Alla segretaria generale della Cisl Scuola, una dei più attivi protagonisti nella trattativa che ha portato al rinnovo del contratto nel nuovo comparto dell’istruzione e della ricerca, la prima domanda è d’obbligo: come valuta il risultato ottenuto?
Credo sia stato fatto un buon lavoro, la firma del contratto l’abbiamo definita una scelta giusta e responsabile. Addirittura doverosa per lavoratrici e lavoratori il cui ultimo contratto era stato firmato nel 2007, rinnovato poi per la sola parte economica nel pieno della grande emergenza finanziaria esplosa nel 2008. Chi lavora non ha bisogno di gente bravissima a ricordargli i problemi che ha, ma assolutamente incapace di risolverne anche uno solo. Chi lavora ha bisogno di strumenti che lo tutelino veramente e concretamente, il contratto è da sempre lo strumento fondamentale. Sono dieci anni che subiamo un attacco pesante alla regolazione del lavoro per contratto, di cui la scuola è stata terreno privilegiato di sperimentazione. Basterebbe questo per dire l’importanza di tornare a confrontarsi, a discutere e a decidere a un tavolo di contrattazione. La trattativa è stata molto complessa e difficile, il contratto rinnovato ci riporta finalmente ad una condizione di normalità che mancava da troppo tempo nelle relazioni sindacali. Con l’accordo del 30 novembre 2016 abbiamo avviato un percorso di riequilibrio tra legge e contrattazione a favore di quest’ultima, c’è ancora strada da fare, ma rinnovare il contratto era un passo necessario per proseguire nella direzione giusta.
Però gli aumenti contrattuali sembrano essere davvero modesti…
Gli aumenti sono in linea con quelli resi disponibili nel bilancio dello Stato per tutti i pubblici dipendenti. Che quelle risorse non fossero sufficienti a soddisfare pienamente le attese di una categoria ancora lontana dalle retribuzioni di cui beneficiano i colleghi di altri paesi lo sapevamo benissimo noi e lo sapevano tutti. Per questo abbiamo sempre detto in modo chiaro che l’impegno per vedere riconosciuto adeguatamente il valore delle professionalità che rappresentiamo dovrà comunque continuare. A partire dal prossimo rinnovo contrattuale, già imminente, e dal confronto serrato che dovremo aprire con chi riceverà il mandato di governare il paese dopo il voto del 4 marzo, rivendicando scelte forti di investimento in istruzione e formazione. Una prospettiva che rendeva ancor più necessario compiere un primo passo fondamentale col rinnovo del contratto. Detto questo, non è di poco conto avere aumentato tutte le retribuzioni senza modificare la struttura salariale; restano per tutti gli scatti di anzianità, e non era certo un esito scontato. Poi abbiamo recuperato alla contrattazione le risorse del bonus premiale della 107/2015, destinandone una parte a incrementi della retribuzione tabellare facendo in modo da assicurare una tutela alle retribuzioni più basse, principio contenuto nell’intesa del 30 novembre 2016. Obiettivo pienamente raggiunto anche la salvaguardia dei benefici di natura fiscale (80 euro), che infatti, per chi ne ha diritto, non vengono riassorbiti ma si sommano agli aumenti contrattuali. Insomma, abbiamo utilizzato al meglio le risorse disponibili e aggiunto anche qualcosina di più, attingendo alle risorse fino a questo momento non contrattualizzate.
E sulla parte normativa? C’era un allarme notevole per una possibile stretta sui diritti, accompagnata a un inasprimento disciplinare e in generale a un aumento dei carichi di lavoro.
Guardi, sulla parte normativa abbiamo smentito tutte le bufale messe in giro ad arte negli ultimi tempi: nessuna manomissione dei diritti, nessun aumento degli orari di lavoro, invariati anche nella loro articolazione, nessuna imposizione forzata di prestazioni non volontarie, nessuna riduzione delle assenze e dei permessi. Casomai qualche opportunità in più. Come il diritto alla disconnessione, che mette al riparo da molestie non indifferenti. Chi ha letto il testo del contratto si è subito reso conto dell’assoluta infondatezza di una campagna squallida, condotta in molti casi con toni che definire astiosi è un eufemismo, con una disinvoltura nel ricorrere agli insulti che lascia francamente sconcertati quando ha per protagonista chi è o vorrebbe essere investito di una funzione anche educativa. Voglio dare qui atto pubblicamente della grande onestà intellettuale e politica di un dirigente sindacale che non ha firmato il contratto, il coordinatore della Gilda Rino Di Meglio, che non ha esitato a riconoscere quanto di positivo abbia prodotto l’azione sindacale sulla parte normativa del contratto. Lo ha detto annunciando il suo no alla firma, lo ha ribadito in altre dichiarazioni. Lo prendano a esempio i tanti tribuni improvvisati che vorrebbero insegnarci come si fa sindacato senza minimamente sapere cos’è e come di fa una trattativa.
C’è chi dice che il contratto è una presa in giro e che sarebbe più conveniente tutelarsi in tribunale.
Si tratta di capire per chi un ricorso può essere più conveniente di un contratto: non certo per i lavoratori. Senz’altro lo è per chi agisce con la logica del business. Legittima, per carità: ma chi fa davvero sindacato non può che pensarla esattamente al contrario. Se poi entrassimo nel merito di ciò che si dovrebbe portare in tribunale, ci sarebbe molto da dire a proposito di prese in giro.
Lei ha detto di considerare questo contratto un segnale di svolta. In che senso?
Ho già avuto modo di dire quanto io consideri fondamentale avere rilanciato il ruolo alle relazioni sindacali, sviluppando in questo contratto le premesse poste nell’accordo quadro di Palazzo Vidoni. Il risultato è ancora più importante alla vigilia del rinnovo delle RSU, che vedono rafforzato il loro ruolo. Ma in questo contratto abbiamo fatto di più, scrivendo che la scuola è chiamata ad agire come ‘comunità educante’, nella quale ogni soggetto, quale che sia la sua qualifica, partecipa con pari dignità allo svolgimento dei compiti che le sono affidati: formare alla cittadinanza, garantire il diritto allo studio, sviluppare le potenzialità di ciascuno recuperando le situazioni di svantaggio. Quindi una scuola accogliente, inclusiva, partecipata, che esalta collegialità e condivisione. L’esatto opposto di modelli a lungo vagheggiati negli anni scorsi, improntati a dirigismo, individualismo, esasperata concorrenzialità. Modelli che trovano qualche riflesso anche in tanta produzione legislativa sulla scuola. Modelli che per quanto ci riguarda abbiamo sempre considerato lontani, se non opposti, alla nostra idea di scuola, e anche di società. Non a caso abbiamo scelto come motto del nostro ultimo congresso “fare comunità”. Lanciando un segnale che con grande soddisfazione vediamo accolto nel testo di questo contratto. Si tratta ora di dare seguito alle parole che abbiamo scritto, un impegno che chiama in causa non solo le nostre controparti ma anche noi stessi. La scuola ha bisogno di essere vissuta come investimento di speranza, scommessa di futuro, luogo delle migliori energie che il Paese mette in campo, comunità sorretta da grande forza ideale e qualità etica. Anche per questo un sindacato come il nostro c’è.