In Italia, 1333 piccole scuole
Un filo invisibile lega Barbiana all’evento che si è tenuto sabato scorso (10 giugno) sull’isola di Favignana (TP). Si tratta delle “piccole scuole”, di montagna o su piccole isole, sparse su tutto il territorio italiano. Un arcipelago di ben 1333 istituti scolastici caratterizzati da isolamento, che garantiscono a circa 900.000 studenti (su 8 milioni) il diritto allo studio e all’istruzione.
Così a cinquant’anni di distanza dall’opera di don Milani, nel corso del convegno “L’innovazione per una formazione di qualità nelle Piccole Scuole”[1], organizzato da INDIRE a Favignana, si è dato il via ufficiale al movimento culturale “Piccole scuole. Trame sociali in rete”, che si connette al più grande movimento delle Avanguardie educative, per superare l’isolamento e sperimentare metodologie didattiche innovative nelle scuole situate in territori geograficamente svantaggiati.
Scopo dell’incontro, al quale sono intervenuti il sindaco di Favignana Pagoto, il dirigente dell’USR Sicilia Girardi, il presidente di Indire Biondi, il pedagogista Pier Cesare rivoltella, il coordinatore nazionale ANCI Piccoli Comuni, Massimo Castelli, la coordinatrice del Comitato Tecnico Nazionale Aree Interne, Sabrina Lucatelli, e, in videoconferenza, la Ministra Valeria Fedeli e l’ex sottosegretario Faraone, è stato quello di promuovere e diffondere pratiche didattiche inclusive e sperimentali all’interno della Rete nazionale delle Piccole Scuole[2]. Indire e 60 istituti scolastici dei comuni montani e delle isole minori hanno firmato, proprio nella piccola isola delle Egadi, il Manifesto delle Piccole Scuole[3].
Il manifesto Indire della rete nazionale delle piccole scuole: tre punti chiave
Allo scopo di mantenere un presidio educativo e culturale e di contrastare il fenomeno dello spopolamento, l’Indire promuove da anni la permanenza delle scuole situate nei territori geograficamente isolati, attraverso la creazione della Rete nazionale delle piccole scuole[4], e sperimentando modalità di lavoro comune grazie a Internet e ai sistemi di videoconferenza.
I tre punti chiave del Manifesto riguardano:
– la comunità di memoria e qualità dell’apprendimento: le piccole scuole tradizionalmente rinsaldano e conservano i propri tratti distintivi culturali e storici, divenendo grandi comunità di memoria nel rispetto delle vocazioni territoriali;
– l’esperienza delle pluriclassi, una risorsa e non un limite: un ambiente organizzato senza la divisione rigida in classi può fungere da modello, attraverso forme di apprendimento solidale che promuovano la collaborazione e l’inclusione;
– tecnologie e inclusione sociale: implementare soluzioni tecnologiche adeguate alle diverse realtà rende possibile superare la ristrettezza dell’ambiente sociale, che limita le possibilità di confronto e tende a ridurre gli stimoli e le opportunità.
Le pluriclassi: cosa sono?
Il dizionario Sabatini Coletti, nel 1950, definiva la pluriclasse una “classe di scuola elementare che accorpa più classi frequentate da un esiguo numero di allievi”, e De Mauro è ancora più preciso in merito alla scuola pluriclasse, dando la seguente definizione: “nelle scuole elementari con numero ridotto di alunni, gruppo di più classi affidate all’insegnamento di un unico maestro”.
Questo termine si riferisce, pertanto, a quelle classi nate in aree rurali e marginali, che includono gruppi di alunni di diversa età, di solito dalla prima alla quinta classe della scuola primaria, sotto la guida di un unico insegnante, che si trova a dover diversificare argomenti e obiettivi in base alle differenti età degli studenti. Non solo. Nelle pluriclassi gli allievi più piccoli apprendono dai compagni più grandi che fungono da scaffolding, e i più grandi imparano insegnando, proprio come nella pluriclasse di Barbiana. Vale, quindi, la massima latina “docendo discitur”, nota soprattutto agli insegnanti.
Diversi altri termini, tuttavia, sono utilizzati nel panorama internazionale per riferirsi a una pluriclasse.
