Tempo di bilanci
Dopo 20 mesi dalla sua presentazione ufficiale, il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) è stato il protagonista dell’evento organizzato dal Miur mercoledì 26 luglio nella magnifica cornice della Sala dell’Acquario Romano.
Nonostante la scelta della data estiva, 600 partecipanti tra dirigenti, animatori digitali, stakeholders, formatori, hanno reso possibile questo importante momento di confronto, dedicato ad una riflessione anche critica su ciò che è accaduto in questi mesi, su quello che può essere perfezionato e lanciato in azioni future.
Eppur si muove…
Alcuni dati significativi e incoraggianti, ottenuti su un campione di 3500 scuole dall’Osservatorio Digitale, sono stati illustrati da Damien Lanfrey e Donatella Solda, gli ideatori del Piano, per conto del MIUR.
Ricordando uno degli obiettivi, ovvero che il diritto alla rete debba partire proprio dalla scuola, risulta che il 97% degli edifici scolastici è connesso ad internet per la didattica (con una buona connessione nel 47% dei casi), il 75 % dei laboratori è cablato e il 56% dell’aule sono connesse e cablate. Come possiamo notare, privilegiando ancora una volta i laboratori, numerose aule devono essere raggiunte dal cablaggio. Le tecnologie non possono, come più volte sottolineato in questi anni, essere confinate ai soli spazi dedicati, ma integrarsi nella didattica d’aula, per far sì che diventino normali e trasparenti.
Il 50% delle scuole promuove l’uso del device personale (Bring Your Own Device – BYOD, “porta il tuo dispositivo”), ma solo il 30 % ne ha normato l’utilizzo. Invece si evidenzia un netto miglioramento, con un buon 96%, per la comunicazione con le famiglie attraverso strumenti digitali.
Anche l’ambito delle competenze digitali è stato oggetto di analisi quantitativa: un alto numero di percorsi dedicati alla cittadinanza digitale, al pensiero computazionale e alla creatività digitale sono stati attivati nelle classi italiane.
Propositi per il futuro
Potremmo accontentarci di questi risultati; invece è necessario mappare le criticità, per essere maggiormente incisivi, come suggerito dalla Ministra Valeria Fedeli. Non possiamo negare che il PNSD sia stato di forte impatto nella scuola italiana, ma dobbiamo riconoscere che è indispensabile agire per correggere il tiro e non vanificare tante buone intenzioni.
Per questo motivo la Ministra ha presentato le nuove azioni[1] in partenza dal prossimo autunno con robusti investimenti, ricordando che “l’educazione non è un settore ma è la condizione abilitante di un Paese, e dall’innovazione digitale non passano solo la qualità del capitale umano e le competenze degli studenti, ma passa la crescita delle imprese che lavorano nelle ICT e nel settore dell’educazione”.
Nel settore dell’amministrazione digitale sono da segnalare importanti novità. Verranno erogati contributi finanziari per l’assistenza tecnica nelle scuole del primo ciclo che, finalmente, potranno risolvere l’annoso problema della manutenzione delle infrastrutture, compito a volte impropriamente affidato all’animatore digitale. Sono attesi interventi per laboratori professionalizzanti e investimenti per ambienti innovativi nelle periferie e zone terremotate, come contrasto ai rischi di dispersione scolastica.
Inoltre verrà fornito alle scuole un nuovo design open source, grazie anche alla collaborazione con la comunità di “Porte Aperte sul web”, che da circa 14 anni è attiva in rete come gruppo di autoaiuto per la costruzione di siti scolastici. In quest’azione vanno evidenziati due aspetti molto importanti: da una parte il riconoscimento di una community informale, in cui l’apprendimento fra pari nato dal basso ha contribuito a costruire una forte relazione tra scuole e docenti di tutta Italia, dall’altra l’individuazione ufficiale di sistemi open source spesso ignorati dalle istituzioni.
Promuovere le competenze e l’innovazione digitale
Anche nell’ambito delle competenze sono previste nuovi grandi sfide, prima fra tutte quella di rendere strutturali le competenze digitali negli ordinamenti scolastici. Un gruppo di lavoro si occuperà della revisione delle Indicazioni nazionali, nelle quali il digitale era stato fortemente trascurato. Solo declinando un curricolo, come già elaborato da alcuni paesi europei[2], si può integrare il digitale nelle attività didattiche, per non percepirlo come qualcosa di altro e aggiuntivo, circoscritto esclusivamente all’uso di app e solo per “tecnologi”. A questo verranno affiancati altri due gruppi, che si occuperanno rispettivamente di BYOD e di innovazione metodologica.
