Un Rapporto sulla condizione giovanile
È stato presentato il 30 novembre scorso al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il “Rapporto Giovani 2016”, curato dall’Istituto Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Intesa Sanpaolo e della Fondazione Cariplo.
Il Rapporto Giovani costituisce la terza indagine sulla cosiddetta generazione dei “millennials”, i nati tra il 1980 e il 2000 che attualmente si trovano nella fascia d’età 15-35 anni, quella in cui si realizzano le prime scelte della transizione allo stato adulto.
Una delle novità del Rapporto 2016 è il focus sulla scuola, condotto nella seconda metà di luglio dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo e realizzato da Ipsos, su un campione di oltre 6.000 giovani, tra i 18 e i 32 anni (almeno 1.000 per ogni paese), di Italia, Francia, Regno Unito, Germania, Spagna e Polonia.
La scuola come “luogo” di relazioni sociali
Il Rapporto Giovani 2016 ci restituisce un variegato ventaglio di esperienze scolastiche nel quale prevalgono moderatamente i toni positivi, pur non mancando criticità e note problematiche.
Indicativo il fatto che solo il 41% dei ragazzi italiani consideri le competenze acquisite a scuola utili per trovare lavoro. In un sistema formativo come quello italiano, scarsamente integrato con il mercato del lavoro, i giovani considerano la scuola soprattutto per il suo valore intrinseco, le motivazioni personali, il rendimento e le relazioni all’interno del contesto scolastico.
I giovani sembrano conservare un’idea “forte” della scuola come luogo di una formazione che serve soprattutto a promuovere le abilità e le conoscenze personali, di ragionamento, la capacità di stare con gli altri e di affrontare la vita, in due parole le life skills, mentre resta complessivamente deficitaria sul piano delle competenze che fanno la differenza nel mondo del lavoro.
I dati sulla scuola confermano pertanto l’importanza e la necessità di una politica scolastica che persegua in modo determinato l’obiettivo del successo formativo per tutti e una didattica orientante, con attività di accompagnamento e di consulenza orientativa, più integrata con il mondo del lavoro, riscoprendo, magari, le virtù di una “buona” alternanza scuola-lavoro.
Vi proponiamo di seguito alcuni stralci del Rapporto Giovani 2016, alla cui pubblicazione si rimanda per una più approfondita trattazione (La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2016, Istituto Giuseppe Toniolo, Il Mulino).
Carenza di orientamento: è ancora la famiglia d’origine che influenza la scelta della scuola
Dal Rapporto Giovani 2016 emerge che la carenza di orientamento porta molti ragazzi a prendere decisioni poco coerenti con le proprie attitudini e con gli obiettivi professionali, e questo fatto conduce ad esiti non sempre ottimali: scadimento delle motivazioni e basso profitto (con ricadute sulla quota di drop out e sul livello di competenze acquisite), insoddisfazione per il percorso attuato, disallineamento tra competenze acquisite e competenze richieste dal mondo del lavoro.
La scelta della scuola secondaria di II grado rappresenta uno snodo fondamentale nella carriera scolastica.
I dati del Rapporto Giovani 2016 evidenziano come – ancora una volta – la famiglia di origine influenzi la scelta della scuola: più della metà degli intervistati (55,8%) ha affermato di aver fatto «molto» o «abbastanza» affidamento sul parere dei genitori nella scelta della scuola secondaria di secondo grado.
La scuola promossa, ma potrebbe fare di più
I giovani valutano abbastanza positivamente sia l’esperienza della scuola secondaria di I grado sia quella di II grado. Il giudizio medio su una scala da 0 a 10 è di 6,91 per il I grado e 7,19 nel secondo.
Sul versante dell’offerta formativa, invece, danno un voto minore, ma sempre positivo, all’attività dei professori (6,53 per la scuola media e 6,76 per la superiore).
Più critico è il giudizio sulla qualità delle strutture scolastiche e dei servizi, che non raggiungono la sufficienza nel caso della scuola media.
Le relazioni a scuola: più che sufficienti
Il giudizio complessivo sulla dimensione relazionale vissuta a scuola appare, per usare un’espressione scolastica, più che sufficiente. Il rapporto giudicato meno positivamente è risultato essere quello con il dirigente, probabilmente perché a questa figura gli studenti si riferiscono, usualmente, solo per ragioni amministrative, istituzionali e disciplinari.
Prepotenze, discriminazioni e illegalità
Nella presente indagine il 19,4% degli alunni ha dichiarato di aver assistito frequentemente ad atti di prepotenza tra alunni. Differenze significative si registrano in base alla scuola frequentata: mentre i giovani che hanno studiato negli Istituti professionali hanno dichiarato nel 26,3% dei casi di aver assistito a gravi atti di prepotenza tra alunni, negli studenti che hanno frequentato i tecnici questa percentuale scende al 19%, per arrivare al 16% nei licei.
I giovani dichiarano anche, nel 10,3% dei casi, di aver assistito frequentemente ad atti di grave prepotenza da parte di docenti o dirigenti nei confronti degli alunni.
Più della grave prepotenza, però, secondo i giovani è presente nella scuola la discriminazione. Il 23% dei giovani ha dichiarato di aver assistito ad atti di discriminazione tra alunni e il 15,7% ha assistito con frequenza a comportamenti discriminatori da parte dei docenti e dei dirigenti. In questo caso sono gli studenti dei licei che dichiarano di aver assistito frequentemente a tali comportamenti.
Nella scuola non mancano, purtroppo, atti illegali. Ha assistito frequentemente allo spaccio di stupefacenti il 12% degli alunni, con una percentuale più alta nei giovani che hanno frequentato l’istruzione o formazione professionale e residenti nel centro Italia o nel nord-ovest.
Oltre il 7,4% ha assistito frequentemente ad atti di furto, anche in questo caso con prevalenza dei giovani che hanno svolto i percorsi di istruzione formazione professionale e di chi vive nel nord-ovest e nel centro.
Il senso della scuola: a cosa serve istruirsi?
Molto debole risulta – per i giovani – il nesso che lega la formazione al futuro accesso al mondo del lavoro.
Per l’80% degli intervistati la scuola serve ad aumentare le conoscenze e le abilità personali, ma anche, seppur in misura minore, ad arricchire le competenze cognitive (77,2%), relazionali (76,6%) e quelle necessarie per affrontare la vita (63,8%).
Meno ottimisti invece sono i giudizi in merito alla fruibilità nel mondo del lavoro di quanto imparato a scuola.
Ciò che colpisce (e preoccupa), però, è il rapporto ancora molto debole che lega la formazione al futuro accesso al mondo del lavoro: l’idea che essere istruiti serva a trovare più facilmente un lavoro convince meno della metà dei candidati (41%). Sale a 52,8% tra gli ex-liceali la percentuale di quelli che ritengono la scuola una risorsa utile per trovare un lavoro migliore.
Dunque quasi la metà dei giovani che hanno studiato non riconosce nell’esperienza compiuta una risorsa strategica per costruire il proprio presente e futuro professionale.
Studio e lavoro senza confini: generazione mobile
I dati presentati mostrano come oltre il 40% degli intervistati sia pronto anche ad andare oltre confine per massimizzare le possibilità di adeguata occupazione. Tale valore arriva a superare il 60% in Italia, mentre è circa la metà in Germania, dove i giovani lo fanno soprattutto per scelta e non per necessità.
La generazione del Millennials considera del tutto normale muoversi senza confini. È sempre più consapevole che la mobilità internazionale può essere positiva, perché consente di aprirsi al mondo, arricchire il proprio bagaglio di esperienze, ampliare la rete di relazioni.