Dispersione: dal 20,8% del 2006 al 13,8% del 2016
A cinquant’anni dalla scomparsa di Don Milani, e nonostante gli innegabili e importanti passi in avanti compiuti dal nostro sistema scolastico, il tasso di abbandono si mantiene su livelli allarmanti.
È a tal proposito che lo scorso 13 novembre è stato pubblicato, a cura dell’Ufficio Statistica e Studi del Miur[1], il Rapporto sulla dispersione scolastica, che registra nell’arco di un decennio un fenomeno in calo, ma con ancora troppi divari territoriali tra Nord e Sud del Paese, sia nella scuola secondaria di 1° e di 2° grado, sia nel passaggio tra i cicli, con i maschi più coinvolti delle femmine, così come percentuali più alte si registrano fra gli studenti di cittadinanza non italiana che non sono nati in Italia e fra gli studenti bocciati, per i quali la ripetenza può essere considerata un fattore che precede, e in certi casi preannuncia, l’abbandono.
Si tratta di un fenomeno, quello della dispersione scolastica, ormai conclamato e confortato da una mole di dati e numeri via via sempre più precisi e più ricchi, rilevati e analizzati da più soggetti, sia a livello nazionale sia a livello internazionale (Miur, Invalsi, Ocse-Pisa, Censis, Isfol, Istituto Toniolo-Università Cattolica, Svimez, Istat).
Un’ulteriore e ultima conferma, in ordine di tempo, è quella dell’VIII Atlante dell’infanzia a rischio “Lettera alla scuola” di Save the children e Treccani, il cui estratto è stato pubblicato nei giorni scorsi[2], e che vede tra i vari contributi quelli di Starnone, Lorenzoni, Cerini e Galimberti.
È proprio per la portata e le proporzioni di un fenomeno di non facile e immediata soluzione che a maggio scorso il Miur aveva istituito la cabina di regia sulla dispersione scolastica, guidata dallo stesso ministro e dall’ex sottosegretario Marco Rossi Doria, e che entro luglio avrebbe dovuto produrre un “documento operativo”[3].
In questi mesi, tuttavia, il lavoro della cabina di regia, facendo tesoro dei dati dettagliati del Miur, si è concentrato nella raccolta delle esperienze delle scuole, nell’esame di decine di buone prassi di ogni parte d’Italia e nel recepimento delle linee di indirizzo proposte da regioni, enti locali e dalle parti sociali. La relazione finale, così come preannunciato da Rossi Doria, sarà pronta entro dicembre.
La definizione di dispersione scolastica in Europa e l’indicatore ELET
In Europa l’indicatore largamente utilizzato per la quantificazione del fenomeno della dispersione scolastica, che fotografa una situazione riferita ad epoche pregresse, è quello degli early leaving from education and training (ELET, l’abbandono precoce dell’istruzione e della formazione), con cui si prende a riferimento la quota dei giovani tra i 18 e i 24 anni d’età con al massimo il titolo di scuola secondaria di 1° grado o una qualifica di durata non superiore ai 2 anni, e non più in formazione.
Per l’Italia tale indicatore mostra un miglioramento, attestandosi per l’anno 2016 al 13,8%, rispetto al 20,8% del 2006, ma classificandosi tra i primi cinque paesi dell’UE con più alto tasso di dispersione scolastica (fanno peggio solo Malta, Spagna, Romania e Portogallo). Un trend, tuttavia, che fa sperare di raggiungere l’obiettivo Europa 2020 del 10%. Agli ultimi posti della classifica europea, per minor tasso di dispersione scolastica, Grecia, Lussemburgo, Polonia, Slovenia, Lituania e Croazia.
Tab. 1 – ELET – Tassi di abbandono precoce nell’Unione Europea. Valori in percentuale
Fonte: Eurostat
L’Anagrafe Nazionale degli Studenti e la misura della dispersione scolastica
In Italia è possibile quantificare il fenomeno della dispersione scolastica a livello nazionale a partire dai dati dell’Anagrafe Nazionale degli Studenti (ANS), istituita dal d.lgs. 76/2005 e dal DM 74/2010 che ne ha dato completa attuazione.
L’ANS raccoglie le informazioni di tutti gli alunni che frequentano le scuole, statali e paritarie, rappresentando una banca dati riferita in ogni anno scolastico a circa 8 milioni di unità.
