Che cosa stiamo imparando dalla formazione dei neoassunti?
Roma, Viale Trastevere n. 76/A, Sala della Comunicazione, lunedì 30 gennaio 2017. Il MIUR e INDIRE presentano agli Uffici scolastici regionali gli esiti del monitoraggio relativo all’anno di formazione dei docenti neoassunti 2015/2016, effettuato con la collaborazione del MoSIS – Università di Firenze, e confluito in un report di oltre 300 pagine, che sarà disponibile a breve, anche in una versione cartacea più sintetica. Le cifre sono decisamente rilevanti (si parla infatti di oltre 83.000 docenti, 70.000 tutor, 1.500 formatori, 140 persone coinvolte nella governance), tanto da essere davvero significative ai fini di una seria e approfondita riflessione sulla tenuta e sull’efficacia del modello, che ha vissuto l’anno scorso una duplice complessità: da una parte un numero alquanto elevato di docenti neoassunti, a seguito del piano straordinario di assunzioni decretato dalla legge 107/2015, dall’altro la sperimentazione di un modello fortemente innovato nella struttura e negli strumenti. Alla luce di queste letture e interpretazioni, si può affermare che stiamo imparando qualcosa dalla formazione dei docenti neoassunti? Senza arrivare a specifiche conclusioni e con la dovuta cautela, la risposta è sicuramente affermativa.
Un sistema di governance multi-livello
Sembra che l’assegnazione di compiti e dei ruoli assegnati agli attori coinvolti nella progettazione e nella gestione dell’anno di formazione abbia nel complesso funzionato. MIUR, Uffici Scolastici Regionali e territoriali, scuole-polo, Dirigenti scolastici, tutor, coordinatori di laboratorio, docenti neoassunti: un sistema di governance distribuita che ha permesso di superare senza eccessivi intoppi un anno complesso e variamente articolato. L’esperienza andrà sicuramente affinata, e nell’ottica della semplificazione alcuni passaggi andranno alleggeriti. L’anno prossimo le scuole polo per la formazione dei neoassunti, cui è stato prorogato l’incarico anche per il 2016/17 e che hanno compiti di gestione finanziaria, organizzativa, procedurale, dovranno lasciare il passo alle scuole capofila delle reti della formazione, che dovrebbero occuparsene a partire dal 2017/18.
L’elemento più innovativo: la formazione peer to peer?
L’interazione, lo scambio e la condivisione fra pari, fra colleghi, non è una novità. È stata sperimentata nella formazione dei neoassunti a partire dal 2014/15 (e in Emilia Romagna già dal 2013/14), ma è presente da tempo anche in altri contesti formativi, come ad esempio le SSIS e i TFA. Di certo si tratta di uno degli aspetti più apprezzati non solo dai docenti, ma anche dai tutor (l’89,3% dei tutor vorrebbe rifare l’esperienza; oltre il 71% di neoassunti e tutor ne ritiene congrua la durata; per il 24,6% essa andrebbe addirittura implementata). L’affiancamento di un collega esperto, non necessariamente più grande di età, può rafforzare motivazioni e competenze professionali, non è finalizzato al controllo o alla valutazione, e richiede la condivisione dei processi da esplorare e degli strumenti da utilizzare.
Un compito fondamentale è senza dubbio affidato al tutor, che si qualifica come mentor e il cui ruolo non a caso viene inserito nel Piano Per La Formazione Docenti 2016/19 tra gli itinerari formativi di notevole consistenza e i progetti di particolare rilevanza e innovatività. Noi auspichiamo che possa essere tenuto nella debita considerazione quando ci si interroga sulla valorizzazione del merito dei docenti di cui al comma 129 della Legge 107/2015, e che tale pratica sia conservata, valorizzata, implementata senza perdere negli anni la sua carica innovativa e propulsiva.
