Un decreto per riordinare, adeguare, semplificare, valorizzare
Il D.L.vo 13 aprile 2017, n. 59 – emanato a norma dei commi 180 e 181, lett. b) della Legge n. 107/2015 – affronta la questione nodale della formazione iniziale degli insegnanti e del conseguente accesso nei ruoli, ma in riferimento soltanto al percorso destinato ai docenti di scuola secondaria, così come già indicato nel testo di riforma della “Buona Scuola”.
La natura dell’atto normativo è, invero, contenuta nel suo composito titolo, esplicitato (riprendendo quasi alla lettera quanto previsto nella legge del 2015) nei due commi dell’articolo 1, in cui ne sono definiti i campi di intervento:
- riordino, adeguamento e semplificazione “del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli dei docenti, compresi quelli degli insegnanti tecnico-pratici, della scuola secondaria, per i posti comuni e per quelli di sostegno”;
- “valorizzazione sociale e culturale della professione”, per la quale viene introdotto un “sistema unitario e coordinato di formazione iniziale e accesso ai ruoli dei docenti, compresi quelli degli insegnanti tecnico-pratici, nella scuola secondaria di primo e secondo grado, sia su posti comuni sia di sostegno”.
Ripensare l’accesso al ruolo di insegnante
Tra le tre azioni sostantivate si intravede una stretta correlazione, che rimanda all’esigenza prioritaria di individuare un piano di intervento adeguato, in conseguenza della condanna da parte della Commissione Europea nel 2013, confermata dalla Corte di Giustizia nel 2014, per la non conformità della normativa italiana all’Accordo Quadro Comunitario sul Lavoro[1], visto l’uso smodato di contratti a tempo determinato, con l’effetto incontrollato di un’enorme sacca di precariato che si è andata ad alimentare negli anni.
La necessità, quindi, di adeguarsi al dettato normativo europeo ha reso necessario:
- da una parte, “rimaneggiare” ancora una volta il sistema di formazione iniziale dei docenti delle scuole secondarie, riordinando quanto era già stato modificato nell’arco temporale di circa un decennio, passando dalla Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario[2] degli anni ‘90 al Tirocinio Formativo Attivo[3] nel 2010, fino ai più recenti Percorsi Abilitanti Speciali[4];
- dall’altra, attivare un processo di semplificazione che raccordi in maniera sistematica la fase di formazione iniziale all’accesso in ruolo, riducendo la possibilità di creare ulteriore precariato e portando ad esaurimento le graduatorie esistenti.
Tutto questo con una prospettiva ben precisa: rendere il sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione, così come richiesto dalla Legge n. 107/2015.
Maestri e professori: ad ognuno la sua formazione iniziale
E, a questo punto, la domanda nasce spontanea: perché l’attenzione è stata rivolta solo al sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria?
Il D.L.vo n. 59/2017, difatti, rimarca ancora una volta che la formazione iniziale degli insegnanti cammina su gambe diverse in relazione ai gradi di scuola, con riflessi impliciti anche in termini di “peso sociale”.
Come valorizzare la professione docente?
Eppure la valorizzazione sociale e culturale della professione era stata posta parimenti, per tutti i gradi scolastici di insegnamento, come finalità prioritaria della formazione iniziale all’art. 2 del DM n. 249/2010, che così recita:
“Art. 2 – Obiettivi della formazione iniziale degli insegnanti
1. La formazione iniziale degli insegnanti di cui all’articolo 1 è finalizzata a qualificare e valorizzare la funzione docente attraverso l’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali necessarie a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento vigente.
2. È parte integrante della formazione iniziale dei docenti l’acquisizione delle competenze necessarie allo sviluppo e al sostegno dell’autonomia delle istituzioni scolastiche secondo i principi definiti dal decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275.
3. Le competenze di cui ai commi 1 e 2 costituiscono il fondamento dell’unitarietà della funzione docente.”
Su questi presupposti il decreto ministeriale del 2010 aveva tracciato la modifica anche del percorso di formazione iniziale dei docenti di scuola dell’infanzia e primaria, che da laurea quadriennale, così come definita dalla Legge n. 341/1990, passava all’attuale laurea magistrale quinquennale a ciclo unico.
