Cosa pensa la scuola della nuova “maturità”?
Dopo aver dedicato ampi spazi di riflessione e di confronto al nuovo Esame di Stato del II ciclo di istruzione, soprattutto nel recente seminario di Scanno (AQ), la casa editrice Tecnodid ha ritenuto opportuno proporre un questionario sulle opinioni di insegnanti e dirigenti in merito al nuovo esame di Stato, così come recentemente riformato dal D.Lgs. 13 aprile 2017 n. 62, artt. 12-21.
In realtà, rispetto alla riforma in atto, occorre precisare che il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito nella legge 108/2018, ha rinviato al 1° settembre 2019 l’entrata in vigore di alcune delle disposizioni oggetto della riforma, con riguardo ai requisiti di accesso dei candidati interni (e dei privatisti):
- la partecipazione, durante la frequenza del V anno, a prove a carattere nazionale predisposte dall’INVALSI tese a verificare i livelli di apprendimento in italiano, matematica e lingua inglese;
- lo svolgimento delle attività di alternanza scuola-lavoro negli ultimi tre anni di corso, nelle modalità e nelle quote orarie previste a seconda dell’ordine e dell’indirizzo di studio.
La situazione che si è determinata, pur animata dall’indispensabile prudenza e dalla lucida analisi della situazione da parte dei decisori di viale Trastevere, ha definito diverse reazioni e plurime posizioni in merito ai contenuti della riforma ed alla loro effettiva efficacia per una reale innovazione dell’esame più significativo e importante, che in Italia ha interessato finora circa il 61% della popolazione tra i 25 e i 64 anni.1
Le caratteristiche del sondaggio
La rilevazione del questionario, che non ha inferenza statistica, offre spunti di riflessione e di confronto, non fosse altro che per il considerevole numero di partecipanti che ha risposto alle domande, quasi sempre prossimo, per lieve eccesso o lieve difetto, alle 400 unità. Sui dati raccolti possiamo ipotizzare un’attendibilità discreta, data la certezza sull’occupazione lavorativa prevalente dei partecipanti, che, da frequentatori del sito Tecnodid, si qualificano implicitamente quali appartenenti alle categorie dei docenti, dei dirigenti scolastici e del personale ATA.
Appare opportuno precisare che:
- il questionario è stato strutturato su 8 domande a risposta multipla e una domanda a risposta aperta;
- la riflessione oggetto di questo articolo si concentrerà sull’analisi, o sul tentativo di essa, limitatamente alle risposte fornite agli item a risposta multipla, rinviando ad un successivo esame le risposte aperte fornite da quasi tutti i partecipanti, e caratterizzate da estrema variabilità. Peraltro tale variabilità indica la composizione particolarmente multiforme degli aderenti e, sia pur empiricamente, legittima una buona attendibilità delle altre risposte.
Preferiamo analizzare e commentare in maniera schematica quanto raccolto nei dodici giorni di pubblicazione del sondaggio, dal 12 al 23 novembre scorsi, con possibilità di risposta libera ed anonima.
Ma l’esame di Stato ha ancora un valore?
1° quesito – Si parla di un “nuovo” esame di Stato. Ma, a suo parere, l’esame di Stato al termine del secondo ciclo ha ancora un valore per gli studenti?
Totale partecipanti 409
- No, i ragazzi sono già proiettati verso l’università a prescindere dagli esiti degli esami, in genere assai scontati
- Sì, perché rappresenta comunque un rito di passaggio verso la maturità e le scelte successive (di lavoro o di studio)
- Sì, perché il risultato può influire sulle scelte universitarie
- Sì, perché consente una riorganizzazione complessiva della propria preparazione
Con questo item, cui hanno risposto 409 persone, si è inteso saggiare quale idea sia ancora prevalente rispetto all’effettivo valore dell’esame di Stato per gli studenti, cioè per i diretti interessati.
Esattamente il 57,9% delle risposte afferma che l’esame ha ancora un valore non solo simbolico, in quanto rito di passaggio, ma anche effettivo, in quanto ratifica le scelte successive, in termini sia di studio sia di lavoro.
