La quarta rivoluzione industriale
Da tempo, a Davos, una ridente località svizzera, si tiene il World Economic Forum[1], sostenuto dalla fondazione omonima nata nel 1971 per iniziativa dell’economista ed accademico Klaus Schwab. Nel 2016 l’annuale conferenza si è soffermata, con particolare efficacia, sullo scenario apparentemente fantascientifico che si sta profilando nel mondo del lavoro, quello della quarta rivoluzione industriale, detto convenzionalmente “Industry 4.0”. Tra gli oratori del WEF 2016 si sono distinti Satya Nadella di Microsoft e Sheryl Sandberg , la direttrice operativa di Facebook. Agli illustri ospiti il compito di difendere l’avanzata delle “macchine intelligenti” nell’industria, che hanno il pregio di comprimere e controllare i costi ma rendono sacrificabile un crescente numero di risorse umane
La declinazione, apparentemente svolta in maniera quasi esclusiva sulla visione economica del fenomeno, non esime chi si occupa di educazione e istruzione dal compiere un’acuta riflessione sugli effetti che il cambiamento produce sulla società civile e sulle politiche di istruzione che occorre approntare per il futuro.
La prossima sfida per le giovani generazioni
Anche a margine delle interessanti riflessioni di Bruno Scuotto[2], svolte martedì 25 luglio 2017 alla Summer School Tecnodid di Ischia, appare quanto mai opportuno scorgere il quadro complessivo che prefigura nuovi e stimolanti scenari, tanto innovativi quanto interessanti, per la scuola che vuole impegnarsi a riconnettere i saperi dell’istruzione con quelli della società.
Anche se non è entrata nei libri di scuola, quella che stiamo vivendo, caratterizzata sempre più dalla produzione automatizzata e interconnessa, è una vera e propria metamorfosi mondiale, anche se non tutti ne condividono la portata epocale; molti propendono, infatti, per una interpretazione progressiva del cambiamento, sul piano tecnico, culturale e produttivo, motivando le loro idee con dati macroeconomici e statistici. Lasciamo volentieri agli esperti del settore le considerazioni di loro competenza, e ci poniamo, nel contempo, ad osservare e valutare i fenomeni descritti, dal nostro angolo prospettico di persone di scuola.
Chi ha paura dei robot?
Il cambiamento in atto è innegabile, e questo impone una valutazione seria e ragionata sull’effetto che un’ulteriore trasformazione del mondo provoca sull’istruzione, sulla sua organizzazione e sulla necessaria connessione tra i saperi e le competenze; appare sempre più difficile coniugare i saperi che si insegnano in modo formale con il resto delle conoscenze informali e non formali di cui ogni discente si impossessa nel corso del suo processo di formazione integrale, sostenuto sicuramente dalla scuola, in misura talvolta larga ma non sempre esaustiva.
La capacità di mobilitare tutte le proprie risorse, in maniera efficace rispetto al contesto, è la caratteristica indispensabile di ogni persona, sia nell’esercizio della propria dimensione di cittadino sia nell’esplicarsi della sua dimensione lavorativa. In quest’ultima accezione contano sempre di più la varietà e la molteplicità delle competenze, possedute in misura adeguata alla multiforme e mutevole situazione di contesto e di scenario.
Oggi, nell’industria propriamente detta, i robot hanno un futuro radioso, ma nel settore terziario le funzioni sono solo in parte demandabili ad automatismi; una buona quota delle occupazioni lavorative sarà spostata su figure di elevata specializzazione e di innovativo profilo culturale, lavorativo e sociale; queste figure si riveleranno tanto più efficaci e valide, quanto maggiormente sostenute da modelli plurimi e variegati di competenze. Raccogliere la sfida è indispensabile per non correre il rischio di arrivare in ritardo ad un appuntamento, sia pure non precisamente fissato, che si avvicina inesorabilmente.
Le competenze richieste da Industria 4.0
In Italia dal marzo del 2016 funziona, a livello di presidenza del Consiglio dei Ministri, una cabina di regia[3] che ha svolto approfondimenti notevoli sull’argomento Industria 4.0 (I4.0), finalizzati in particolare allo sfruttamento ottimale delle risorse, azione europea 2014/2020, dei fondi comunitari per lo sviluppo di nuovi modelli di produzione e distribuzione.
Tra le iniziative indicate nella conferenza di Milano[4], anche in ordine alla costruzione di competenze utili per affrontare il cambiamento, ne figurano alcune che hanno coinvolto e coinvolgeranno sempre più le scuole, costringendole alla revisione quasi totale dei modelli di costruzione dei saperi e delle competenze dei discenti. La conferenza ha ritenuto indispensabile, per esempio, l’implementazione del Piano Nazionale Scuola Digitale secondo direttrici funzionali ed efficaci:
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- competenze per la Manifattura 4.0: atelier creativi, corsi di tecnologia e laboratori su I4.0;
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- laboratori territoriali: incontro scuola-impresa, sviluppo competenze digitali per il Made in Italy;
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- curricoli digitali: sviluppo di 25 curricoli con focus digitale su tematiche I4.0;
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- pensiero computazionale: formazione in pensiero computazionale alla scuola primaria;
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- focalizzazione alternanza scuola-lavoro su percorsi coerenti con Industria 4.0.
