Il Bilancio sociale come strumento di comunicazione
La redazione del Bilancio sociale per una scuola non può essere e non deve essere un semplice adempimento. Alla base deve esserci una cultura dell’analisi dei dati e dei traguardi della scuola. Il Bilancio sociale entra in una nuova filiera del sistema valutativo italiano e viene dopo il Rapporto di Autovalutazione (RAV), il Piano di Miglioramento (PDM) e il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF). Sia le rilevazioni Invalsi, sia la valutazione delle scuole su base sperimentale (Vales), sia quella generalizzata dei dirigenti scolastici, si erano mosse in questa direzione. Ma il Bilancio sociale completa un percorso che non sempre è stato condotto in maniera adeguata.
La sostanziale diversità sta nell’essere, il Bilancio sociale, uno strumento di comunicazione delle scuole, intese come organizzazioni che apprendono, sia con se stesse, sia con tutti i soggetti esterni portatori di interessi anche di tipo non positivo (scuole concorrenti che cercano di carpire elementi di difficoltà da far valere durante il periodo delle iscrizioni, mezzi di comunicazione di massa, tradizionali e social, che cercano notizie di valenza negativa, ecc.), sia con il mondo, che in genere riceve una massa sterminata di informazioni, in cui non è facile distinguere quelle destinate a trasformarsi in virali.
Contro la prolissità agiografica
La prima cosa da avere ben chiara in mente quando si lavora ad un Bilancio sociale è ciò che nel documento non bisogna inserire. Questa operazione, a metà tra l’autocensura preventiva e un’attenta analisi degli esiti della comunicazione, deve determinare nelle scuole delle vere e proprie agende di esclusione, pena la trasformazione del Bilancio sociale in un elemento di grande debolezza. E saper escludere qualcosa dalla comunicazione è molto più difficile che accumulare.
L’analisi attenta di molti RAV e molti PDM mi ha permesso di vedere con certezza elementi di grande debolezza delle scuole che hanno messo certi dati in chiaro. Le scuole non hanno sempre cura nel selezionare le informazioni da dare all’esterno, perché ritengono che la prolissità agiografica le metta al riparo da sguardi malevoli. Chi ha tenuto d’occhio i mezzi di informazione e i social dell’ultimo anno scolastico sa che non è così, e che spesso molte scuole danno di sé un’immagine pessima.
Al centro il miglioramento degli apprendimenti
Il Bilancio sociale quindi deve essere maneggiato con cura: vanno indicati chiaramente obiettivi e traguardi, che devono tutti riguardare il miglioramento degli esiti nell’apprendimento degli studenti. Informazioni sui miglioramenti nelle dotazioni, nelle strutture o nella formazione dei docenti, in un Bilancio sociale possono dare anche informazioni opposte a quelle che si vorrebbero comunicare: se devi migliorare gli arredi vuol dire che quelli che hai non sono buoni; se devi migliorare le strutture vuol dire che quelle hai sono carenti; se progetti tanta formazione vuol dire che i tuoi insegnanti hanno dei problemi in tal senso. Bisogna dare conto di quello che si ha, non di quello che si vorrebbe avere. E se nel Bilancio sociale si inserisce del futuro, è necessario che questo futuro sia molto chiaro e abbia delle scadenze di realizzazione.
Ci sono poi delle parole che sembrano molto chiare e invece nascondono delle insidie: chi professa l’inclusività della propria scuola senza dare alcun numero apre il fianco a potenziali dubbi (che ci siano troppi stranieri, che ci siano troppi disabili, ecc.). Inoltre un Bilancio sociale non può contenere buone azioni, ma deve illustrare buoni risultati. Questo è un punto cruciale perché i piani sull’inclusione, se devono entrare nel Bilancio sociale, devono dire come i problemi dell’inclusione sono stati risolti.
Dalle buone intenzioni ai dati leggibili
Altri elementi fondamentali sono quelli legati a ciò che si vuole comunicare: ogni scuola deve avere una visione comune, condivisa e misurabile. Il Bilancio sociale non prevede impressioni, ma dati leggibili. Se la scuola è a favore della diminuzione della dispersione, non può limitarsi a dire come fa, ma deve illustrare come la sua “politica contro la dispersione” ha avuto successo. Altrimenti deve rimanere lontana da quell’argomento. Discorso analogo vale per l’Invalsi, gli esiti a distanza, il rapporto tra risorse e risultati.
Inoltre ogni scuola deve decidere quanta parte del Bilancio sociale è dedicata al ragionamento, e quanta al dato. Il dato deve essere sempre esaustivo e concreto; il ragionamento chiaro e sintetico. Lo spazio redazionale, gli elementi di confronto tra le varie annualità, un chiaro controllo dei flussi economici sono elementi molto forti per una scuola, che vanno comunicati, ma che devono essere positivi.
Domande di (buon) senso
Inoltre ci si deve concentrare sui risultati degli studenti, non sulle intenzioni delle scuole. Anche il rapporto tra progetti e didattica ordinaria deve avere sempre un’analisi degli esiti: se faccio tanti progetti, ma gli esiti scolastici peggiorano, perché li faccio? Quando finanzio un progetto cosa mi aspetto?
Anche il gradimento dell’utente deve essere messo in relazione con gli esiti, perché altrimenti non si comprende che tipo di gradimento è, e soprattutto a chi questo gradimento è riferito. In tal caso vanno proposti questionari di gradimento facilmente tabulabili e universalmente controllabili, perché il lettore non deve mai avere l’impressione che i dati siano stati modificati in quanto difformi dalle aspettative.
Il Bilancio sociale costruisce l’immaginario positivo di una scuola
Infine il Bilancio sociale deve avere una redazione plurima, e che presidi le varie zone prossimali della scuola, lasciando quelle remote a documenti più semplici di rendicontazione. A differenza del Conto consuntivo, del PTOF o del Programma annuale, il Bilancio sociale presuppone delle scelte e non dei semplici adempimenti formali. Se le scelte sono sbagliate il Bilancio sociale si trasformerà in un boomerang: un Bilancio sociale poco letto o contestato creerà dei problemi in primo luogo al team che lo ha redatto, e non servirà ad aumentare l’appeal della scuola. Un Bilancio sociale capace di entrare nell’immaginario locale invece aprirà alla comprensione della scuola anche soggetti che per loro natura sono lontani da quel mondo.