Il processo di integrazione scolastica (o come meglio si dice oggi, di “inclusione, per sottolineare il superamento di una visione assistenziale) è stato contrassegnato nel nostro Paese da rilevanti provvedimenti legislativi (si pensi alla legge quadro 104/1992 sui diritti della persona disabile). La scuola non si è sottratta a questo impegno civile, e nel corso di oltre quarant’anni (a far tempo almeno dalla legge 517/1977) ha dedicato risorse, impegno, professionalità in favore del superamento di una logica di separatezza. La speciale condizione dell’allievo in situazione di handicap è diventata “normale”, perché la scolarizzazione avviene oggi nella scuola di tutti (“La scuola è aperta a tutti” così recita un articolo della Costituzione). Ma possiamo ritenere sempre di qualità l’esperienza dell’integrazione? Troppo spesso in questi anni abbiamo preso atto di criticità palesi: discontinuità nella presenza di docenti ben formati, risorse non sufficienti, carenza di supporti terapeutici, riabilitativi, sociali. Il cahier di doleance è assai nutrito, anche se spesso l’inclusione viene confusa con la semplice fornitura di personale di sostegno. La battaglia delle “ore” impegna genitori, insegnanti, amministrazione e magistratura ed è bene andare al di là di una lettura superficiale della conflittualità (cfr. Iosa, 42). Forse per far fronte a processi che portano a medicalizzare la condizione di handicap, a dimenticare le risposte normali che ogni scuola deve fornire a casi speciali (cfr. Iosa, 33), il legislatore ha pensato ad una revisione della pur abbondante normativa che riguarda l’integrazione scolastica, attraverso lo strumento della delega legislativa (d.lgs. 66/2017). E’ pur vero che il decreto nasce per spinta delle associazioni dei genitori, che avrebbero voluto interventi più radicali, ad esempio in materia di continuità di presenza dei docenti “specializzati” e di incisività della loro preparazione (cfr. Lega, 29). Il testo finale, frutto di numerosi rimaneggiamenti, riconferma le linee portanti dell’inclusione scolastica: inserimento nelle classi comuni, dotazioni di sostegno, documentazione progettuale, ruolo dei diversi gruppi di lavoro. L’elemento di novità, semmai, è l’introduzione generalizzata del nuovo sistema internazionale di “lettura” bio-sociale della situazione di disabilità, il modello ICF, da cui deriva un profilo di funzionamento –che sostituisce la diagnosi funzionale- e che dà luogo ad un diverso apprezzamento delle esigenze del soggetto e di configurazione del Piano educativo individualizzato (cfr. Prontera, 37).
2017-08-07