Il 2017 sarà senz’altro ricordato come l’anno del tormento dei dirigenti. Dopo aver subito le metafore sbracate a seguito della “Buona Scuola”, con il presunto rafforzamento dei poteri dei dirigenti (il “preside sceriffo, l’uomo solo al comando, i pieni poteri, ecc.), molti nodi sono giunti al pettine. Intanto la cronica carenza di dirigenti (tale che si stima nel prossimo anno circa 2.000 reggenze su un complesso di 8.000 istituzioni scolastiche), i ritardi epocali del concorso per reclutare nuovi dirigenti (ad ormai 6 anni di distanza dall’ultimo concorso), l’avvio incerto delle procedure per la valutazione dei dirigenti (sulla base della Direttiva 36/2016). Ma, soprattutto, hanno fatto aggio le “molestie burocratiche” che si riversano sulla scuola, sugli uffici di segreteria, sui dirigenti. Tanto è vero che il MIUR, raccogliendo un diffuso sintomo di malessere, ha istituito in tavolo di lavoro per ridurre il sovraccarico burocratico nei confronti delle scuole. Sono attesi il nuovo regolamento di contabilità (con la speranza di una semplificazione delle procedure), una più netta delimitazione delle responsabilità in materia di sicurezza (precisando la funzione del dirigente “non datore di lavoro”), la riduzione dei carichi derivanti dalla equiparazione della scuola a tutte le altre strutture della Pubblica amministrazione (appalti, sicurezza, privacy, anticorruzione, ecc.). Sta di fatto che il dirigente è sovraccaricato, umanamente e professionalmente, da una congerie di adempimenti (cfr. Megale, 52) che mettono a repentaglio la sua funzione di leader per l’apprendimento, con una precisa focalizzazione sui risultati degli allievi e sul buon funzionamento organizzativo e didattico della scuola. Il dirigente è oggi, di necessità multitasking (cfr. Stancarone, 38), ma il rischio è quello di una mutazione “genetica” della sua funzione. Il percorso per la valutazione poteva (può ancora) rappresentare un banco di prova per chiarire cosa ci si aspetta oggi da un dirigente: in fondo la legge 107/2015 (commi 78 e 93) si pone in larga continuità con la legislazione precedente in materia di profilo professionale, semmai ne rafforza l’impegno verso la comunità professionale e per la valorizzazione delle risorse umane. Tutto sta nell’intendersi su questi termini (cfr. Ugliano, 26). La struttura del portfolio, uno strumento che dovrebbe rafforzare l’idea di autovalutazione e di miglioramento (cfr. Stancarone, 31), richiama i passaggi strategici della funzione del dirigente, nell’assicurare l’efficacia della gestione, l’attenzione al miglioramento, il rapporto con i diversi partner interni ed esterni, anche se resta il nodo della valutazione di sintesi finale, rimessa al Direttore Generale, sulla base del lavoro istruttorio del Nucleo di valutazione, cui si richiede una elevata competenza (cfr. Spinosi, 40). Al momento, i dirigenti sono sul piede di guerra e rivendicano un pieno riconoscimento della loro funzione. D’altra parte, resta ancora aperta la procedura concorsuale. Dopo inenarrabili vicissitudini legislative (ben raccontate da Prontera, 43) il Bando di concorso sembra ormai alle porte. Il percorso appare alquanto articolato ed impegnativo (tra scritti, orali, tirocinio, colloqui, ecc.), anche se la prova preselettiva, a base di test, appare lo scoglio più arduo. Una qualche forma di vaglio preventivo, rispetto alle migliaia di potenziali candidati, appare indispensabile. Non si vorrebbe però che il ricorso al testing massivo (migliaia di test da rendere pubblici) finisse con l’incentivare la ricorsa alla memoria (a breve termine) dei candidati, a scapito di un pensiero più strategico (cfr. Spinosi, 51).
Occorre, però, essere ottimisti, tenere lo sguardo aperto, puntare ad una dirigenza di alto profilo strategico, come invita a fare M.G.Dutto dalle pagine del suo emblematico “Vela d’altura” (cfr. Tecnodid, 2016). Le attività di formazione in servizio dei dirigenti (cfr. Spinosi, 26) sembrano andare in questa direzione, senza farsi schiacciare sulle sole emergenze di natura amministrativa e procedurale.