Il mondo in blu: la giornata dell’autismo
Si celebrata il 2 aprile la 10ª edizione della Giornata Mondiale della consapevolezza sull’Autismo istituita dall’Onu con la Risoluzione 62/139 del 18 dicembre 2007[1].
L’assemblea generale dell’ONU, “consapevole che l’autismo è una disabilità dello sviluppo per tutta la vita che si manifesta durante i primi tre anni di vita”, “che la diagnosi precoce e la ricerca e gli interventi appropriati sono vitali per la crescita e lo sviluppo dell’individuo”, “invitano tutti gli Stati membri, le organizzazioni competenti delle Nazioni Unite ed altre organizzazioni internazionali, così come la società civile, tra cui organizzazioni non governative e il settore privato, ad osservare il mondo dell’autismo,
al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica”.
Una giornata, il 2 aprile, in cui il mondo si tinge di blu, il colore-simbolo dell’autismo: piazze, social e scuole, così, si colorano di blu per manifestare la consapevolezza sul disturbo autistico che colpisce 1 bambino su 68, in prevalenza maschi (rapporto di 4:1).
Ma nella scuola, quanta awareness si ha di fronte alla complessità del trattamento dei disturbi dello spettro autistico? Trattandosi di uno spettro variabile che implica molteplici approcci, gli insegnanti di sostegno con una specializzazione polivalente, così come sono stati formati, non sempre possiedono una formazione adeguata per il trattamento dell’autismo e le associazioni dei genitori spesso lamentano la mancanza di competenze specifiche nel personale scolastico (ANGSA; disabili.com[2]).
Intanto il Parlamento…
A questo punto viene da chiedersi: saranno sufficienti le misure proposte dallo “Schema di decreto legislativo recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità” (Atto n. 378) sul quale le VII commissioni di Camera e Senato hanno già espresso il proprio parere?
E il principio della continuità didattica (anche ai docenti con contratto a tempo determinato), l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria di durata annuale comprensivi di almeno 300 ore di tirocinio, l’istituzione di quattro distinti ruoli per il sostegno didattico (rispettivamente per la scuola dell’infanzia, per la scuola primaria, per la scuola secondaria di primo grado e per la scuola secondaria di secondo grado) e la permanenza per un minimo di 9 anni scolastici prima di transitare sul posto comune, costituiranno le condizioni per garantire un intervento didattico adeguato alle singole disabilità?
O sarà necessaria una formazione specializzante del docente di sostegno a lauree separate[3] così come chiedono le diverse associazioni del settore?
Il dibatto è più che mai aperto.
I sistemi di classificazione delle disabilità
La prima classificazione delle disabilità, elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO)[4] nel 1970, è stata “La Classificazione Internazionale delle malattie”, meglio conosciuta con l’acronimo ICD (International Classification of Diseases). Questo tipo di classificazione focalizza l’attenzione sulla diseases, ovvero sul concetto di malattia e risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ognuna di esse una descrizione delle caratteristiche cliniche e limitandosi a tradurre i dati raccolti dall’analisi in codici numerici (in Italia si fa riferimento alla versione 10 del 1992).
L’ICD, che punta l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia, rivela ben presto vari limiti di applicazione e ciò induce l’OMS ad elaborare un nuovo manuale di classificazione, in grado di focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze.
Si arriva così, nel 1980, alla Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap” (ICIDH: International Classification of Impairement, Disabilities and Handicaps), elaborata come appendice dell’ICD.
Con l’ICIDH non si parte più dal concetto di malattia inteso come menomazione, ma dal concetto di salute, inteso come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale che riguarda l’individuo, la sua globalità e l’interazione con l’ambiente.
Le novità dell’ICF
A distanza di venti anni, nel 2001 l’OMS perviene alla stesura di uno strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall’approccio universale: “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato ICF (International Classification of Functioning, disability and health).
Si tratta di una vera e propria rivoluzione in ordine al concetto di disabilità, che tiene conto per la prima volta di fattori contestuali e ambientali. Si è passati, così, da un modello medico a un modello sociale, per cui il problema personale diventa problema sociale.
L’ICF descrive, pertanto, lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità, adottando un linguaggio standard ed unificato per evitare fraintendimenti semantici e facilitando la comunicazione fra i vari utilizzatori in tutto il mondo.
L’OMS, tuttavia, raccomanda l’uso congiunto di ICD-10 (decima revisione) per codificare le condizioni di salute (modello eziologico) e di ICF per descrivere il funzionamento della persona associato alle condizioni di salute. ICD-10 e ICF sono quindi complementari: il primo fornisce una “diagnosi” delle malattie, dei disturbi o di altri stati di salute e questa informazione si arricchisce delle informazioni aggiuntive offerte dall’ICF relative al funzionamento.
ICD e ICF nella delega legislativa
Anche il parere approvato dalla VII commissioni della Camera sullo “Schema di decreto legislativo recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità” (Atto n. 378), non si discosta dalla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute e parla di «profilo di funzionamento secondo i criteri del modello bio-psico-sociale dell’ICF, ai fini della formulazione del progetto individuale di cui all’articolo 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328 nonché per la definizione del Piano Educativo Individualizzato (PEI)» e «successivamente all’accertamento della condizione di disabilità dei bambini, degli alunni e degli studenti è redatto un profilo di funzionamento secondo i criteri del modello bio-psico-sociale della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)».
