi precedenti (come nel caso delle prove Invalsi, dei vaccini obbligatori, delle normative antincendio) (cfr. Calienno, 107). Dunque è sembrata una politica fatta di annunci e di ipotesi che poi via via sono state ridimensionate (come nel caso Invalsi); tuttavia alcune sono state anche tradotte in scelte apprezzabili (i posti aggiuntivi per il tempo pieno, il “distacco” di figure per l’innovazione, l’aumento dei fondi per il funzionamento). Si percepiscono idee differenziate, all’interno della coalizione di governo, su passaggi rilevanti della scuola del futuro, ad esempio in materia di federalismo scolastico (cfr. Aimi, 118). Poi i riflettori si sono accesi sulla manovra finanziaria, che contiene diverse innovazioni in materia di ordinamento: emblematici il superamento del modello FIT (Formazione e reclutamento dei docenti) con il ritorno al concorso “secco” per titoli ed esami, il ridimensionamento dell’alternanza scuola-lavoro, l’aumento del tempo pieno, l’abolizione degli ambiti, alcune stabilizzazioni di personale). La politica si fa anche con la buona amministrazione, e in tal senso è stato emanato l’atto di indirizzo del Ministro Bussetti, molto pragmatico e – se vogliamo – minimalista (cfr. Brescianini, 118). Ma i problemi strutturali del nostro sistema educativo restano, in termini di vistose differenze nei risultati scolastici, ancora fortemente condizionati dall’ambiente sociale, famigliare, territoriale. L’ascensore sociale sembra essersi fermato, ma ai piani bassi (cfr. Maviglia, 118).
2019-01-06