Principale scopo dell’Anagrafe è quello di costituire uno strumento di monitoraggio e, di conseguenza, fornire strumenti per il contrasto alla dispersione scolastica. È per questo che le istituzioni scolastiche statali e paritarie sono tenute ad aggiornare in tempo reale la frequenza scolastica, comunicando l’eventuale interruzione della frequenza di ogni singolo alunno o il trasferimento ad altra scuola.
Dispersione al Sud sopra la media nazionale: è questione meridionale?
Dai dati presentati dall’Ufficio statistica del Miur emerge con evidenza una maggiore propensione all’abbandono scolastico nelle aree più disagiate del Paese, con Sicilia, Campania, Sardegna, Puglia e Calabria sopra la media nazionale della dispersione, mentre la percentuale più bassa si evidenzia in Emilia Romagna e Marche.
Per la scuola secondaria di 1° grado mediamente il Mezzogiorno ha riportato una percentuale di abbandono complessivo dell’1% (con l’1,2% nelle isole e lo 0,9% al Sud), mentre il Nord Est registra in media una percentuale più contenuta, pari allo 0,6%.
Siamo di fronte, quindi, a un preoccupante bacino di povertà educative e di abbandoni scolastici che colpisce ancora una volta soprattutto il Sud del Paese, e nonostante le misure d’urgenza (D.L. 91/2017 di giugno, convertito in L. 123/2017: entro il 21 luglio dovevano essere individuate le “aree di esclusione sociale”!)[4] la “Repubblica” non riesce a rimuovere gli ostacoli che limitano l’uguaglianza, formale e sostanziale, dei cittadini di questo Paese; lo “Stato”, pur avendone la competenza esclusiva, non riesce a garantire “su tutto il territorio nazionale” quei “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (e tra questi il diritto allo studio) previsti dall’art. 117 della Costituzione.
Esiste, a questo punto, anche per la scuola e l’istruzione una “questione meridionale”? Dai dati presentati dall’Ufficio statistica del Miur e da altre innumerevoli e autorevoli indagini sembra proprio di sì.
Intanto c’è chi già propone un Referendum anche al Sud!
Tab. 2 – Abbandono complessivo nella scuola secondaria di I grado (%) per regione
Fonte: MIUR – DGCASIS – Ufficio Statistica e Studi – Anagrafe Nazionale degli Studenti
Tab. 3 – Abbandono complessivo nella scuola secondaria di II grado (%) per regione
Fonte: MIUR – DGCASIS – Ufficio Statistica e Studi – Anagrafe Nazionale degli Studenti
Tassi di abbandono più preoccupanti nel 2° ciclo
L’abbandono nella scuola di 2° grado è del 4,3% (112.240 ragazzi), con uno “sbarramento” alla fine del primo anno di corso del 7%, con i maschi che abbandonano più delle femmine e il Mezzogiorno con una percentuale, ancora una volta, sempre più elevata della media nazionale (4,8%).
Tra le regioni con maggiore abbandono durante il 2° ciclo spiccano Sardegna, Campania e Sicilia, con punte rispettivamente del 5,5%, 5,1% e 5%. Mentre le percentuali più basse si evidenziano in Umbria con un valore del 2,9% e in Veneto e Molise con valori del 3,1%.
L’abbandono complessivo più contenuto si è registrato per i licei, che hanno presentato mediamente una percentuale del 2,1%, mentre per gli istituti tecnici la percentuale è stata del 4,8% e per gli istituti professionali dell’8,7%.
Tra i licei spicca il tasso di dispersione complessivo del liceo artistico, con il 4,8%. Per gli istituti tecnici la percentuale di dispersione si è attestata al 5,2% per i percorsi ad indirizzo economico e al 4,6% per quelli ad indirizzo tecnologico.
Tra i professionali gli istituti con indirizzo industria e artigianato hanno presentato una percentuale di abbandono complessivo più alta, con l’11%.
La percentuale di abbandono più elevata, tuttavia, è relativa ai percorsi IeFP (corsi di Istruzione e formazione professionale realizzati in regime di sussidiarietà presso le scuole), con un abbandono complessivo del 9,5%.