Il 21,4% dei compilatori, invece, ritiene gli studenti già proiettati verso l’università o il lavoro, e quindi non condizionabili dall’esito dell’esame. Un buon numero, pari al 17,2% delle risposte, ammette una valida funzione dell’esame di Stato in ordine alla riorganizzazione e sistematizzazione delle proprie conoscenze, mentre soltanto poche persone – pari al 3,5%- sono convinte pienamente del valore del risultato in ordine alle scelte universitarie degli studenti.
L’analisi delle opinioni conferma che l’esame di Stato ha ancora una sua credibilità, sia presso gli studenti sia nell’opinione comune. Ci sono diverse idee relativamente all’influenza di questo momento importante della vita scolastica nel condizionare le scelte future degli studenti in maniera determinante.
E il “quizzone” sarà rimpianto oppure no?
2° quesito – Cosa pensa dell’abolizione della terza prova (il cosiddetto “quizzone”)?
- È stato giusto abolirla, perché era una generica e banale riproposizione di contenuti disciplinari disparati
- È stato un errore abolirla, perché consentiva di avere un quadro più ampio ed esauriente della preparazione di uno studente
- Era preferibile riformare la terza prova, caratterizzandola come prova strutturata di carattere nazionale e multidisciplinare
- È stato giusto abolirla, per concentrare l’attenzione di commissione e candidati sugli altri aspetti dell’esame (prima e seconda prova scritta, colloquio orale)
Questo item ha interessato 406 persone, che hanno espresso giudizi piuttosto multiformi. Il 37,7% propende per l’opportunità non colta di lasciare la terza prova, rendendola più “importante” mediante la struttura multidisciplinare e la valenza nazionale;
il 20,4% si dice persuaso che l’abolizione consentirà una valutazione migliore, poiché concentrata sulle due prove scritte e sul colloquio;
il 25,4% si dichiara convinto che l’abolizione sia stata benefica in sé, poiché il quizzone era un agglomerato incoerente di contenuti disciplinari;
il 17% afferma che la terza prova doveva essere lasciata così com’era, in funzione di un più ampio ed esauriente quadro sulla preparazione dello studente.
La terza prova scritta, da sempre oggetto di svariate interpretazioni, e quasi sempre enfatizzata dalla stampa come “quizzone” benché solo una delle tipologie prevedesse una similitudine con la formula televisiva, conserva una buona fetta di sostenitori ed una quasi corrispondente parte di detrattori. Tuttavia l’analisi non consente di affermare con certezza se l’opinione corrente sia a favore o meno della terza prova. Un dato significativo è quello che propende per una revisione della prova secondo parametri e contenuti nazionali.
L’alternanza scuola lavoro: scetticismo o entusiasmo?
3° quesito – Cosa pensa del “congelamento” dell’alternanza scuola-lavoro nell’ambito della procedura d’esame?
- D’accordissimo: l’alternanza scuola-lavoro non dovrebbe esserci nella scuola, perché ha altre finalità
- D’accordo, perché esperienze di alternanza possono certamente arricchire la formazione di un ragazzo, ma non devono condizionare la valutazione “scolastica”
- Contrario, perché la valutazione del curricolo scolastico prevede anche le competenze acquisite in modalità di alternanza scuola-lavoro
- Contrario, perché escludere dall’esame la valutazione delle competenze acquisite in alternanza scuola-lavora significa indebolire il giudizio orientativo
Le risposte sul “congelamento” dell’alternanza sono state 404, distribuite in maniera quasi omogenea tra i favorevoli (52%) e i contrari (48%). All’interno del range dei favorevoli, i due terzi sostengono che l’alternanza non dovrebbe nemmeno esistere nella scuola, mentre la parte rimanente si esprime in termini di contrarietà rispetto alla sola influenza nella valutazione.
Tra i contrari allo “stop”, la diversa modulazione delle risposte segnala che esistono due visioni anche in merito alla validità dei percorsi ASL. La prima ritiene che in un giudizio così complesso ed articolato come quello dell’esame di Stato ci possano essere spazi di apprezzamento per tali esperienze, mentre la parte rimanente si sofferma sulla carente articolazione del giudizio orientativo che si determinerebbe in assenza di un coerente apprezzamento dell’ASL.
