Ultimi in “resilienza scolastica”
Che la scuola non riuscisse più a svolgere quella funzione di “ascensore sociale” che rivestiva nel passato è cosa che in qualche modo si sapeva; adesso il dato è confermato da alcuni studi pubblicati di recente. Per ascensore sociale possiamo intendere la possibilità per gli studenti delle classi meno abbienti di accedere ad uno status economico, sociale e professionale più prestigioso e vantaggioso rispetto a quello dei genitori. L’istruzione costituiva, a questo proposito, un potente mezzo di ascensione sociale. Lo studio internazionale dell’OCSE-Pisa denominato “Resilienza scolastica” mette in evidenza la scarsa capacità del sistema scolastico italiano di favorire l’ascensione scolastica e sociale. Lo studio, che ha coinvolto 35 Paesi dell’area OCSE, sottolinea che l’Italia occupa uno degli ultimi posti riguardo la possibilità degli studenti quindicenni provenienti da ambienti disagiati di conseguire risultati soddisfacenti in matematica, lettura e scienze. In particolare, mentre in Italia questa percentuale si attesta sul 20%, la media OCSE è del 25,2% (dati 2015). Rispetto ad un analogo studio condotto nel 2012 l’Italia ha perso ulteriori posizioni (la percentuale allora era del 24,7%). Si può meglio considerare la condizione dell’Italia se si tiene conto che altri Paesi ottengono risultati decisamente più soddisfacenti, come Estonia 42%, Giappone e Canada 40%, Finlandia 39%, Corea 37%, Olanda 33%, Francia 24%, Gran Bretagna 28%, Svizzera 27%.
Le differenze tra gli studenti
Da questi dati emerge che la scuola non riesce a colmare le differenze di ingresso degli studenti, limitandosi a ratificarle. Nel contempo questi dati mettono in dubbio la stessa politica inclusiva perseguita nel corso di questi anni nel nostro Paese, nel senso che il processo di inclusione non sembra aver favorito la padronanza di competenze e abilità negli alunni provenienti da contesti svantaggiati, precludendo loro la possibilità di partecipare attivamente e pienamente alla vita sociale e di avere buone opportunità di inserimento lavorativo. In altre parole la nostra scuola non sembra fare abbastanza per gli allievi disagiati, e in ogni caso i risultati da loro raggiunti appaiono di gran lunga inferiori rispetto a quelli conseguiti dagli omologhi e coetanei stranieri. Ciò può rappresentare, come sottolinea l’OCSE, un vulnus dei principi di qualità ed equità che dovrebbero caratterizzare un sistema scolastico democratico.
Costruire climi positivi e incoraggianti
L’OCSE-Pisa non manca inoltre di rimarcare che gli studenti che ottengono buoni risultati malgrado il contesto di provenienza non favorevole frequentano scuole connotate da buone relazioni tra docenti e allievi, in cui viene esercitata una decisa funzione di scaffolding (sostegno) da parte degli insegnanti in un clima complessivo positivo. Questo clima inoltre è favorito da un basso tasso di turn over da parte dei docenti e da un’azione di motivazione e sostegno da parte dei dirigenti scolastici nei confronti dei docenti. Come si può intuire, in Italia ci si sta allontanando da queste caratteristiche, vuoi per poca attenzione da parte dei docenti alla costruzione di un clima positivo in classe, vuoi per la scarsa propensione dei dirigenti a sostenere e motivare i docenti, complice anche un appesantimento burocratico della funzione dirigente.
L’eredità culturale (sociale ed economica)
Un altro studio che riguarda da vicino la realtà del nostro Paese è stato pubblicato recentemente dalla Banca d’Italia, con il titolo Istruzione, reddito e ricchezza: la persistenza tra generazioni in Italia. Lo studio, curato da Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio, prende in considerazione il rapporto esistente tra la provenienza sociale, l’istruzione e il reddito. Ovviamente lo studio non riguarda specificamente il mondo della scuola, ma le conclusioni cui pervengono i ricercatori hanno dirette ripercussioni anche riguardo al significato della frequenza del sistema scolastico e dei risultati che vi si conseguono. Infatti emerge con nettezza che le condizioni di partenza della famiglia rivestono un ruolo fondamentale riguardo al futuro successo dei figli, sia in termini economici che professionali, che di status sociale. In sostanza i ricercatori rimarcano che i posti più prestigiosi (e meglio retribuiti) nella scala sociale vengono occupati da coloro che provengono da un ambiente familiare già ben collocato nella scala sociale. Lo stesso titolo di studio dei figli sembra essere correlato al titolo di studio dei genitori, soprattutto per quanto concerne i diplomi di laurea: ci si laurea se i genitori sono già laureati. I ricercatori definiscono questo fenomeno come “persistenza intergenerazionale delle condizioni economiche”, ossia la perpetuazione delle condizioni economiche e sociali da una generazione all’altra all’interno della stessa famiglia, e dunque la tendenza a ritrovare nella generazione successiva il livello socio-economico della famiglia di origine.
L’ascensore sociale si è bloccato, ai diversi piani
È ovvio che questo fenomeno costituisce un blocco della mobilità sociale e rende difficile il passaggio da una situazione socio-economica disagiata a una più elevata. D’altro canto questo dato conferma quanto già si sapeva anche rispetto al confronto con gli altri Paesi. Proprio recentemente il Censis, nel suo 52° Rapporto sulla situazione dell’Italia, ha sottolineato che il Belpaese si colloca all’ultimo posto nella graduatoria europea della percentuale di coloro che hanno migliorato la propria situazione economica rispetto a quella della famiglia di origine: il nostro Paese registra una percentuale del 23%, a fronte di una media UE del 30%.
E la scuola come reagisce rispetto a questi fenomeni? Come già evidenziato dallo studio OCSE-Pisa, anche in questa ricerca viene rimarcato che il sistema scolastico italiano non riesce a compensare le disuguaglianze iniziali degli allievi, se non nella scuola dell’obbligo e solo in parte. Nella scuola superiore vengono cristallizzate le differenze iniziali, tanto che, come sottolineano i due ricercatori, «gli studenti si autoselezionano nelle diverse tipologie di istruzione secondaria (o nell’abbandono scolastico) sulla base dei risultati precedentemente conseguiti e della professione e del titolo di studio dei propri genitori. Tale meccanismo determina una segmentazione della popolazione di studenti (ad esempio tra licei e scuole professionali) fortemente correlata con le classi sociali di provenienza».