La vita della scuola non è fatta solo di grandi disegni di riforma, di prospettive culturali o di innovazioni metodologiche e didattiche. Spesso le prime pagine dei giornali finiscono per essere occupate da un vissuto quotidiano scolastico dove prevalgono preoccupazioni molto più prosaiche: si tratta a volte del “panino di stato”, dello squillare di cellulari o di Whatsapp, delle responsabilità di vigilanza all’uscita dalle scuole, della “vexata quaestio” delle vaccinazioni (cfr. Prontera, 55). Così situazioni che dovrebbero essere affrontate con buon senso si trasformano in questioni da dibattere nelle aule parlamentari, magari anche per effetto di tardive sentenze della magistratura, come nel caso della vigilanza per gli alunni minorenni al di fuori delle mura scolastiche (cfr. Olivieri, 61).
La vicenda che ha più colpito gli osservatori è stata quella delle vaccinazioni obbligatorie, perché andava ben oltre le singole responsabilità amministrative e gestionali delle scuole, ma ha assunto le forme di un conflitto sociale e mediatico di vaste proporzioni (cfr. Olivieri, 57). Non vorremmo che, di questo passo, temi di rilevante interesse educativo (pensiamo alla valutazione degli allievi) finissero con il trasformarsi in occasioni per esercizi di dialettica politico-parlamentare o in dossier per le aule di giustizia.