Tab. 4 – Abbandono complessivo per indirizzo – scuola secondaria di II grado (%)
Fonte: MIUR – DGCASIS – Ufficio Statistica e Studi – Anagrafe Nazionale degli Studenti
Dispersione e inosservanza dell’obbligo dell’istruzione: cosa prevede il codice penale?
L’art. 731 del codice penale (c.p.) contempla la condotta penalmente rilevante dell’“Inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare dei minori”, introdotta con R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398, secondo la quale “chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, omette, senza giusto motivo, di impartirgli o di fargli impartire l’istruzione elementare, è punito con l’ammenda fino a euro 30”.
La previsione dell’art. 731 c.p., con l’attuazione dell’obbligo scolastico per “almeno otto anni”, così come previsto dall’art. 34 della Costituzione, ha subito una consistente espansione, soprattutto con l’entrata in vigore della legge n. 1859/1962 (“Istituzione e ordinamento della scuola media statale”) che rendeva obbligatorio il conseguimento del diploma di licenza della scuola media, stabilendo tra l’altro, all’art. 8 (Obbligo scolastico), che “in caso di inadempienza [all’obbligo scolastico] si applicano le sanzioni previste dalle vigenti disposizioni per gli inadempienti all’obbligo dell’istruzione elementare”, ovvero i termini sanzionatori previsti dall’art. 731 del c.p.
La Corte di Cassazione è intervenuta più volte sul tema della frequenza della scuola dell’obbligo e delle responsabilità che gravano sui genitori, ma anche sulla stessa istituzione scolastica, nel caso in cui tale obbligo non venga adempiuto.
Nel 1989 la Cassazione stabiliva che “l’inosservanza dell’obbligo di istruzione media dei minori è punibile ai sensi dell’art. 731 c.p. il cui precetto, limitato all’istruzione elementare, deve ritenersi integrato, per la scuola media, con le disposizioni di cui all’art. 8 della legge n. 1859 del 1962.”[5]
Ancora più chiara e illuminante la sentenza della Cassazione n. 358 dello stesso anno che, relativamente all’obbligo d’istruzione, merita di essere integralmente riportata: “L’art. 731 c.p. ha carattere meramente sanzionatorio ed è compreso tra le norme penali in bianco, e cioè quelle norme il cui precetto è integrato dalle leggi extra-penali che si susseguono nel tempo, fermo restando il bene giuridico tutelato che, nel caso di specie, è individuabile nell’adempimento dell’obbligo scolastico. Ne deriva che l’espressione «istruzione elementare», correlativo alla legislazione vigente all’epoca di entrata in vigore del codice, non ha significato tassativo. La norma quindi punisce l’inosservanza dell’obbligo scolastico, tanto elementare che post-elementare, poiché, in virtù dell’art. 8 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859 («istituzione ed ordinamento della scuola media statale») l’obbligo stesso è stato esteso all’istruzione di scuola media”.
Diverso, invece, l’orientamento della suprema Corte nel 2010 (n. 22037) per quanto riguarda l’inosservanza dell’obbligo di frequentare la “scuola media superiore”, che “non configura la contravvenzione di cui all’art. 731 c.p., in quanto all’estensione dell’obbligo scolastico oltre la scuola media (art. 2, lett. c, L. 28 marzo 2003, n. 53) non è seguita l’introduzione di una sanzione penale in caso di sua violazione (in motivazione la Corte ha precisato che l’estensione della norma sanzionatoria dell’art. 731 c.p. a detta ipotesi si risolverebbe in un’inammissibile interpretazione analogica “in malam partem“)”.
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[1] La pubblicazione Miur del 13 novembre 2017 costituisce, a distanza di quattro anni, l’aggiornamento del focus sulla dispersione scolastica pubblicato nel 2013 con dati relativi all’anno scolastico 2011/2012. L’analisi presentata rappresenta una fotografia dell’abbandono nell’a.s. 2015/2016 e nel passaggio all’a.s. 2016/2017.
[3] Scuola, al via la cabina di regia sulla dispersione scolastica (MIUR, 12 maggio 2017). http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ministero/cs120517ter
[4] Cfr. a tal proposito “Il contrasto della povertà educativa minorile e della dispersione scolastica nel Mezzogiorno, in Scuola7, n. 62 del 16 ottobre 2017.
[5] Cfr. Brocardi.it per le sentenze della Cassazione riportate: http://www.brocardi.it/codice-penale/libro-terzo/titolo-ii/art731.html