Se questo sondaggio, come speriamo, ha una sua attendibilità, sappiamo per certo che oltre la metà degli italiani è a sfavore dell’alternanza o la ritiene marginale, mentre la parte residuale afferma un parziale accordo soprattutto per la possibilità di completare il giudizio valutativo con elementi ulteriori di apprezzamento, oppure di contribuire al giudizio orientativo per la prosecuzione degli studi o per il lavoro.
Le competenze linguistiche di base sono il substrato della cittadinanza? Le prove d’esame sono coerenti con questa affermazione?
4° quesito – Tutti gli studenti devono possedere competenze linguistiche di base, a prescindere dall’ordine di scuola frequentato. Le nuove tipologie relative alla prima prova permettono di accertare questa funzione “trasversale” della lingua?
- Sì, perché mettono in evidenza la capacità di analisi e di comprensione testuale
- Sono ininfluenti, perché ciò che conta veramente è il curricolo scolastico
- Sono controproducenti, perché non sono in sintonia con le prove di verifica e le azioni didattiche usuali
- No, perché sostanzialmente la prova riprende l’impostazione vigente, con i suoi pregi e i suoi limiti
Leggermente inferiore agli altri quesiti il numero di coloro che si sono espressi sull’impostazione delle nuove prove d’esame di lingua italiana.
Ben il 54%, pari a più di 200 risposte, concorda sulla loro coerenza e pertinenza. Tuttavia un gruppo di aderenti, pari al 6,3%, ritiene ininfluenti le caratteristiche delle prove rispetto ad una valutazione del curricolo dello studente nella sua interezza e sistematicità.
Il 9,7% afferma che le nuove prove di lingua siano controproducenti, mentre la parte rimanente, pari al 30,4%, sostiene che la prova di italiano riprenderà nella sostanza la struttura vigente.
I documenti culturali della scuola italiana hanno da sempre sottolineato la necessità delle competenze linguistiche per l’esercizio dei diritti di cittadinanza e per il pieno sviluppo della persona. Le opinioni rispecchiano per più della metà questa convinzione, e affermano la validità della nuova impostazione delle prove d’esame. La capacità di porre in evidenza la capacità di analisi e comprensione testuale da parte della prova di lingua italiana appare quindi un elemento fortemente condiviso.
I Quadri di Riferimento: questi (s)conosciuti?
5° quesito – Ritiene che i quadri di riferimento (in via di pubblicazione) per la redazione della seconda prova scritta:
- Costituiscono la condizione fondamentale per garantire a tutti una valutazione equa
- Sono ininfluenti, perché i docenti non potranno prescindere dalle consuetudini della scuola
- Possono rappresentare uno strumento di riflessione non solo per la valutazione ma per la stessa programmazione curricolare
- Sono inutili, perché comunque ogni docente finisce per interpretarli in maniera personale
La seconda prova scritta attende la pubblicazione dei quadri di riferimento (QdR) per la sua redazione. Ben oltre il 61% dei 396 lettori che hanno risposto ritiene utili i quadri, ben oltre la loro portata dichiarativa per una valutazione efficace, e li apprezza anche come utile strumento nella programmazione curricolare.
A questi si aggiunge, però, quasi il 25% delle risposte, che si attestano su giudizi differenti, che ritengono inutili o ininfluenti i QdR in via di pubblicazione. Poco più del 14% ritiene i QdR fondamentali per la valutazione equa degli studenti.
I quadri di riferimento sono uno strumento di rilevanza scientifica per creare il giusto substrato epistemologico e la corretta interpretazione, soprattutto valutativa, delle prove di ogni genere che vogliano avere attendibilità ed oggettività più alte possibile.
Una buona parte delle risposte li ritiene uno strumento utile, sia per la valutazione sia per il processo di progettazione curriculare richiesto dalle discipline oggetto della seconda prova.
Il 14 % degli interessati li ritiene di fondamentale importanza per garantire una valutazione equa, che è condizione essenziale per una scuola inclusiva ed efficace.
Le discipline caratterizzanti: insieme per il curricolo efficace o ciascuna per conto suo?
