Una delle novità della legge 107/2015 che più ha fatto discutere nei social network (forse un po’ meno nei collegi) è stata l’attribuzione del bonus per il merito ad una quota di docenti. Fortemente voluta dal legislatore e imperniata sui criteri del comitato di valutazione (aperto anche ai rappresentanti dei genitori, degli studenti e dell’amministrazione), la procedura è stata affidata in ultima istanza al dirigente scolastico. Non ci sono ancora dati probanti di quanto sia avvenuto (è in fase di completamento il monitoraggio affidato a MIUR e INDIRE), anche se risulta che circa il 40% dei docenti abbia percepito il bonus, magari con quote finanziarie decrescenti (M.Spinosi, n. 8). Inoltre, è stato più agevole attribuire “valore” agli impegni organizzativi aggiuntivi e misurabili (una sorta di FIS bis), piuttosto che addentrarsi nella black box della qualità dell’insegnamento in classe. Ma ora che succederà? Occorre evitare che il bonus sia fonte di divisioni e competizione tra docenti, sia interpretato invece come un fondo per favorire la ricerca didattica in classe (individuale e per team), mettendo i risultati a disposizione dei colleghi. Da evitare, in ogni modo, l’effetto “premio in busta chiusa” a insegnanti anonimi. Tra l’altro, c’è da attivare anche il comitato scientifico nazionale che deve seguire e orientare la sperimentazione.
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