Il dialogo necessario tra scuola e impresa
Come si vede, la scuola innovativa è considerata fattore e prodotto del cambiamento, ed è implicata a pieno titolo in questioni apparentemente lontane, o ritenute in maniera erronea addirittura non pertinenti. Infatti l’idea tuttora prevalente è che occorra separare in maniera decisa le politiche scolastiche da quelle occupazionali, perseguendo un modello di istruzione “disinteressato” e teso alla costruzione di competenze di cittadinanza, piuttosto che di abilità che assomigliano all’addestramento lavorativo. Pur condividendo l’idea di un’educazione dagli scopi eccelsi, non si può fare a meno di osservare che tale idea è contraddetta nei fatti dalle problematiche occupazionali e sociali che emergono, ormai in maniera incontrollata, nella fascia giovanile della società e della forza lavoro.
Tralasciando posizioni radicali ed assolute, dovremmo affrontare la complessità del contesto globale mediante la ricerca dell’equilibrio nell’analisi e nel giudizio. La scuola non può sottrarsi dal perseguire modelli di dialogo e di riconnessione con le realtà produttive, con i loro bisogni, con le loro difficoltà e con i saperi che esse reclamano. In caso contrario, quello che per l’economia costituisce solo un rischio da affrontare, diventerebbe, per i sistemi di istruzione, la certezza di trovarsi completamente spiazzati di fronte all’incessante e non trascurabile salto tecnico e culturale.
Progetto ASSIST per gli istituti tecnici
Nell’ottica del modello dialogico e teso alla ricerca di soluzioni condivise, appare interessante una recente iniziativa progettuale presentata lo scorso 17 maggio e denominata ASSIST “Azioni di sistema per lo sviluppo dell’istruzione tecnica”. ASSIST si propone di affrontare l’impatto che Industria 4.0 avrà sul mondo del lavoro, promuovendo le competenze digitali tra i giovani e indirizzandoli a esperienze formative nelle aziende. Il progetto, che nasce dall’alleanza tra 12 Istituti tecnici, Confindustria Lombardia e Fondazione Cariplo, ha individuato 10 profili tecnici[5] strategici richiesti dal mercato del lavoro che, mediante “ragionati” percorsi di alternanza scuola-lavoro, per 331 studenti e 156 imprese, impegneranno alcuni esperti formatori, con il compito di riconnettere saperi e competenze di diversa natura e finalizzarli verso l’occupabilità. L’esperienza, che partirà con il nuovo anno scolastico, intende sperimentare un nuovo modello di intesa tra scuola, aziende, mercato del lavoro e industria e, con la ragionevole presunzione dei programmi ambiziosi, produrrà vera e propria occupazione.
Torneremo sull’argomento in una delle prossime puntate declinando i 10 profili tecnici strategici, per ora solo accennati in note; tuttavia ci preme sottolineare che il progetto, collocato utilmente in una vision di “Education 4.0” come risposta alla “Industry 4.0”, nasce dalla consapevolezza che le riforme della scuola, laddove rinviate “sine die” oppure colpevolmente indugiate, non riescono a stare al passo con i tempi, provocando forti difficoltà ai giovani sul piano della spendibilità dei saperi e delle competenze in contesti operativi, sociali e lavorativi. Basta guardare gli indirizzi e i profili del DM 61/2017, da poco vigente, per rendersi conto della scarsa determinazione mostrata dal legislatore nella, ulteriormente pavida, riforma degli istituti professionali, ormai quasi schiacciati da una visione riduttiva e minimalista. Eppure circa il 2% dei posti di lavoro, a media ed alta specializzazione, resta disponibile e non occupato, per mancanza di persone in grado di assumerne i compiti.
Competenze di base, competenze specialistiche
Un’ultima condivisibile considerazione di Bruno Scuotto, imprenditore illuminato e lungimirante, ci induce a ripensare anche la problematica delle competenze di base. Non sempre la scuola e l’università riescono a garantirne la padronanza. Le carenze in lingua di alfabetizzazione, in lingue straniere, in matematica e scienze o, addirittura, nelle competenze digitali (non implicite nella condizione di nativi digitali), pongono i giovani in una situazione di debolezza, che non fa bene alla loro piena e completa realizzazione sociale e lavorativa.
La scuola sarà in grado di accompagnare i suoi giovani lungo le strade tortuose dei questa ennesima sfida? Il mondo cambia velocemente, molto più di quanto siamo capaci di immaginare, parecchio avanti rispetto alle consunte discussioni accademiche sull’identità della scuola e sulle sue finalità.
Il diritto al lavoro, scritto nel primo articolo, è il nostro più intenso postulato costituzionale, quello da cui dovrebbe discendere il resto in termini di uguaglianza, equità, pari opportunità e dignità per tutti.
Forse non sono soltanto i ragazzi a fare tardi a scuola, qualche volta…
Don’t be late again for life… school!
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[2] Bruno Scuotto, Vicepresidente Nazionale di Confindustria per l’Education e la Formazione.
[3] Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 febbraio 2016: Istituzione della Cabina di regia di cui all’articolo 1, comma 703, lettera c), della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
[4] Conferenza della cabina di regia del 21 settembre 2016, nella quale è stato presentato il Piano nazionale Industria 4.0 2017-20.
[5] Progettista, Tecnico di produzione, Manutentore, Tecnico assistenza/installazione, Tecnico import/export, Tecnico della comunicazione e del marketing digitale, Tecnico della supply chain, Sviluppatore software, Tecnico di rete e sicurezza informatica, Contabile esperto di sistemi ERP. Richiesti dal mercato del lavoro, analizzati e validati attraverso 5 focus group con scuole e imprese del territorio.