Come viene definito e classificato l’autismo
Il termine autismo deriva dal greco autós («sé stesso ») e ism (stato) e indica l’autoreferenzialità, lo stato di chiusura in se stessi, la negazione dell’altro e di ciò che è differente da sé[5].
Bleuler aveva usato questo termine per indicare la chiusura in sé stessi di alcuni malati psichiatrici adulti, mentre Kanner usa la dizione “autismo infantile precoce” per distinguere 11 suoi piccoli pazienti dell’ospedale John Hopkins di Baltimora, notando la loro incapacità di comunicare e le loro stranezze.
Insomma, l’autismo come una sorta di “fortezza vuota”, come ebbe a definirlo lo psicoanalista austriaco Bruno Bettelheim nel suo celebre e discusso saggio!
La diagnosi di autismo, invece, ancora oggi viene formulata sulla base del comportamento, facendo riferimento alle due principali classificazioni internazionali dei disturbi mentali: l’ICD dell’OMS e, in USA, il DSM 5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ormai alla V edizione, elaborato dall’APA, l’American Psychiatric Association.
In ICD-10 l’autismo infantile (F84.0) è collocato fra i “Disturbi evolutivi globali dello sviluppo psicologico” ed è definito dalla presenza di una compromissione dello sviluppo che si rende manifesta prima dei tre anni e da un tipo caratteristico di funzionamento anormale nelle aree di interazione sociale, della comunicazione e del comportamento, che è limitato, stereotipato e ripetitivo.
Per quanto riguarda la classificazione DSM, mentre nella IV edizione si parlava di “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo”, che si distinguevano in disturbo autistico, disturbo di Asperger, disturbo disintegrativo della fanciullezza, disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e sindrome di Rett, ora, con il DSM 5 questi sottotipi, ad eccezione della sindrome di Rett, sono stati riuniti in un’unica categoria denominata “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASD: Autism Spectrum Disorders).
Gli sviluppi normativi
Secondo le Linea guida n. 21 dell’ISS del 2011[6] e le Linee di indirizzo[7] per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS), approvate il 22 novembre 2012 dalla Conferenza unificata (Stato, Regioni ed Enti Locali), che seguono la ICD 10, lo spettro autistico è caratterizzato da una triade di sintomi che coinvolgono l’ambito sociale (compromissione, ritardo o atipicità dello sviluppo delle competenze sociali), comunicativo (compromissione e atipicità del linguaggio e della comunicazione, verbale e non-verbale) e comportamentale (presenza di comportamenti ritualistici/ripetitivi).
Da segnalare, infine, la prima norma nazionale sull’autismo approvata in Italia con la L. 134/2015 (Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie) che, in conformità a quanto previsto dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 12 dicembre 2012, prevede “interventi finalizzati a garantire la salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l’inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico”.
I gesti di solidarietà
Telefono Blu Autismo 800 031819
Il Telefono Blu Autismo risponde al numero 800031819 ed è attivo tutti i giorni feriali dalle 9.30 alle 13.00. È una linea telefonica gratuita attivata da ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di Soggetti Autistici) per sostenere e orientare i familiari di bambini e adulti con autismo. È disponibile anche il consulto gratuito via email scrivendo all’indirizzo telefonobluautismo@gmail.com
La campagna #sfidAutismo17 lanciata dalla FIA, la Fondazione Italiana per l’Autismo, per il 2017 prevede la possibilità di donare 2 oppure 5 euro per l’autismo con un messaggino solidale al numero 45541, fino all’8 maggio 2017.
Nell’ambito degli adempimenti fiscali è possibile donare il 5×1000 alla Fondazione Italiana Autismo, scrivendo il codice fiscale 97842950582 sulla dichiarazione dei redditi.
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[1] World Autism Awareness Day: http://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/62/139&Lang=E
[2] Spettro autistico: come intervenire a scuola? https://www.disabili.com/scuola-a-istruzione/articoli-scuola-istruzione/spettro-autistico-come-intervenire-a-scuola
La FIA (Fondazione Italiana per l’Autismo), invece, ha posto fra i suoi fini principali la formazione degli insegnanti, degli educatori, dei sanitari e dei genitori, affinché sappiano creare un concerto educativo speciale adatto al bambino speciale.
[3] Sulla questione (approccio specialistico o scolasticistico) si veda l’intervento di Raffaele Iosa in Scuola7, 6 marzo 2017, n. 33, https://www.scuola7.it/2017/33/
[4] OMS, o World Health Organization (WHO), è l’agenzia speciale dell’ONU per la salute fondata il 22 luglio 1946 ed entrata in vigore il 7 aprile 1948 con sede a Ginevra.
[5] Dizionario Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/autismo_(Dizionario-di-Medicina)
[6] Versione integrale http://www.snlg-iss.it/cms/files/LG_autismo_def.pdf
Versione per il pubblico http://www.snlg-iss.it/versioni_pubblico