Il nostro paese vanta prestigiose tradizioni in materia di educazione infantile, basti pensare ai nomi di Montessori, Agazzi e più recentemente di Malaguzzi, che ha dato luogo ad una estesa rete di scuole dell’infanzia. A partire dalla istituzione della scuola materna statale (Legge 18-3-1968) – di cui in quest’anno scolastico si celebra il cinquantenario – il servizio educativo si è progressivamente esteso fino a coinvolgere oltre il 95% dei bambini dai tre ai cinque anni (una delle percentuali più alte d’Europa). Il sistema è articolato in scuole statali (55%), comunali (15%), private paritarie (30%) con livelli di qualità assai differenziati. E’ invece nel settore 0-3 anni che, al di là di preziose esperienze di qualità, la possibilità di accogliere bambini non supera il 20%, a distanza di oltre quarant’anni dalla legge istitutiva (legge 1044/1971) e ben lontani dal benchmark del 33% fissato dall’Unione Europea. Sta tutta racchiusa in questi dati la spinta del legislatore ad intervenire (D.lgs 65/2017) in materia di sistema integrato dai 0 ai 6 anni (cfr. Cerini, 37): elevare gli standard di qualità, generalizzare i servizi educativi, stabilire forme di coordinamento. Si tratta di obiettivi in linea con i più recenti documenti europei (ECEC: educazione e cura nella prima infanzia, 2014). Ma, al di là di questa cornice “mozionale”, quali sono gli aspetti più significativi del nuovo progetto?
Intanto resta confermata la distinzione ordinamentale tra asili nido e scuole dell’infanzia, rispettivamente rivolte ai bambini fino a 3 anni e dai 3 ai cinque anni. Il primo servizio è di pertinenza degli educatori, il secondo degli insegnanti; i nidi avranno i loro Orientamenti 0-3, le scuole dell’infanzia le Indicazioni curricolari 3-14, con un raccordo pedagogico assicurato da Linee guida pedagogiche 0-6 anni. La regia complessiva spetterà al MIUR, attraverso un sistema di governance che vede il ruolo delle Regioni, nell’assicurare criteri di qualità, quello dei Comuni, per la gestione diretta o la regolazione, per non parlare dei privati cui viene riconosciuta una funzione importante, però con sistemi di controllo e accreditamento pubblici. Ovviamente lo Stato mantiene la gestione diretta delle sue scuole dell’infanzia, che continueranno ad appartenere agli istituti comprensivi.
Gli elementi più innovativi riguardano certamente la sperimentazione dei “poli infanzia”, strutture unitarie o coordinate che ospitano bambini da 0 a 6 anni, in strutture differenziate ma funzionalmente integrate. E’ però prevista la costruzione di non più di 3 strutture per regione, con i finanziamenti recentemente ripartiti dalla Conferenza Stato-Regioni-Autonomie. Ci si aspetta anche che l’esperienza delle sezioni primavera (per bambini dai 24 ai 36 mesi), avviata nel 2006, venga consolidata dotandola di un modello organizzativo più stabile e di un progetto pedagogico qualificato.
L’attuazione del decreto “zerosei” dovrebbe garantire a tutto il sistema integrato delle strutture educative di crescere in qualità, attraverso la definizione di standard di funzionamento e la possibilità di sviluppare metodologie di autovalutazione e verifica, anche attraverso l’adozione di un RAV-infanzia (cfr. Cerini, 28).