In Francia vengono definite écoles à maître unique o classe multigrade[5], in Svizzera mehrklassenschulen (multiclasse), nei paesi anglosassoni e in America multigrade school (scuola multigrado), multiage classroom (classe multi età) o composite classes (classi composite), tutte caratterizzate da alunni e alunne di diverse fasce d’età e con un unico insegnante, spesso scuole ad una stanza o monoclassi (one-room school) disseminate in territori rurali caratterizzati da isolamento.
Il progetto MUSE (MUltigrade School Education)
Nel 2002 nasce il progetto MUSE[6], della durata di due anni e cofinanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Programma Socrates, che si proponeva di sviluppare una formazione in servizio degli insegnanti multigrado in Europa.
La formazione si basava sugli approcci metodologici dell’insegnamento multigrado e sull’uso delle applicazioni ICT, in modo da fornire:
– un programma di formazione in servizio per gli insegnanti di tutta Europa delle scuole multigrado;
– l’utilizzo di Internet per sviluppare una piattaforma di formazione, collaborazione, networking e scambio di idee tra insegnanti, studenti e formatori;
Il progetto MUSE offriva agli insegnanti multigrade una formazione e un supporto continui, migliorando la comunicazione tra l’ambiente di insegnamento multigrado e la comunità educativa esterna.
Quando una legge sulle pluriclassi e sulle piccole scuole?
Un primo riferimento diretto alle pluriclassi lo troviamo nella legge n. 90/1957 (Provvedimenti a favore della scuola elementare di montagna), secondo la quale i consigli scolastici provinciali dovevano stilare un elenco delle scuole pluriclassi con uno o due insegnanti poste nei comuni considerati sedi disagiate di montagna e, relativamente alla loro composizione, nel DPR n. 81/2009 (Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola), laddove si afferma, all’art. 10, che le pluriclassi, nella scuola primaria, sono costituite da non meno di 8 e non più di 18 alunni.
All’art. 8 (Disposizioni relative a scuole in situazioni disagiate) dello stesso DPR si dispone che “Nelle scuole funzionanti nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle zone abitate da minoranze linguistiche, nelle aree a rischio di devianza minorile … possono essere costituite classi uniche per anni di corso e indirizzo di studi”. Una novità è rappresentata dall’istituzione, “in situazioni particolarmente svantaggiate”, dei “centri scolastici digitali, collegati funzionalmente alle istituzioni scolastiche di riferimento mediante l’utilizzo di nuove tecnologie, al fine di migliorare la qualità dei servizi agli studenti e di garantire una maggiore socializzazione delle comunità di scuole” (c. 1 bis, art. 8 DPR 81/2009, introdotto dall’art. 11 L. 221/2012).
I Centri Scolastici Digitali, quindi, se adeguatamente sostenuti e finanziati, potrebbero rappresentare il fine e il mezzo per avviare la costruzione di una “comunità educante digitale”, di un curriculum 2.0, e per la realizzazione un ambiente di apprendimento allargato (Del. G.R. Toscana)[7], destinati innanzitutto alle piccole scuole isolate geograficamente.
Manca, tuttavia, nel nostro ordinamento scolastico (né vi è stata menzione negli otto decreti legislativi attuativi della Buona scuola) una specifica ed organica normativa sulle piccole scuole e sulle pluriclassi, alla stessa stregua delle scuole italiane all’estero, al fine di valorizzare quei contesti marginali in cui la scuola, spesso in “una stanza”, costituisce un presidio educativo e culturale per contrastare il fenomeno dello spopolamento.
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[1] Il programma del convegno: http://www.anci.it/Contenuti/Allegati/programma_favignana_31_05.pdf
[2] http://piccolescuolecrescono.indire.it/
[3] Per il resoconto del convegno: http://www.indire.it/2017/06/12/le-piccole-scuole-fanno-rete-e-firmano-il-loro-manifesto/
[4] https://www.facebook.com/piccole.scuole.crescono/
[5] http://www.fao.org/docs/eims/upload/251375/classesmultigrades.pdf
[7] Delibera Giunta regione Toscana n. 1085/2014: Approvazione e finanziamento del “Progetto di formazione per i Centri Scolastici Digitali Toscani.