Certamente il BYOD è un tema molto discusso e controverso. Da un lato c’è la necessità di aprire all’utilizzo di device personali, sia per educare, principalmente, le nuove generazioni alla cittadinanza digitale, ma anche perché usare lo stesso strumento a casa e a scuola può facilitare l’inclusione. Dall’altra, nonostante dichiarazioni mai seguite da circolari ufficiali, è ancora in vigore la famosa Direttiva Fioroni del 2007, in cui si vietava l’uso del telefono a scuola. In questi anni si sono susseguiti Regolamenti d’istituto, partendo da quello dell’IC di Arcola Ameglia (SP), che hanno tentato di normarne l’uso, ma per altri istituti la direttiva del 2007, nonostante i grandi cambiamenti che possono esserci stati negli ultimi dieci anni, ha rappresentato sempre un forte vincolo.
L’uso del device personale è strettamente legato anche all’innovazione metodologica; basta considerare l’uso del mobile nella metodologia degli Episodi di Apprendimento Situato (EAS): questo dispositivo non va visto come uno strumento per alienarsi dal mondo circostante, ma come stimolo all’aggregazione, per collaborare insieme agli altri. Auspichiamo che la commissione non trascuri le criticità tecniche legate al rispetto della privacy, ma che chiarisca definitivamente anche l’utilizzo efficace in una cornice didattico-educativa. Sarà compito del terzo gruppo, invece, riflettere sulle pratiche didattiche, fornendo modelli applicabili concreti da replicare in ogni classe.
Investire sulla formazione e sulla professionalità
Ultimo macro-ambito di azione sarà la formazione degli insegnanti: sono previsti investimenti importanti anche in questo caso, per creare 18 centri di competenza che si occuperanno di alta formazione di tutto il personale. Si tratta dell’azione fondamentale per far decollare l’intero Piano, ma dobbiamo renderci conto che il paradigma della formazione è cambiato. I docenti hanno bisogno di essere supportati in classe e nella loro azione quotidiana. Non bastano le ore esclusivamente frontali o marginalmente laboratoriali, perché bisogna ripensare l’intero percorso con attività in situazione da sperimentare concretamente in classe, costruendo reti e comunità di pratica. È indispensabile anche ripensare la formazione in servizio dei dirigenti scolastici: prevedere, ad esempio, moduli in cui possano collaborare con il proprio animatore digitale, per creare quella particolare sinergia che in alcuni casi, invece, è stata completamente assente.
Non ultimo, è stato previsto un investimento per l’intera comunità professionale: dal prossimo 12 settembre sarà attiva e operativa una piattaforma virtuale che coinvolgerà animatori, team per l’innovazione e dirigenti, anche per sopperire all’isolamento che in alcuni casi queste figure hanno vissuto nei rispettivi contesti scolastici. Un’operazione indispensabile, senza dubbio; ma senza un ruolo ben definito la figura dell’animatore è davvero ad alto rischio. La presenza di insegnanti innovatori, dotati di competenze e professionalità, è riuscita a dare un forte impulso a tutti i processi, ma nello stesso tempo l’aspetto burocratico ha, in alcuni casi, frenato l’entusiasmo: perdita di ore con conseguente trasferimento, mancanza di un adeguato esonero dall’insegnamento per assenza di un docente nell’organico potenziato, sono situazioni che hanno inciso pesantemente nel processo di innovazione e di sistema, e che costringono ogni anno, nel peregrinare continuo da una sede all’altra, a ricominciare ogni volta tutte le azioni previste.
Una grande comunità di innovatori
In conclusione, “continuare a rilanciare uno degli investimenti più importanti di sempre sulla scuola, consolidando le azioni chiave, correggendo in corsa ciò che va migliorato, è atto dovuto, verso la scuola e verso il Paese”, afferma Damien Lanfrey; ma di una cosa siamo certi: “quello che dà speranza è il gioco di squadra che comincia a formarsi attorno a tutto questo”. Eravamo in 600 mercoledì 26 luglio, e il Piano Nazionale Scuola Digitale ha avuto il merito di riuscire a creare, come mai accaduto, connessioni e relazioni tra le persone. Insieme si può fare anche meglio.
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