Il laboratorio per la formazione in presenza
Risiede nelle 12 ore di laboratori formativi di cui all’art. 7 del DM 850/2015 una delle maggiori novità del rinnovato anno di formazione, anche se in parte già anticipata dal percorso formativo sperimentato in precedenza. L’idea centrale, e senza dubbio positiva, è quella rendere il docente co-costruttore del proprio percorso formativo, a partire da una riflessione sui propri bisogni (vedi bilancio delle competenze in ingresso e patto per lo sviluppo professionale stipulato con il proprio dirigente scolastico), su cui le scuole polo, d’intesa con gli uffici scolastici, predispongono e progettano le attività di formazione, che perdono il carattere routinario e frontale, per acquisire un taglio laboratoriale e metodologico (secondo il 49,1% dei docenti neoassunti il laboratorio è stata la caratterizzazione metodologica prevalente degli incontri in presenza), anche grazie a formatori scelti tramite avvisi pubblici fra esperti appartenenti al modo della scuola e con competenze di tipo operativo e professionalizzante. Ci sono naturalmente ampi margini di miglioramento (vanno ad esempio ricalibrati struttura e contenuti degli incontri iniziali e finali), e si auspica col tempo la creazione di un elenco regionale di formatori selezionati; tuttavia il modello è apprezzato, funziona, e a quello si stanno ispirando le attività formative del citato Piano per la formazione dei docenti, che vede in queste settimane mettersi concretamente al lavoro, con l’assegnazione delle risorse, le scuole-polo della formazione.
Il portfolio digitale del docente: un approccio riflessivo
Come negli anni precedenti, a INDIRE è stata affidata la parte digitale della formazione. Dal 2014/15 l’intento della piattaforma online è decisamente cambiato. Non si tratta più di svolgere compiti e attività “neutre”, bensì di riflettere sulla propria professionalità e sul proprio operato, mediante la costruzione di un portfolio che raccolga e documenti diversi aspetti del proprio passato e presente, e funga da meta-riflessione e da volano per la futura carriera professionale. Aperta quest’anno a inizio dicembre, due mesi prima rispetto al 2015/16, la piattaforma INDIRE mette a disposizione dei docenti (81% donne, 19% uomini) diversi strumenti, documenti e opportunità che li accompagnano nella costruzione del loro percorso: curriculum formativo, bilancio delle competenze in ingresso e in uscita, documentazione di attività didattiche, sviluppo futuro delle competenze; strumenti nel complesso graditi, al di là di alcune ridondanze e complessità che INDIRE ha già iniziato a snellire e alleggerire. Per più del 90% dei docenti, ad esempio, il bilancio iniziale rappresenta un tracciato da seguire per valorizzare un apprendimento individuale autoriflessivo e autoregolato, mentre il lavoro sulle attività didattiche è stato generalmente apprezzato, poiché suggerisce un modo per continuare a lavorare anche oltre il periodo di prova.
Il T-Lab. Un interessante strumento di analisi
La sezione più gradita della piattaforma è stata quella del curriculum formativo, che consente di indicare, in spazi non strutturati, un numero ridotto di eventi (massimo 5), formali e informali, ritenuti dai docenti particolarmente significativi per la propria vita e per la propria professione, ai fini della costruzione di un’identità in divenire, che parte dal passato e si proietta verso il futuro. Come emerso anche dai focus che INDIRE ha tenuto in varie zone d’Italia, è lì che i docenti hanno lavorato con maggior piacere, si sono espressi con più autenticità e hanno collocato in un quadro organico il proprio percorso professionale e formativo. Proprio il curriculum formativo è stato oggetto da parte dell’Università di Firenze di un’elaborazione di dati col software T-lab, che ha reso possibile la creazione di una sorta di vocabolario e di lessico dei docenti in formazione e prova. Dagli esiti di tale elaborazione risultano prevalenti i termini inerenti la sfera scolastico-professionale, ma grande spazio è dedicato anche alle esperienze concorsuali e a quelle extrascolastiche.
Verso una formazione collaborativa e in rete
Aspetti particolari su cui focalizzare l’attenzione nel prossimo futuro, in un’ottica di miglioramento continuo, saranno la formazione dei tutor e dei dirigenti scolastici, nonché il miglioramento dell’usabilità della piattaforma online, riconosciuta come trait d’union dell’intera formazione.
Dal punto di vista sistemico, il modello formativo del Piano per la Formazione dei docenti, trainato dalla formazione dei neoassunti così come essa si sta configurando, dovrà tendere più in generale verso un modello di governance distribuita, ossia con una maggiore collaborazione interna al sistema, ma anche con maggiore autonomia, raggiungendo il grado di “governance di rete”, che è la direzione verso cui dovrebbe andare l’attuale sistema.