Abbiamo rivolto alla Ministra dell’istruzione, Sen. Valeria Fedeli, alcune domande sull’attuale momento che vive la scuola italiana, alle prese con importanti scadenze istituzionali (l’attuazione dei decreti legislativi della “Buona Scuola”), ma anche alla ricerca di un rinnovato rapporto di fiducia con i suoi utenti, la società civile e le istituzioni. Chi lavora nella scuola chiede di essere ascoltato e riconosciuto nel proprio difficile impegno educativo. Anche per questo ringraziamo la Ministra per l’intervista che ha voluto rilasciare ai lettori di Scuola7, la newsletter settimanale della Tecnodid.
Gentile Ministra, con il cambio del Governo e in pochi mesi sembra riuscita in una “audace impresa” della quale il Suo predecessore in quasi tre anni non si era minimamente occupato, ovvero ricucire il rapporto e il dialogo, seppur nella distinzione dei ruoli e non sempre facile, con il mondo sindacale e associativo e aprire una fase di ascolto. Le oltre settanta audizioni presso le VII commissioni di Camera e Senato sono la riprova che un’altra idea e modalità di attuare le riforme è possibile, tra l’altro rispettando i tempi. L’attuazione dei decreti richiede l’emanazione di ulteriori dispositivi amministrativi, alcuni dei quali richiedono concertazioni con regioni ed enti locali (es. lo zerosei, l’istruzione professionale, la disabilità, il diritto allo studio). Sarà una stagione di rapporti agevoli?
I decreti attuativi della Buona Scuola sono stati approvati dopo un lungo lavoro di consultazione in sede parlamentare, nelle commissioni competenti. C’è stato un ampio confronto che è servito a migliorare ed arricchire i testi. E questa sarà la strada che percorreremo anche in fase attuativa. Lo scorso 5 maggio, ad esempio, ho incontrato gli studenti per riflettere sul percorso che dovremo fare ora tutte e tutti insieme, ciascuno per la propria parte, istituzioni, studentesse e studenti, famiglie, docenti, per far sì che l’attuazione dei decreti rappresenti un momento importante e significativo di dibattito sulla scuola e sul suo futuro. Stabiliamo qual è l’obiettivo da raggiungere e scegliamo insieme le vie migliori per ottenerlo. La scuola è responsabilità di tutte e di tutti.
Secondo Lei, sono adeguate le coperture finanziarie per le innovazioni previste?
Da quando si è deciso di rimettere la scuola al centro dell’azione di Governo, a partire dal 2014, grazie all’interessamento dell’ex premier Matteo Renzi, si è invertita una tendenza di lungo corso: se prima il sistema di istruzione e formazione era la voce di bilancio da tagliare per fare quadrare i conti, da qualche anno a questa parte, e grazie alla Buona Scuola, si è tornati a destinare risorse a questo settore che crediamo vitale per la costruzione della vita futura del Paese. Parliamo – a regime – di 3 miliardi aggiuntivi per ogni anno per la scuola, ai quali si aggiungono circa 7 miliardi fino al 2017 per l’edilizia scolastica, fondi ad hoc per i decreti attuativi approvati in via definitiva a inizio del mese di aprile, ulteriori investimenti per un piano in dieci azioni che stanzia 840 milioni di fondi PON per una scuola più inclusiva e innovativa e che concorre a strutturare ancora di più quanto avviato con la legge 107/2015.
Il nostro obiettivo è dare sostanza ai cambiamenti introdotti anche dal punto di vista finanziario per far sì che ciascuna scuola sia nelle condizioni di metterli in atto, fornire risorse professionali ed economiche per garantire a tutte le studentesse e a tutti gli studenti pari diritti e pari opportunità. È chiaro che il nostro lavoro non finisce una volta che i provvedimenti vengono impaginati in Gazzetta Ufficiale, e siamo impegnati per fornire al sistema di istruzione le coperture finanziarie necessarie per svolgere al meglio ogni attività e per programmarne delle nuove. Parliamo di interventi di interesse primario per il Paese.
Alcuni aspetti della Buona Scuola segnalano ancora una difficoltà di rapporti con gli insegnanti e le organizzazioni sindacali, nonostante la nuova filosofia del dialogo da Lei instaurata. Sul tappeto resta soprattutto la questione del contratto di lavoro. Che previsioni si possono fare sull’apertura del confronto sindacale? Quali le novità che il Governo potrebbe sottoporre all’attenzione dei sindacati?
La stabilizzazione delle docenti e dei docenti portata avanti con la Buona Scuola è derivata da una precisa volontà politica: garantire continuità didattica alle ragazze e ai ragazzi che frequentano i nostri istituti scolastici e dare dignità e riconoscimento al ruolo delle insegnanti e degli insegnanti che, con passione e dedizione, svolgono ogni giorno una importante funzione di guida delle nuove generazioni. Quello è stato un primo passo. È indubbio che a questo deve seguire il rinnovo del contratto di lavoro: non è accettabile che sia fermo da sette anni. Per il momento aspettiamo l’iter previsto per il decreto Madia, adesso all’attenzione delle Commissioni parlamentari, e poi andremo avanti con il rinnovo. Valorizzare il ruolo delle docenti e dei docenti anche economicamente è doveroso.
Oltre alle deleghe approvate in via definitiva dal Consiglio dei Ministri, rimangono diversi punti della L. 107/2015 da attuare: il monitoraggio annuale dei percorsi e delle attività dei Centri per l’istruzione degli adulti (CPIA), la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro, il Regolamento in materia di crediti formativi acquisiti a conclusione dei percorsi degli Istituti Tecnici Superiori (con la modifica del c. 51 che prevede una riduzione dei CFU), l’istituzione del Portale unico dei dati della scuola (ancora una vetrina), il Decreto di modifica al Regolamento sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche, il Progetto sperimentale per la realizzazione di un servizio di assistenza alle scuole nella risoluzione di problemi connessi alla gestione amministrativa e contabile. A che punto si è su questi argomenti?
Il Miur è impegnato, attraverso le varie Direzioni Generali, a far sì che ogni tessera della Buona Scuola si incastri con le altre parti del mosaico per completare il quadro nella maniera migliore possibile, seguendo i tempi che meglio si adattano ai processi di elaborazione dei singoli interventi richiesti. Istruzione degli adulti, alternanza scuola-lavoro, percorsi degli Istituti Tecnici Superiori, Portale unico dei dati della scuola: sono tutte voci dell’agenda politica del Ministero che ho l’onore di guidare, che stiamo portando avanti in un’ottica di condivisione e di collaborazione proficua con i vari attori coinvolti.
Tra le deleghe approvate non appare quella relativa al Testo Unico, che potrebbe dare un quadro unitario e semplificato a tutto il sistema di istruzione. Ci sono però dei nodi non facili, per l’incidenza di tanti aspetti sulle condizioni del personale (stato giuridico, organi collegiali, ecc.). C’è l’intenzione di chiedere al Parlamento una nuova delega legislativa?
Il lavoro sul Testo Unico è certamente articolato ma doveroso. È per questo motivo che abbiamo deciso di prevedere per questo un disegno di legge governativo specifico e successivo rispetto ai decreti attuativi della Buona Scuola, che hanno avuto il via libera definitivo dal Consiglio dei Ministri nelle scorse settimane. Si tratta di un’operazione molto importante. Il cambiamento del sistema è atteso da decenni, ma non crediamo che la strada giusta sia agire sulla spinta della fretta. È necessario porsi degli obiettivi e impegnarsi per raggiungerli nel migliore modo possibile.