6° quesito – Il D.lgs. n. 62/2017 prevede che nella seconda prova possano essere utilizzate una o più discipline che caratterizzano il profilo di uscita. Questa prospettiva è assai stimolante, ma complessa. La scuola come dovrebbe organizzarsi in merito?
- Dovrebbe impostare il curricolo per nodi tematici pluridisciplinari
- Dovrebbe sviluppare il curricolo esclusivamente per unità di apprendimento
- Dovrebbe condividere i Quadri di Riferimento per ciascuna disciplina di studio
- Dovrebbe partire dagli obiettivi di apprendimento di ciascun indirizzo
La seconda prova, che ai sensi del D.Lgs. 62/2017 potrà essere impostata su più discipline, impone una revisione dei modelli organizzativi e delle opzioni curricolari. Poco più della metà dei 395 lettori che hanno risposto all’item concorda sulla necessità di individuare nodi tematici pluridisciplinari sui quali impostare curricolo e prove di prestazione. Tuttavia il ragguardevole 28,6% si sofferma sulla necessità di valorizzare gli obiettivi di apprendimento di ciascun indirizzo. Il 13,7% utilizzerebbe i quadri di riferimento per ogni disciplina di studio. Rimane infine un 6,8% che affiderebbe alla progettazione per UDA la soluzione della problematica.
Emerge la coesione di quasi il 51% delle risposte intorno alla visione di un curricolo impostato su nodi tematici pluridisciplinari, capaci di sviluppare competenze di ampio respiro. Quasi il 29% ritiene opportuno enfatizzare soprattutto gli obiettivi di apprendimento dell’indirizzo.
Il 13% utilizzerebbe i quadri di riferimento in stretto rapporto con le discipline di studio ed un 6,8% ritiene che un curricolo impostato sul modello delle UDA potrebbe essere una buona soluzione per la problematica.
La traccia ad argomento storico: pareri, opinioni o false convinzioni?
7° quesito – Nella prima prova scritta non è prevista una specifica traccia di argomento storico. A suo parere la scelta:
- È realistica, perché praticamente pochissimi studenti fino ad oggi sceglievano la traccia di storia
- È sbagliata, perché finisce con il veicolare l’idea che la conoscenza storica abbia un ruolo marginale nella formazione
- È ininfluente, in quanto testi di carattere storico, artistico, scientifico… potranno essere proposti dalle commissioni ministeriali
- È corretta, perché la prova di italiano dovrebbe mettere al centro esclusivamente le competenze linguistiche
La traccia di argomento storico, da sempre snobbata dagli studenti, ha ben il 63% di 405 lettori che ne ritiene sbagliata la mancata presenza; tale scelta, a parere dei sostenitori, veicola l’idea che la conoscenza della storia abbia un ruolo marginale nella formazione.
Tuttavia più di un quarto di quelli che hanno risposto ritiene ininfluente la scelta, poiché in un saggio di italiano l’argomento può essere vario, a discrezione di chi decide la traccia. Poche risposte (8,4%) propendono per l’interpretazione realistica della scelta, basata sulla poca popolarità finora mostrata dai maturandi per il tema di argomento storico. Pochissime risposte (2,7%) sostengono che la prova di italiano debba riguardare soprattutto le competenze linguistiche.
Sulla traccia di argomento storico c’è una vera e propria levata di scudi da parte di molti operatori della scuola, rinvenibile nel quasi 63% delle risposte, che definiscono sbagliata la scelta di eliminare tale traccia dalla prima prova scritta. Tuttavia ogni tipologia di saggio prevista per l’accertamento delle competenze linguistiche potrebbe contenere tematiche di carattere storico, o tali da accertare anche le conoscenze indispensabili sugli eventi del passato che hanno portato all’attuale panorama globale.
Tesina, mappa o (si spera) alternanza: come inizierà il colloquio?
8° quesito – Il colloquio d’esame non inizia più dall’argomento disciplinare o pluridisciplinare (la “tesina”) scelto dallo studente. Che giudizio esprime su questo cambiamento?