Le differenze tra i due sistemi risultano, alla luce del D.L.vo n. 59/2017, ancora più sostanziali, come è possibile evincere dallo schema di sintesi di seguito riportato:
MAESTRI DI SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIA Art. 3, c. 2 D.M. n. 249/2010 |
PROFESSORI DI SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO D.L.vo n. 59/2017 |
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Laurea magistrale quinquennale a ciclo unico, a numero programmato con prova di accesso. Percorso, comprensivo di tirocinio da avviare dal secondo anno di corso, da concludere con discussione tesi e relazione finale. Successivo concorso per accesso al ruolo |
Selezione per concorso, per accesso al percorso triennale remunerato di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (contratto FIT). Primo anno di specializzazione, con esame finale. Dal secondo anno progetto di ricerca e supplenze brevi. Terzo anno con incarico annuale e valutazione finale, per accesso ai ruoli |
Sistemi diversi che creano divario
Se una delle risposte plausibili alla domanda che ci si è posti poc’anzi può essere ritrovata nella constatazione che gli insegnanti degli ordini di scuola successivi alla primaria sono i più manchevoli sul piano della preparazione psicopedagogica, e i meno inclini all’innovazione metodologico-didattica, resta di per sé una questione non del tutto rilevante rispetto al divario che le attuali norme hanno generato tra i due diversi sistemi.
Innanzitutto per il modo con cui si diviene docenti nella scuola secondaria, essendo previsto per essi un rovesciamento delle procedure: prima il concorso, poi la formazione che dà direttamente accesso all’insegnamento a tempo indeterminato, con un inserimento graduale.
Questo processo è precluso agli aspiranti insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria, atteso che il concorso per l’accesso ai ruoli è successivo alla laurea quinquennale, e che non è previsto un inserimento graduale all’insegnamento, se non nelle forme del tirocinio diretto che, sebbene sia una modalità formativa comune che continua ad essere presente nel percorso tracciato dal D.L.vo n. 59/2017, resta un momento strettamente interno al corso di laurea, senza che vi sia la possibilità di esercitare con gradualità, ma appieno, le funzioni docente.
Il percorso innovativo del FIT
Invero, i vincitori dei concorsi di cui all’art. 2, c. 1 del D.L.vo n. 59/2017, saranno avviati ad un percorso triennale di formazione, tirocinio e inserimento nella funzione docente – denominato contratto FIT – che comporterà anche una remunerazione. Saranno pagati già a partire dal primo anno, nel quale studieranno per fare gli insegnanti, seguendo un percorso di specializzazione universitario che li formerà sulle materie antropo-psico-pedagogiche e sulle metodologie didattiche. Nel secondo anno continueranno a formarsi, svolgendo tirocini nelle scuole, e cominceranno a svolgere la professione da supplenti, per brevi periodi (massimo 15 giorni), percependo il relativo stipendio in aggiunta alla “borsa”. Al terzo anno sarà affidata loro la responsabilità piena di una classe, dal primo settembre al 31 agosto, percependo lo stipendio pieno di un docente. In questo anno saranno valutati sul campo e, superata la valutazione, diverranno docenti di ruolo.
Si tratta di un percorso innovativo anche in termini di training on the job, ovvero di formazione sul posto di lavoro, e relativo mentoring, che non ha nessuna corrispondenza con quanto destinato a coloro i quali scelgono di prepararsi alla professione di “maestri”.
Per rendere più “appetibile” il mestiere di “professori” (ma chissà se sarà sufficiente!) viene assicurata, come si è detto, la corresponsione di una diaria, e questo aspetto, sebbene necessiti di una apposita regolamentazione applicativa, rende ulteriormente lontani i due sistemi di formazione iniziale dei docenti.
Di certo oggi il decreto legislativo appare come “una dichiarazione di intenti”, tutti da realizzare con appositi successivi dispositivi normativi, ma è innegabile che una disparità così palese tra i due sistemi di formazione iniziale e accesso ai ruoli dei docenti “gridi giustizia”.
Sarà necessario, in un modo o nell’altro, portare all’attenzione dei decisori politici e del Miur tale situazione di intollerabile discrasia, per individuarne adeguati rimedi.
Si spera che queste note di riflessione possano essere utili allo scopo.
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[1] V. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:31999L0070&from=IT
[2] La SSIS è stata istituita dalla Legge 19 novembre 1999, n. 341 (in GU 23 novembre 1990, n. 274), ma solo a seguito dell’emanazione del D.P.R. 31 luglio 1996, n. 370, ne fu definito l’ordinamento didattico universitario.
[3] Con il D.M. 10 settembre 2010, n. 249 viene istituito il Tirocinio Formativo Attivo, che va a sostituire la SSIS, già sospesa dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133 all’art. 64
[4] Istituiti con il D.M. 25.03.2013, n. 81, quale atto normativo di modifiche ed integrazioni del D.M. n. 249/2010.