Dalla segregazione all’integrazione: una lunga storia
Con la legge 517/1977, quaranta anni fa, era istituita la figura dell’insegnante di sostegno (nelle scuole elementari e medie: uno per classe e nel numero massimo di sei ore settimanali). Erano abrogate sia le scuole speciali sia le classi differenziali e i ragazzi con disabilità venivano inseriti nel contesto della “classe comune”. Si è passati, quindi, da una separazione non solo fisica ad un inserimento in contesto sociale tra pari, per poi trasformarsi in una possibile integrazione, arrivando infine all’idea di “inclusione” che, alla luce della realtà sempre più complessa delle nostre classi, riconosce le tipicità dei singoli favorendone la crescita personale.
Da allora sono stati fatti grandi passi avanti a livello di: conoscenza, ricerca, metodologia, didattica speciale e non. La concretizzazione di un sistema inclusivo coinvolge tutto il personale docente e quanti operano all’interno dell’istituzione scolastica, anche se in realtà in alcuni casi, di fatto ciò non è ancora avvenuto (soprattutto negli istituti secondari di secondo grado).
Il ruolo “inclusivo” dell’insegnante di sostegno
Figura ponte, per promuovere reali prassi inclusive, è sicuramente l’insegnante specializzato per le attività di sostegno. Infatti, laddove si è portato avanti un discorso di affiancamento reale alla classe e non mirato solo al singolo alunno, in collaborazione con gli altri docenti curricolari, i risultati ottenuti sono stati rilevanti non solo per gli allievi con disabilità, ma anche per i loro compagni.
Operare sul sostegno significa saper affrontare di volta in volta e con estrema professionalità il compito che si è chiamato a svolgere sia nell’ambito dell’istruzione (insieme dei contenuti culturali) sia in quello dell’educazione (come espressione di crescita sociale). Significa saper gestire quotidianamente la classe, essere, cioè, in grado di mediare situazioni e trovare soluzioni funzionali in contesi diversi. Ma per esercitare il “mestiere” dell’insegnante (in qualsiasi ambito o ordine di scuola) è imprescindibile una formazione continua. Essa riveste un ruolo ancora più importante per chi opera in un campo così delicato come quello della “didattica speciale” che può tramutarsi in “speciale normalità” se l’offerta formativa diviene realmente inclusiva (Ianes).
Tutti devono essere messi nelle condizioni di esprimere il proprio potenziale secondo le capacità di ciascuno. È in quest’ottica che nasce la necessità di innovazioni continue nella gestione dei diversamente abili. Si tratta di pensarli in modo diverso, cioè vedere oltre le loro oggettive difficoltà per riuscire a facilitare lo sviluppo di abilità, anche minime, affinché possano raggiungere un certo livello di autonomia, senza dover gravare completamente su coloro che di fatto se ne prendono abitualmente cura (caregiver).
Insegnanti di serie B?
Esiste una convinzione assai diffusa che lavorare sul sostegno rappresenti un ripiego, data la difficoltà per tutti di poter insegnare la propria disciplina. Da alcuni, di fatto, la strada del sostegno è considerato una scorciatoia per essere “immessi in ruolo”. È questo forse un motivo per cui dai colleghi si rischia di essere considerati di “seconda categoria”.
In realtà, per occuparsi dell’istruzione e dell’educazione dei ragazzi con bisogni speciali, sono necessari tempi più lunghi di preparazione, di formazione sugli innumerevoli casi, sulle metodologie e sulle didattiche, sulle modalità di costruire relazioni adeguate alle diverse specificità. Non si può pensare di lavorare in maniera superficiale, perché questi ragazzi, con le proprie e legittime esigenze mettono, a volte, a dura prova anche le competenze più solide di maestri e professori costringendoli a rivedere continuamente i propri saperi, le abitudini collaudate e le stesse pratiche di successo.
… insegnante con competenze più mirate
In realtà si diventa qualcosa di più quando si diventa esperti in un settore specifico così delicato. La scuola è luogo deputato all’accoglienza di ogni singolo individuo, compreso quello con bisogni educativi speciali. Parliamo di alunni con apprendimenti, sviluppo e comportamenti diversi nelle modalità usuali di approccio alle competenze (a volte rallentati, a volte divergenti, quasi sempre problematici…) con ripercussioni sia nella sfera scolastica sia nella normalità del vivere in società.
L’insegnante di sostegno deve possedere molte competenze didattico-disciplinari, scientifico-anamnesiche, oltre a quelle relative alla formazione nella propria disciplina. È un percorso di crescita professionale e personale in continua evoluzione, dove occuparsi dell’altro significa contestualmente imparare a rimettersi in gioco, migliorando le strategie didattiche e le metodologie, ma soprattutto le procedure per contenere i problemi comportamentali e per rendere la comunicazione sempre più efficace.
Le novità in materia di reclutamento
Due sono i decreti attuativi della legge 107/2015 (il n. 59 e 66 del 13 aprile 2017) in cui si predispongono nuove modalità di reclutamento per insegnanti su posti di sostegno.
Con il D.lgs. n. 59/2017 (Sistema di formazione iniziale e accesso ai ruoli) si intende attuare il riordino, l’adeguamento e la semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli dei docenti, compresi quelli degli insegnanti tecnico-pratici, della scuola secondaria, sia per i posti comuni sia per quelli di sostegno.
Il sistema di formazione iniziale e accesso ai ruoli avverrà attraverso un concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale e un successivo percorso triennale di formazione iniziale (percorso FIT – tirocinio e inserimento nella funzione docente) differente fra posti comuni e posti di sostegno, destinato ai soggetti vincitori del suddetto concorso. Con il nuovo decreto, di fatto, si sancisce la separazione tra cattedre curricolari e cattedre sul sostegno didattico. Questa modalità di reclutamento è pensata, probabilmente, per limitare il continuo esodo dai posti di sostegno a quelli relativi alla propria disciplina alla fine del quinquennio obbligatorio successivo all’immissione il ruolo.
Qui viene inoltre anche ribadita l’importanza della formazione continua per aggiornare conoscenze e competenze, sia disciplinari sia professionali, necessarie per svolgere al meglio la funzione.
L’impegno per l’inclusione
Il D.lgs n. 66/2017 attiene all’inclusione scolastica e vuole rispondere ai diversi tipi di bisogni educativi di tutti coloro che usufruiscono del “sistema scuola” nella prospettiva della migliore qualità di vita. Sottolinea l’importanza della presenza della famiglia e di altri soggetti (pubblici e privati) presenti sul territorio che concorrono ad assicurare il successo formativo. Nell’art. 2 viene ribadito il campo di applicazione che copre tutto il percorso formativo, per coloro che si trovano in condizione di handicap certificato ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Al capo V del decreto viene affrontata la questione della formazione iniziale dei docenti per il sostegno didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria precisando che la specializzazione si consegue attraverso un apposito corso annuale che prevede l’acquisizione di 60 crediti formativi universitari (comprensivi di almeno 300 ore di tirocinio, pari a 12 crediti formativi universitari). Tale percorso viene organizzato presso le università autorizzate dal MIUR dove funzionano corsi di laurea a ciclo unico in Scienze della Formazione.
I cambiamenti in atto rappresentano solo l’ultima fase, in ordine cronologico, di un ciclo evolutivo continuo. Questo, partendo dalla Legge 517/1977 e passando per la Legge 104/1992 (per citare solo le principali norme relative alla disabilità) ha permesso la radicale trasformazione del concetto di insegnamento/apprendimento come diritto di tutti.