- L’impianto complessivo dell’esame non viene per questo motivo strutturalmente modificato rispetto al passato
- L’impianto complessivo dell’esame non viene per questo motivo strutturalmente modificato rispetto al passato
- L’impianto complessivo dell’esame non viene per questo motivo strutturalmente modificato rispetto al passato
- L’impianto complessivo dell’esame non viene per questo motivo strutturalmente modificato rispetto al passato
La tesina, in verità ridotta spesso ad una mappa concettuale, fornisce spunti interessanti. Poco più del 40% delle 388 risposte afferma che la scelta di eliminare l’argomento pluridisciplinare come incipit per il colloquio è semplicemente una presa d’atto rispetto alla poca pertinenza con il contesto e l’efficacia del colloquio.
Un bel numero di risposte, pari al 28,1%, ritiene la centralità dello studente salvaguardata dall’impostazione che la commissione riesce a dare al colloquio;
il 23,5% afferma che la scelta non inciderà sull’impianto complessivo del colloquio come strumento di valutazione, e un 8% delle opinioni si affida al credito scolastico quale indicatore sicuro per la corretta interpretazione della storia scolastica dello studente.
Aggregando le risposte in modo concettuale si evince che la maggioranza di esse si dice d’accordo nel riconoscere al colloquio un valore intrinseco, garantito dal contesto dell’esame, che tende per sua natura a collocare l’autobiografia cognitiva del candidato in primo piano.
Un esame “con coscienza?”
I dati sugli esiti finali degli esami di Stato conclusivi del II ciclo di istruzione hanno da sempre mostrato una certezza: nel sistema scolastico italiano l’esame di Stato non è un momento selettivo e vessatorio, ma costituisce un passaggio riflessivo e costruttivo nel quale, alla presenza di un gruppo di professori non provenienti interamente dal Consiglio di classe, ciascuna studentessa e ciascuno studente prende atto del livello di competenze raggiunte, della loro consistenza in termini qualitativi, del valore aggiunto che esse danno alla personalità in costruzione e degli sviluppi alla propria aspettativa di scolarizzazione terziaria o di immissione nel mondo del lavoro.
Questa presa di coscienza, guidata spesso con notevole competenza dalle commissioni di esame, rappresenta, più che un momento di scomposizione e di classificazione, un’occasione di accountability scolastica, che lo studente è tenuto a rendere in maniera serena ma decisa e costruttiva.
“Sei venuto a scuola per altri cinque anni, sei stato seguito, accolto, incluso per quanto possibile e per quanto hai collaborato a questo processo; adesso vediamo insieme cosa sei stato capace di realizzare in prospettiva personale, come utilizzerai quanto maturato in questi anni in termini di crescita cognitiva, sociale, relazionale e individuale”.
La direzione intrapresa dalla riforma, che andrà completamente a regime il prossimo 1 settembre 2019 (ma che produce i suoi effetti fin dalla prossima sessione d’esame), sembra coerente con tale visione, che è l’unica possibile in un sistema scolastico inclusivo, accogliente e tendente all’efficacia formativa, con un occhio sempre rivolto all’equità, come la Costituzione sancisce e insegna.
Gli adattamenti che traghetteranno tale riforma verso l’applicazione completa, nel prossimo anno scolastico, non sembrano preoccupare più di tanto e appaiono già piuttosto chiari.
I prossimi approfondimenti
Il sondaggio appena recensito è stato una conferma molto chiara che esistono visioni molteplici dell’esame di Stato, che si evincono ancora più nettamente dalla considerazione del quesito a risposta aperta: “Se lei potesse suggerire un aspetto da modificare negli esami di Stato, quale punto vorrebbe rivedere?”.
In una prossima puntata tenteremo un’analisi delle risposte, che anticipiamo molto variegate. Nel frattempo prendiamo atto che ogni persona ha una propria visione, più o meno condivisa, dell’esame di Stato conclusivo del II ciclo di istruzione, detto impropriamente ma efficacemente “Maturità” non in accezione nostalgica, ma rafforzativa rispetto al modello di cittadinanza che dovrebbe continuare a sostenerlo.
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[1] Fonte: dati ISTAT “Livelli di istruzione della popolazione e ritorni occupazionali: i principali indicatori” per l’anno 2017 – luglio 2018.