L’Unione Europea rappresenta lo scenario in cui si esplica anche lo sviluppo del sistema scolastico italiano. Non esiste tuttavia un modello-base europeo a cui tutti gli stati debbono ispirarsi, ma piuttosto l’idea di alcuni traguardi comuni, meritevoli di essere perseguiti in autonomia dai diversi paesi. Si intende stimolare il miglioramento di alcuni aspetti fondamentali del funzionamento del sistema (competenze di base, dispersione, educazione permanente, accesso all’istruzione superiore). Diventa così possibile disporre di quadri comparativi, entro cui collocare le politiche nazionali relative ad aspetti specifici, come l’orario di lavoro dei docenti (Turchi, 89), e in termini più generali. Eurydice è l’organismo che fornisce l’aggiornamento europeo dei dati sull’istruzione.
Prosegue poi lo sforzo di avvicinare e uniformare i titoli di studio, ma soprattutto quello di dare valore alle certificazioni sulla base di criteri comuni, rendendo comparabili le qualifiche professionali. Lo strumento adottato è l’EQF (European Qualification Framework), rinnovato nel 2018 (Prontera, 76).
Ma l’elemento strategico, per la tenuta di un sistema comune europeo dell’istruzione, è la progressiva costruzione di una piattaforma culturale e valoriale, in cui delineare gli elementi comuni di una cittadinanza europea: è questo il significato dei documenti sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente, che risalgono al 2006 (Marostica, 80), ma che sono stati oggetto, proprio nel 2018, di un corposo intervento di restyling, che ne ha comunque salvaguardato l’impostazione di fondo (Marostica, 92). Parallelamente è stato definito un documento sui valori comuni che ci si attende da una scuola con la visione fondativa dell’Europa unita (solidale, equa, accogliente, amante della pace e della libertà). Ma oggi, dopo la Brexit, con sovranismi incalzanti, l’appeal dell’unità europea sembra in forte calo: sarà l’Europa della scuola e dei giovani (come è già successo per la generazione Erasmus) a rilanciarla verso il futuro?