APE sociale e APE volontaria…
L’ultima Legge di Bilancio ha cercato di introdurre istituti pensionistici che tentano di arginare gli effetti negativi devastanti della riforma Monti-Fornero (art.24 del D.L.201/2011 convertito, con modificazioni, dalla L. 214/2011): in particolar modo l’A.PE. (Anticipo Pensionistico) per la cui applicazione effettiva erano indispensabili i decreti attuativi.
Dopo oltre otto mesi dall’emanazione della norma istitutiva, è arrivata alla fine la lunga telenovelas dell’A.PE perché il 4 settembre u.s., il presidente Gentiloni, ha firmato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) per rendere operative l’A.PE. volontaria, l’A.PE. aziendale e la R.I.T.A, cioè per attuare effettivamente i diversi tipi di anticipo pensionistico (per un periodo minimo di 3 mesi e un periodo massimo di 3 anni e 6 mesi) per coloro che perfezionano almeno 63 anni di età anagrafica e almeno 20 anni di anzianità contributiva. Ricordiamo che l’A.PE. social è già operativa da qualche mese tanto che la presentazione delle istanze è scaduta nel mese di luglio scorso.
L’APE, cioè un prestito…
L’A.PE. consiste in un prestito bancario di 12 mensilità, adeguato e garantito dalla pensione di vecchiaia. La sua applicazione sperimentale inizia dal 01.05.2017 e termina nel 2018 (art.1, co.166 e seguenti, legge di Bilancio 2017). I beneficiari sono i lavoratori dipendenti pubblici, i lavoratori dipendenti privati, i lavoratori autonomi e gli iscritti alla Gestione Separata, mentre sono esclusi i liberi professionisti iscritti alle casse professionali. Il prestito bancario ottenuto verrà restituito con rate mensili per 20 anni (per tutte le mensilità compresa la tredicesima) con trattenuta direttamente sulla pensione erogata dall’INPS, con la possibilità dell’eventuale estinzione anticipata. La restituzione del prestito inizierà con il pagamento della pensione effettiva al perfezionamento del requisito di vecchiaia (oggi 66 anni e 7 mesi di età anagrafica). Dopo i 20 anni, con il completamento della restituzione del prestito, la pensione sarà pagata per intero.
Chi può richiedere l’APE?
I requisiti per accedere all’A.PE. sono:
- avere maturato un’età di almeno 63 anni;
- avere maturato una anzianità contributiva di almeno 20 anni;
- maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro tre anni e sette mesi;
- avere maturato una rata di prestazione pensionistica mensile, al netto della rata di rimborso del prestito bancario, pari o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (nel 2017 il trattamento minimo ammonta a 501,89 euro al mese);
- non essere titolare di pensione diretta o di assegno ordinario di invalidità.
Coloro che fossero interessati all’A.PE. volontaria dovranno, attraverso il patronato o direttamente online, chiedere all’INPS la certificazione dell’importo della pensione maturata nonché la certificazione del possesso dei requisiti di accesso che sono richiesti. Dopo tale certificazione, la banca trasmetterà all’INPS il contratto di prestito ovvero l’eventuale comunicazione di rifiuto. In caso di rifiuto la domanda di pensione decade e sarà priva di effetti. In caso di concessione del prestito, dal momento in cui il contratto è reso disponibile, il richiedente avrà 14 giorni per esercitare il diritto di recesso (in tal caso la domanda di pensione decade e sarà priva di effetti). Inoltre, la norma prevede la possibilità che il datore di lavoro del settore privato, degli enti bilaterali o dei Fondi di solidarietà, con il consenso del lavoratore, possa intervenire con un versamento (in un’unica soluzione all’INPS, correlato alla retribuzione percepita prima della cessazione dal servizio) al fine aumentare la pensione e ridurre la percentuale di incidenza della rata di ammortamento sulla futura pensione del lavoratore.
Agevolazioni fiscali
Per completezza di informazione ricordiamo che la rendita ponte erogata prima del pensionamento effettivo non concorre a formare reddito ai fini dell’I.R.Pe.F. (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) e che a fronte degli interessi e del premio assicurativo, che verranno pagati, sarà riconosciuto un credito di imposta, al massimo del 50% dell’importo (un ventesimo degli interessi e dei premi assicurativi), e che sarà applicato direttamente dall’INPS a partire dalla prima rata di pensione.
Nonostante la pubblicazione tardiva rispetto a quanto previsto dalla norma istitutiva, gli effetti saranno retroattivi a partire dal 1° maggio 2017.
Ulteriori passaggi operativi
Prima che il DPCM divenga ufficialmente operativo, però, il provvedimento non solo dovrà attendere la registrazione presso la Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma è necessario che vengano sottoscritte le convenzioni ABI (Associazione Bancaria Italiana) e ANIA (Associazione Nazionale Italiana fra le imprese Assicuratrici) relative ai costi finali ed effettivi del prestito ponte che assicurerà la rendita temporanea mensile fino alla decorrenza effettiva della pensione (le convenzioni sono necessarie anche per la scelta delle banche e delle assicurazioni che dovranno erogare il prestito ed assicurare per la pre-morienza il lavoratore). Sarà necessaria ed indispensabile, anche, la specifica circolare dell’INPS.
Facciamo un po’ di conti
Le ipotesi su cui il team economico della Presidenza del Consiglio sta lavorando prevedono da un Tan di erogazione dell’Ape del 2,7% e un Tan in fase di restituzione del 2,8%, con un premio assicurativo pari al 30-32% del capitale. Come previsto dal dispositivo è contemplata una commissione per il fondo di garanzia dell’1,6% e una detrazione fiscale del 50% sulla quota degli interessi e del premio assicurativo (così come indicato dall’ultima legge di bilancio). Su queste basi l’incidenza della rata di restituzione sulla pensione netta, per ogni anno di anticipo, dovrebbe aggirarsi tra il 4,2% e il 4,6%.
Infine, sullo scenario politico delle pensioni dobbiamo rilevare, per dovere di cronaca, che lo scontro tra Governo e le Organizzazioni Sindacali è sul punto di esplodere per l’aumento automatico dell’età pensionabile in base alla speranza di vita degli italiani: i sindacati chiedono di bloccarlo, come anche parte del Parlamento.